I nostri lutti
Il 29 aprile 2021 si è spento serenamente a casa sua nelle braccia dei suoi figli. il Fante Pio Sartori
Il
4 novembre 2015 al Palazzo del Governo di Trento è stata
consegnata la 'Medaglia della Liberazione" anche a Pio Sartori di Verla
reduce della divisione Acqui in servizio nelle isole greche di
Cefalonia e Corfù durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il giorno 30 maggio per Pio Sartori di Verla, è una data importante da ricordare e da festeggiare: nasce il 30 maggio 1922, ritorna dalla guerra il 30 maggio del 1945 e si sposa il 30 maggio 1951.
Probabilmente
il compleanno più bello è stato proprio il giorno del suo
ritorno dalla guerra dopo una lunga assenza durata tre anni.
Era il 25 gennaio 1942 quando il giovane Pio, non ancora ventenne,
chiamato alle armi dovette partire per Silandro per unirsi al 17
Reggimento Divisione Acqui.
Nell'agosto parti per la Grecia per presidiare e aiutare le truppe italiane situate nell'isola di Cefalonia.
Nel settembre del '43, con
la firma dell'armistizio la confusione dilagò tra l'esercito
italiano e anche tra le linee della Divisione Acqui che si
ritrovò allo sbando: migliaia di soldati, uomini, giovani in
terra straniera con un nemico che poco prima era alleato.
Molti vennero fucilati, altri fatti prigionieri e altri dispersi.
Una ventina di soldati,
tra i quali anche Pio, nella primavera del '44 riuscì a
rifugiarsi ad Itaca presso alcune famiglie di poveri pastori, ma
in agosto Pio si ammalò di malaria e si aggravo' a causa di
un'enterocolite molto acuta che lo privo' di tutte le forze e lo
costrinse a raggiungere altri soldati malati in un rifugio di montagna.
Per 13 giorni non
toccò cibo finché la Provvidenza mandò una mandria
di asini sui quali furono caricati tutti i malati più gravi.
Arrivati in cima ad una
montagna per Pio il dolore era insopportabile, pur sapendo che ben
presto gli aerei inglesi che scaricavano armi per i partigiani
avrebbero poi caricato i malati per riportarli in Italia, lui non
ce la faceva più, si sentiva morire e preferì scendere
dall'asino e farsi abbandonare sotto un albero.
Gli altri proseguirono.
Poco dopo passò di lì un cappellano militare che lo
consolò e rincuorò, gli fece forza e gli promise che
sarebbe ritornato con un asino per riprenderlo e caricarlo su
quell'aereo. Cosi fu e il 27 settembre 1944 Pio si ritrovò in un
ospedale a Bari.
Di quel cappellano che gli
salvò la vita non seppe più nulla, nemmeno il nome per
poterlo ringraziare. Il nostro soldato Pio pesava 29 chili e dopo otto
mesi di ospedale tornò finalmente al suo paese :
impiegò sei giorni e sei notti. Arrivò a Verla la notte
del 30 maggio 1945. Si sedette sulla panchina del cortile di casa e
chissà quali pensieri attraversarono la sua mente e quali
emozioni colpirono il suo cuore; rimase li seduto finché vide
accendersi una luce. Si arrampicò sul balcone ed corse in camera
ad abbracciare la mamma. Si svegliarono tutti, la gioia fu immensa e
indescrivibile.
Per Pio ricominciava la
vita! Nel '48 fu tra i fondatori della cantina sociale di Lavis e nel
1951 sposò la sua amata Maria.
La sua mente è
sempre stata lucida e presente, ha ripercorso gli anni della guerra
descrivendo particolari e facendo trapelare emozioni vissute: il dolore
per la partenza, per la nostalgia, per la malattia, per la fame ma
anche la gioia del ritorno a casa e l'abbraccio con la mamma.
Una vita scandita da forti
eventi, belle e brutte esperienze: la sopravvivenza alla guerra, la
costruzione di una famiglia, la nascita di quattro figli e la morte per
malattia di due di loro, un ictus a 70 anni, ma anche la consapevolezza
di essere stato fortunato a festeggiare i 65 anni di matrimonio con la
moglie MariaLuigia e di aver conservato la lucidità di poter
ricordare e raccontare tutto. (Ivonne Pellegrini)
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Artigliere Pietro Pulisci
Pietro Pulisci, nato a Villamar (CA) il 20/12/1921 apparteneva al
33° Reggimento di Artiglieria 8ª batteria di stanza a
Corfu’.
Durante la cerimonia di conferimento della medaglia d'Onore a un
giovane con dolcezza ha risposto così ad una semplice, scontata
ma inevitabile domanda: “Sig. Pietro che cosa ha da dire hai
giovani?” La sua altrettanto semplice risposta fu: “Dico
che quello che abbiamo passato noi, giovani ragazzi della Divisione
Acqui, non debba, mai e poi mai accadere mai più; la fame, la
sofferenza, la paura di morire…. Voi non potete immaginare cosa
ci abbiano fatto passare, queste cose non devono mai più succedere.
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Fante Francesco Faccioli
Una notizia che non avrei mai voluto inviarvi... all'alba di questa
mattina ci ha lasciato
il caro Reduce della Divisione Acqui, Francesco FACCIOLI, di Rosegaferro-Villafranca (VR).
Apparteneva al 317° reggimento fanteria della Divisione Acqui a Cefalonia
ed avrebbe compiuto la veneranda età di 99 anni il prossimo 2 novembre 2021...
Durante la Cerimonia del 2015 aveva ricevuto la "Medaglia della Liberazione", il 2 giugno 2019 la "Medaglia d'Onore" e l'ultima sua presenza è stata alla Cerimonia Acqui del settembre 2019.
Farò compagnia alla sua grande e bella Famiglia, con le tre figlie, i nipoti e i pronipoti, anche
in vostra rappresentanza, al rito funebre, in programma mercoledì 17 p.v., alle ore 10,00.
Un abbraccio affettuoso alla Famiglia Faccioli e a tutti voi.
Claudio Toninel
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Fante Antonio Franco
Ho
appena appreso che ANTONIO FRANCO ci ha lasciati. Uno degli ultimi
reduci calabresi di Cefalonia. Prigioniero nei lager nazisti,
partigiano, decorato di medaglia d'onore. Una gran brava persona. Che
la terra gli sia lieve. Un abbraccio ai familiari.
faceva parte del 317° reggimento Fanteria. II battaglione 5ª compagnia.
L'amico Giovanni Quaranta ha curato le sue memorie nel libro "Antonio Franco, Partigiano in Grecia e internato nei lager Nazisti"
In una cartolina postale del 3 giugno 1943 scrive: "
Carissima Mamma ti scrivo questa mia presente cartolina quanto per
farVi sapere il mio ottimo stato di salute e così meglio spero
che questa mia presente trova Voi di bona salute. Basta vi prego che
state tanquilli che sto bene. Basta non avendo altro da dirVi e mi
resta di salutiarVi. Saluto fratelli, sorelle e tutti. Un saluto a Voi
assieme al Padre. Vostro caro figlio Antonio. (op)
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Il 22 Febbario 2021 all’età di 102 anni e nove mesi, nella
tarda serata, ci ha lasciato il Cav. Della Repubblica Marco Botti appartenuto
al 17° RGT.FTR 1° BTG Compagnia Comando.A quest’ora avrà già incontrato i suoi
compagni commilitoni, li avrà salutati calorosamente, e avrà scambiato con loro
i ricordi dei momenti tragici ma anche di quelli felici di quando venivano
chiamati, in terra di Grecia “l’armata sagapò”: l’armata dell’amore. Per anni si è prodigato assieme a Mario Pasquali di
mantenere vivo il ricordo e la memoria dei suoi compagni trucidati sulle idole
Jonie di Cefalonia e Corfù. Ora, Il miglio modo per ricordarlo è pubblicare di
seguito il racconto della sua “fucilazione” . Dalla concisa ricostruzione degli avvenimenti sembra che fui
io a gridare «io essere fascista», invece fu un mio commilitone che fu anche la
prima vittima di quel massacro. Forse per primo aveva capito le cattive
intenzioni di quelle SS che, allontanatesi le truppe che ci avevano fatto
prigionieri, avanzavano verso di noi con mitra spianati e dito sul grilletto.
Eravamo oltre 300 giovani in quel vallone presso Kardakata.
Appena il nostro soldato a braccia alzate si staccò dal
gruppo con quel grido «Io essere fascista» il tedesco che gli era più vicino lo
fulminò con una mitragliata.
Come fosse un segnale, tutti i mitra di quelle iene
scaricarono proiettili su di noi. Ancora sono nelle mie orecchie urla, grida,
suppliche, lamenti, preghiere, maledizioni, invocazioni.
Mi ritrovai a terra bocconi con due commilitoni sopra di me:
uno morto e uno ferito.
Rimasi in quella situazione per oltre 6 ore prima di potermi
allontanare… ecc.
In quel vallone presso Kardakata una commissione
internazionale guidata da padre Ghilardini, nostro capellano, nel 1946 rinvenne
306 scheletri, con molti dei teschi fracassati dai colpi di grazia e le ossa
parzialmente bruciacchiate, senza piastrine, impossibili da riconoscere. (A
Cefalonia i tedeschi cercarono di occultare le stragi anche bruciando i
cadaveri cospargendoli di benzina e petrolio).
Così tornarono in Patria, nel sacrario di Bari, i giovani
italiani che avevano scelto per primi la Resistenza contro i tedeschi.
Il dott. Coppini Bruno, tenente medico, lo conobbi sul
fronte greco-albanese in mezzo ai soldati feriti che urlavano dal dolore e che Egli,
instancabile, operava senza sosta lì
dove glieli portavano i portaferiti, a
cielo aperto.
Quanti ne salvò da morte certa!
Lo testimoniava il suo grembiulone color rosso sangue:
originariamente era di colore bianco.
A Cefalonia il gen. Gandin lo impegnò nelle trattative coi
tedeschi vista la sua buona conoscenza della lingua tedesca.
E inoltre fu mandato, sempre dal nostro Comando, con
un’autoambulanza a soccorrere i
numerosi feriti tedeschi durante i primi scontri a noi favorevoli (i tedeschi
erano privi di medici sull’isola).
Questo lo salvò dalla fucilazione e così, tornato in patria,
continuò la sua benemerita opera diventando lo stimato primario dell’ospedale
di Borgotaro che tutti ancora ricordano.
Bottazzi Lino, ora deceduto, rientrò in patria e nel 1946
attraversò con un taxi tutta la provincia di Parma (da San Secondo ad Albareto)
per sincerarsi se ero ritornato a casa, in quanto tutti mi davano per morto,
anche i miei familiari. (In effetti quando rientrai a casa ero talmente
malridotto (anche per la malaria che mi perseguitava) che mia madre mi chiese
«Chi sei?». Non mi aveva riconosciuto!).
Nella foto pubblicata sono con Giovanni Bersanelli di
Berceto pure lui sopravvissuto. Grazie alla generosità e all’intraprendenza di
suo figlio Mauro di Collecchio, nel 2010, a 92 anni, sono tornato a Cefalonia.
Assieme al Presidente Mario Pasquali, abbiamo reso omaggio
ai nostri compagni caduti, ho lasciato una targa in memoria di quanti non sono
tornati e di riconoscenza per la popolazione.
Abbiamo trovato e parlato con tre testimoni oculari di
quelle stragi (allora avevano circa 10 anni) ed è stato emozionante sentire che
a Kardakata ancora si ricorda che un soldato, pieno di sangue, era uscito da
sotto i morti …ecc.
P.S.: le devo anche dare testimonianza che la vostra rubrica
Gente di Provincia è molto seguita: il giorno successivo alla pubblicazione ho
ricevuto numerose telefonate da conoscenti ma anche dai familiari di caduti
(una da Trento).
(Fabrizio Prada)
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Fante Brenno Lodi
Brenno
Lodi a 19 anni si ritrovò con la Divisione Acqui
nell’isola greca di Cefalonia il fatidico 8 settembre 1943. Lodi,
tipografo dell’Accademia Militare di Modena negli anni successivi
alla guerra (stampava libri di testo per ufficiali) era sopravvissuto
al massacro di Cefalonia per mano dei tedeschi.
L’allora giovanissimo soldato di fanteria Lodi fu catturato e
costretto a vivere prigioniero in diversi campi militari in Europa. Si
commuoveva, Brenno, quando ricordava l’orrore della prigionia e
di quanto aveva vissuto.
Chiamato alle armi nel febbraio 1943 partì in treno per la
Grecia, da Mestre. Dopo alcuni cambi, arrivò a Sami, un piccolo
porto dell’isola di Cefalonia.
Dopo la battaglia di Cefalonia, fu preso prigioniero, poi, dopo un
viaggio in treno di circa un mese all’interno di vagoni bestiame,
fu portato al campo di prigionia, a Pinsk, in Bielorussia. Fu
trasferito nella Prussia Orientale, e infine in Polonia, dopo
un’epidemia di tifo, fu impiegato per seppellire tantissimi
cadaveri.
La liberazione arrivò il 9 maggio 1945 a Stutov, vicino a
Danzica, in Polonia. Fu liberato dai russi. Venne portato a Brest, al
confine tra Polonia ed ex Urss, in un campo di smistamento e dovette
attendere fino ad ottobre per ritornare a casa. (OP)
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Artigliere Eligio Musoni
Musoni
Eligio classe 1920 ci ha lasciati. La città di Mantova perde così l’ultimo
reduce della sua provincia che con la Divisione Acqui
aveva combattuto a Cefalonia nel
settembre 1943 salvandosi dalla carneficina che i Tedeschi posero in atto a
danno di quasi 5.000 soldati italiani. Dopo i combattimenti la Divisione Acqui
fu costretta alla resa e i tedeschi passarono per le armi quasi tutti i soldati
che venivano catturati o si arrendevano.
Eligio faceva parte della 2ª batteria
del III gruppo da 75/27 C.K. contraereo situato a Cima Telegrafo proprio dove
ora sorge il Monumento ai Caduti della Divisione Acqui. In loco ci sono ancora
i ruderi della casermetta della batteria e un altarino fatto costruire dalla
famiglia del capitano Amedeo Arpaia, comandante di Musoni, che fu fucilato
assieme ad altri 128 ufficiali il 24 settembre 1943 alla famigerata casetta
Rossa. Scampato alla morte è stato fatto prigioniero e inviato nei lager
tedeschi di Minsk, in Russia. Nel 2013 ha partecipato in qualità di testimone
al processo nei confronti del sergente tedesco Alfred Stork per aver comandato
il plotone di esecuzione colpevole di aver fucilato gli ufficiali della Acqui, processo
che poi condannerà il sergente, di 80 e più anni, in quanto colpevole di aver
obbedito a ordini illeggittimi.
Premiato con diverse onorificenze dalla
prefettura mantovana, Eligio è sempre stato iscritto alla Associazione
Nazionale Divisione Acqui, con la quale al fianco del presidente di Sezione,
Dino Borgonovi, ha sempre partecipato con dedizione alle manifestazioni in
ricordo dei suoi compagni che non tornarono in patria e a tutti gli altri
soldati che ha visto morire o che sono rimasti uccisi dalla ferocia tedesca
lontano da lui. Il suo nome è ricordato a pagina 323 del
libro “L’eccidio di Cefalonia” di padre Romualdo Formato, all’interno
dell’elenco dei componenti della sua batteria. Una sua scheda è conservata
nell’archivio dell’istituto Storico Autonomo per la Resistenza dei Militari
all’Estero, presso l’università di Arezzo a sua perenne memoria. Al funerale
sarà accompagnato nel suo ultimo viaggio dalla bandiera della “Acqui” della
sezione di Mantova. L’Associazione Nazionale Divisione Acqui si stringe idealmente
ai suoi famigliari in questo triste momento.
I funerali si svolgeranno in data
odierna con partenza dall’ospedale civile di Mantova per la chiesa di San Pio X
con inizio della funzione alle ore 10,00. (Dino Borgonovi)
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Autiere Gilberto Carcereri De Prati
«Se
sono vivo, lo devo solo a quelmio compagno che, colpito a morte, diventò il
rifugio sotto il quale riuscii a nascondermi»: Gilberto Cercereri De Prati ha
92 anni, abita a Colognola, e la sua storia di artigliere sul fronte
greco-albanese nonl'ha mai raccontata.
Al
collo il fazzoletto della Divisione Aqui, sul capo il berretto, nel cuore il
ricordo di quel 25 aprile 1945 che non visse in Italia ma da prigioniero
tedesco in Grecia e tra le mani le due croci al merito di guerra che
testimoniano la prigionia.
Quante
vite ha avuto Carcereri De Prati? Almeno 4, partendo dall'aver casualmente
schivato la Russia che aveva inghiottito suo fratello Giobbe. «A Bolzano, al 4°
Artiglieria, da gennaio'43, mi addestrarono per fare il marconista in Russia.
In Sicilia, però, gli americani spingevano e ci fecero partire per l'isola
salvo poi, a Brindisi, dirottarci sulla Grecia con la Divisione “Brennero”. Arrivammo
a Giànnina, sede delComando del 26° Corpo d'Armata, a luglio.” Siccome un
soldato alfabetizzato era una rarità», racconta, «venni impiegato come dattilografo.
La caserma stava in una scuola elementare, a un passo dal presidio tedesco».
L'8
Settembre cambiò le cose: «Non appena si seppe dell'armistizio i tedeschi
bloccarono la strada tra Giànnina e Larissa.Ci fecero tutti prigionieri e il
comandante tedesco impose la consegna delle armi promettendo il rientro in
Patria. Ci inquadrarono, e ci fecero marciare per 300 chilometri per
raggiungere Larissa. Furono giorni di fame». Che le cose non stessero
esattamente come gli exalleati raccontavano, Carcereri De Prati e i suoi
compagni lo capirono dopo u npo': «Buttaronogli ufficiali su carri ferroviari e
molti soldati su alcune barche: i primi erano destinati ai campi di
concentramento in Germania, gli altri (esattamente come avvenne ai soldati
italiani di stanza nelle isole greche) vennero bombardati in mare.
Anche
così, sul fronte greco-albanese, scomparvero oltre 25 mila italiani. A me andò
bene», racconta l'anziano reduce, «e con tanti altri fui rimesso in fila per
tornare a Giànnina. Eravamo preziosi», spiega Carcereri De Prati, «come scudi
umani dei tedeschi. Venne organizzato il battaglione
“Ita
Bau Bataillon”, impiegato sia nella sistemazione delle strade che venivano fatte
saltare dai partigiani greci e albanesi, che per proteggersi durante gli spostamenti.
Eravamo bersagli inermi, cioè gli scudi per i tedeschi in fuga». Il tempo
passava, il cibo era sempre meno: «Da mezza pagnotta a persona si passò ad una in
quattro», racconta Carcereri De Prati, ed i tedeschi provarono a risalire la
litoranea per raggiungere Trieste prima e l'Austria poi.
«I soldati italiani costituivano la difesa
ideale dalle pallottole deic ecchini albanesi e greci che, sulle montagne,
sparavano contro qualsiasi divisa.Durante
quella marcia, mi salvai solo perché, nel corso di un attacco nella tratta tra
Elbasan e Tirana, mi nascosi sotto ilcorpo di un commilitone colpito a morte. Fu
un'esperienza tremenda che non so quanto possa essere durata: venni fuori da
quel nascondiglio umano solo quando sentii solo silenzio”.
Scattò
allora la fuga: «Sapevo che in Albania c'erano più italiani che albanesi e
sapevo che gli americani stavano organizzando i rientri al porto di Durazzo». Passarono
mesi, «e riuscii a sopravvivere perché, siccome avevo imparatoa fare il meccanico,
lavorai con tre commilitoni per i militari albanesi. Ci trattarono sempre bene ma
alla vigilia della partenza per Durazzo tentarono di rapirci per tenerci là». Il
quartetto riuscì però a sfuggire e a raggiungere il porto: «Quante donne partirono
con noi!
Per
sfuggire alla povertà tantissime donne si accordarono coi soldati italiani
raccontando agli americani di essersi sposate con loro. Era l'autunno del 1945
quando approdai a Taranto. Qualche giorno dopo, tornai finalmente a casa.
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Soldato Giovanni Tolazzi
Due giorni fa ci ha lasciati anche Giovanni Tolazzi di Poggio Udinese.
Nato l'8 febbraio 1922,
aveva fatto parte della Divisione Acqui ed era scampato all'eccidio di
Cefalonia. Purtroppo non era negli elenchi dell'Associazione e non
conoscendolo non possiamo dire molto di più su questa
persona, comunque riteniamo sia giusto ricordarlo in questo sito
perchè appartenuto in un modo o nell'altro al nostro importante
sodalizio.
Ora riposerà in pace assieme ai suoi compagni e commilitoni.
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Geniere Daniele Flore
È morto il 12
febbraio 2020 l'ultracentenario originario di Sorradile Daniele Flore.
Aveva 102 anni e il successivo 15 aprile ne avrebbe compiuti 103.
In questi ultimi anni era ospite della casa di riposo di Ghilarza.
Flore, in
conseguenza dei fatti dell'8 settembre 1943, visse la triste e
dolorosa vicenda di Cefalonia, dove pur salvandosi dall'eccidio fu
catturato dai tedeschi e trasferito in un campo di prigionia.
Successivamente liberato dai russi, fu trattenuto prigioniero da
quest'ultimi.
Chiamato
alle armi il 22 maggio 1938, dapprima in forza al 1° Reggimento
Genio Terza compagnia minatori partecipa nel giugno del 1940 alle
operazioni belliche svoltesi alla frontiera alpino-occidentale. Poi,
dal dicembre del 1940 all'aprile del 1941, alle operazioni alla
frontiera greco-albanese con la 31esima compagnia artieri e, infine,
dal novembre del 1942 all'8 settembre del 1943, alle operazioni di
guerra nello scacchiere balcanico, dove fu fatto prigioniero.
Nel
lager Daniele Flore trascorse circa un anno. Fu liberato dai militari
russi, che lo internarono per due anni vicino a Minsk. Nel 2015 fu
insignito della medaglia di Liberazione dal presidente Sergio
Mattarella.
Sono assolutamente felice di aver istruito la domanda per fargli avere
la medaglia della Liberazione e per questo ringrazio il personale della
casa di riposo per la preziosissima collaborazione. (ndr)
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Ci
ha lasciati il nostro Reduce Libero Cosci. Libero, che aveva da poco
compiuto i 100 anni, si trovava a Cefalonia con la Divisione Acqui ed
era nel reparto genio TRT. Si salvò dall'eccidio che i tedeschi
compirono sui soldati italiani che sia arrendevano riuscendo a
salvarsi perché creduto morto. Rimase sei ore sotto i cadaveri
dei compagni fucilati dai nazisti, poi fu trovato da gente del posto e
accudito e curato.
Finì comunque per essere catturato e messo in campo di conventaramento nella cittadina greca di Giannina.
Fuggito da quel campo con l'intento di raggiungere l'Italia a piedi
, ma dopo un certo periodo passato allo sbando fu catturato dai
partigiani titini e chiuso nel campo di concentranto di Borovnica
in Yugoslavia.
Raggiunse la Grecia per
poi finire in un campo di concentramento
tedesco a Giannina, da cui riuscì a fuggire iniziando un lungo
viaggio a piedi
che lo avrebbe dovuto riportare a casa. Dopo oltre due anni e mezzo
passati tra
le montagne dei Balcani, fu invece catturato dai partigiani titini e
rinchiuso
per tre mesi nel campo di concentramento di Borovnica. Riuscì
atornare a casa dopo lunghe peripezie e sofferenza che l'avevano
ridotto a pesare 45 chili.
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Ci ha lasciati Vittorio Brundu delle Eolie
superstite di Cefalonia
All’età
di 98 anni e 7 mesi mio padre Vittorio Brundu, superstite di Cefalonia,
ha lasciato questa Terra, dopo un lungo ed intenso percorso della sua
vita, che si è conclusa il 15 agosto scorso. Suo padre Antonio
era nato a Ploaghe, in Sardegna e, a suo tempo, era stato trasferito a
Malfa, nell’isola di Salina, Eolie, come sottoufficiale della
Guardia di Finanza. Quando conobbe mia nonna Giuseppina Marchetti non
lasciò più l’isola eoliana. Dalla loro unione
matrimoniale nacquero quattro figli: Giovanni, Luigi, Lucia e Vittorio.
Nel 1942 papà Vittorio è partito per la guerra e venne
assegnato alla Divisione Acqui (17° Reggimento Fanteria), inviata
sul fronte in Grecia, proprio a Cefalonia dove, dopo l’armistizio
del famigerato 8 settembre 1943, vennero trucidati dai tedeschi circa
diecimila soldati italiani. Mio padre riuscì a salvarsi
dall’eccidio perchè si trovava nella città greca di
Janina, insieme ad altri commilitoni, per partecipare ad un corso di
telegrafista. Ma, subito dopo, venne fatto prigioniero di guerra e, su
un treno merci carico di altri militari, furono portati in un campo di
concentramento presso
Dresda, in Germania, dove rimasero sino al 1945. Quindi, con la fine
della guerra, ritornò a casa. Quel giorno, sbarcato nel porto di
Rinella, nell’isola di Salina, si è incontrato con la
madre che lo attendeva nel Santuario di Valdichiesa dedicato alla
Madonna del Terzito. Ma in quel medesimo giorno di gioia, è
pervenuta la triste notizia della morte del fratello Luigi in Germania,
che aveva prestato il suo servizio come marò a Pola ed a
Corfù. I ricordi degli anni anni della guerra sono rimasti
sempre impressi nella memoria di mio padre e, spesso, in famiglia,
parlava della sua drammatica esperienza bellica e delle sofferenze e
delle privazioni che ha patìto. Le raccontava affinchè
ciò che ha subìto non si ripeta mai più e che
venga apprezzato quello che uno possiede e che venga costruito con il
sacrificio del proprio lavoro svolto con dedizione ed onestà.
Nel 1946, a 24 anni, ha iniziato a svolgere la
sua attività lavorativa in alcuni Uffici Postali e, in modo
particolare , in quello di Malfa, suo paese natìo, per un totale
di 42 anni di servizio insieme alla moglie Nunzia ed entrambi si sono
sempre dedicati alla famiglia con vero e profondo amore. Il 2 giugno
del 1982 gli è stata conferita l’onorificenza di Cavaliere
della Repubblica Italiana dal Presidente Sandro Pertini, in
considerazione di particolari benemerenze. E proprio specie nel suo
paese di Malfa è stato apprezzato e stimato per la sua indole
dolce, delicata, garbata e gentile, sempre con la moglie accanto.
Quest’anno, nel mese di luglio, ricorreva il loro 72°
anniversario di matrimonio, dal quale sono nati cinque figli (le due
gemelle Pina ed Ester, Antonio, Santina e Maurizio). Sono stati
genitori e nonni esemplari, affettuosi ed amorevoli, veri punti di
riferimento per tutti i familiari, i figli, i nipoti e i pronipoti, che
faranno tesoro del loro buon senso e della loro
saggezza.
Antonio Brundu
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Tenente Carlo Santoro
Ci ha lasciati
Carlo Santoro.
Campobassano, era ufficiale del 1°
Battaglione del 17° reggimento fanteria – compagnia comando
– ha attraversato l’orrore della guerra, lo spettro dei
campi di sterminio, con il fiato della morte sul collo. Carlo
Santoro la sua vita al fronte l’ha narrata con schiettezza
e semplicità come fosse la più banale del mondo e invece
lui ha partecipato al cambiamento del mondo con la Resistenza. Una
durissima resistenza, a Cefalonia, isola greca del Mar Ionio che nella
Seconda Guerra Mondiale venne occupata dagli italiani. Dopo
l’armistizio dell’8 settembre 1943 gli italiani,
raggruppati nella Divisione Acqui, tra cui anche Carlo Santoro,
ricevono l’imposizione dai tedeschi di arrendersi. Il generale
Antonio Gandin chiede, sotto forma di referendum, il da farsi alle
truppe che decidono di andare avanti, di proseguire la battaglia in cui
muoiono 1250 soldati italiani a cui si aggiungono 65 tra ufficiali e
sottufficiali. Dopo qualche giorno gli italiani, senza rifornimenti, e
attaccati anche dagli aerei sono costretti alla resa.
Ma non finisce qui perché i tedeschi fucilano centinaia di
soldati e la stragrande maggioranza degli ufficiali. Quei giorni di
settembre passano alla storia col nome di eccidio di Cefalonia. Pochi i
militari scampati che poi vengono deportati, come prigionieri, in
Germania. Giorni terrificanti, che Carlo Santoro ricorda benissimo.
Soprattutto quel 23 settembre 1943 quando riuscì a scampare la
morte per ben 3 volte.
A malapena riesce a rendersi
conto di quanto gli sta accadendo. Intanto la radio inglese annuncia
che la divisione Acqui, a Cefalonia, è stata sterminata. Nessun
contatto con l’Italia, ma nel frattempo i tedeschi propongono ai
superstiti un ultimatum: combattere con loro o contro di loro. Il
generale Gandin propone una specie di referendum. Non era mai successo
prima. Carlo Santoro e gli altri superstiti decidono per amore verso la
loro bandiera di portare avanti la battaglia. Purtroppo la situazione
è critica, i tedeschi continuano a mietere vittime e quando
tutto sembra ormai perso Carlo Santoro riesce ancora una volta a
rimanere in vita. Carlo, dopo Cefalonia, viene deportato in Germania.
Alla
fine della guerra rientra a Campobasso, sua città natale,
e passerà la sua vita nella Memoria dell'eccidio della Divisione
Acqui e nel ricordo dei compagni visti cadere dalla ferocia tedesca. (tratto da http://colibrimagazine.it/ di Giancarlo Carlone)
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Fante Angelo Scalvini
All’età
di 96 anni ieri mattina alla Casa di Riposo di via Salvo
d’Acquisto 5 è spirata una figura leggendaria per
Calcinato, Angelo Giorgio Scalvini, da tutti conosciuto come Gino, uno
degli ultimi sopravvissuti all’eccidio nazista della Divisione
Acqui a Cefalonia, una epopea che nel 2003 aveva condensato con accenti
commoventi nella pubblicazione del suo diario «Prigioniero a
Cefalonia» (uscito per i tipi di Mursia editore), volume tuttora
apprezzatissimo da critica e pubblico. Militare del regio esercito,
Scalvini fu assegnato alla Acqui il 13 gennaio 1943: l'8 settembre
aveva vent'anni e si trovava con i suoi commilitoni a Itaca. Il 9 a
Samo partecipò alla storica «consultazione
referendaria», pronunciandosi con i commilitoni per la resistenza
agli ormai ex alleati tedeschi. La repressione fu durissima e
costò ai nostri quasi 1.500 morti in battaglia, 5.000
giustiziati, 3.000 prigionieri destinati poi a scomparire negli abissi
marini a bordo delle navi tedesche che urtarono nelle mine disseminate
un po' ovunque. In totale i soldati morti furono 9.406. Scalvini
trascorse la notte successiva al massacro nascosto su un albero a pochi
metri dal mare. In seguito saltò con altri militari su una
scialuppa di salvataggio, affrontando poi disavventure infinite.
Catturato dai tedeschi, fu caricato su un treno insieme ad altre
centinaia di prigionieri: destinazione prima Barauka, in Bielorussia,
poi Riga, poi Danzica. Infine il ritorno a casa, su mezzi di fortuna. A
Calcinato giunse, stremato nel fisico e con la morte nel cuore, il 10
settembre 1945. Ma più forte delle strazianti immagini che aveva
negli occhi fu la voglia di ricominciare, l'indistruttibile
attaccamento alla vita, che per il reduce significherà una
famiglia e un lavoro ai quali ha dedicato i lunghi e gioiosi anni dalla
ricostruzione ad oggi. Per decenni, finché la salute
glielo ha consentito, Scalvini ha partecipato da protagonista a tutte
le commemorazioni di quella tragedia che segnò l’inizio
della resistenza al nazifascismo. Infaticabile la sua opera di
testimonianza nelle scuole di tutta Italia a perenne monito nei
confronti delle nuove generazioni. La salma si trova all’obitorio
della Casa di Riposo di Calcinato, vegliata dal figlio Stefano con
Teodora e dal cognato Adelio con Claudia. Nel rispetto dell'ordinanza
governativa per contenere il coronavirus, la benedizione si
terrà in forma strettamente privata lunedì 23 marzo alle
ore 10.30 al cimitero di Calcinato, dove Angelo Scalvini verrà
poi sepolto. “Scende nella notte la neve/ sul dur treno./ Gemo dal freddo/ pensando alla sorte/ che m’ha portato sì grande dolor./ Vola il pensiero alla mamma./ E poi desolato mi metto a dormir.”si legge nel necrologio. www.bresciaoggi.it/territori/bassa/si-%C3%A8-spento-il-sopravvissuto-a-cefalonia-
1.8001907 F. MAR
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Artiere Alberto Di Bernardini
Con
le parole che seguono, l sezione Anpi “A Del Gobbo”, ieri
sera ha reso nota la scomparsa di Alberto Di Bernardini: “E’ con profondo dispiacere che comunichiamo a tutti gli iscritti la
scomparsa di Alberto Di Berardini, reduce di Cefalonia e internato militare dopo il suo rifiuto di aderire alla Repubblica di Salo’. A lui va il nostro ringraziamento per aver anteposto
il valore della democrazia alla sua incolumità, scelta che lo ha portato alla prigionia in un campo di concentramento.
Grazie Alberto ! “.
A gennaio 2016 nell’aula consiliare di Palazzo Colonna, dal Commissario prefettizio, Caporale, fu consegnata all’ex appartenente della Divisione
Acqui, la medaglia d’oro della Liberazione. La Medaglia
d’Onore è stata conferita ai cittadini italiani, militari e civili, deportati e internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra. Tra questi Alberto Di Bernardini, l’eroe di Cefalonia che, marinese, classe 1923, era l’unico castellano ancora in vita ad aver combattuto in quella tragica spedizione in cui, dopo l’8 settembre 1943, quando fu annunciato
l’armistizio di Cassibile che sanciva la cessazione delle
ostilità, persero la vita migliaia di giovani italiani che si
opposero al tentativo tedesco di disarmo. A lui, in una delle
circostanze più tragiche della seconda guerra
mondiale, il merito di aver tratto in salvo, grazie a un’intuizione, dodici commilitoni dei quali ha poi purtroppo
perso le tracce. Gesto possibile grazie alla sua conoscenza, seppur
rudimentale, della lingua tedesca che gli permise di capire come gli ex
alleati dell’Italia fascista, presenti a Cefalonia insieme agli
uomini della Divisione Acqui, avrebbero di lì a poco minato le navi sulle quali avevano fatto salire i militari italiani con la promessa di tornare a casa.tratto da //www.paconline.it/wordpress/2020/03/21 di Maurizio Aversa)
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Soldato Pietro Gianesini
Ci ha lasciato anche il caro Pietro Gianesini di Trento.
La redazione si riserva di scrivere entro domani un articolo consono a questa persona.
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Ieri
30 gennaio ci lasciato Riccardo Piva di anni 98. Si è
spento serenamente nella sua casa di via del Porto con la stessa
dolcezza con cui ha sempre vissuto. Non può non rimanere nei
nostri cuori questa persona di grande disponibilità e di
bontà assoluta. Essere mancato vicino al 28 gennaio (giornata
della Memoria) consacra la sua anima a testimone del tempo e della
storia per l'impegno profuso alla divulgazione della memoria degli
amici persi nella Divisione Acqui a Cefalonia e Corfù nel
settembre 1943, ed anche di tutti gli altri soldati.
É stato per anni il
geloso e superbo custode della Bandiera della nostra sezione che lo
accompagnerà nel suo ultimo viaggio. Insieme abbiamo partecipata a molte cerimionie, come insieme abbiamo accompagnato altri reduci che lui ora raggiunge per riunirsi con i suoi compagni della "Acqui"
I reduci sono stati il mio punto di riferimento durante il mio percorso nella presidenza della sezione bolognese dell'Associazione
Acqui. Per la sua storia pubblico il diario di Riccardo che ci
aiuterà a ricordarlo sempre.
Il Suo Diario
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Autiere Gino Marchesin
Ci ha lasciati il simpatico Gino Marchesin.
Gino è nato nel 1923 a La Salute di Livenza, in provincia di Venezia, dove ancora viveva.
Persona amabilissima disponibile e profondamente grata a chi lavorava per il ricordo della "Acqui":
Nel 1943 era di stanza a Corfù e faceva parte della
33ª compagnia autieri ed era l'autista della Bt. 240 da 149/35
.Sorpreso dall'armistizio a Porto Edda in Albania, dov'era militare,
partecipò in seguito alla resistenza contro l tedeschi
nell'isola di Corfù con gli uomini del reggimento del colonnello
Bettini. Fatto prigioniero dopo la caduta dell'isola, iniziò una
lunga odissea nei territori sotto il dominio del Reich, trascorrendo
lughi mesi nel lager di Belgrado.
Ci ha lasciato un importante testimonianza con il suo
libro "Io, schiavo di Hitler. L'odissea di un giovane militare da Corfù al lager di Belgrado", a cura di
Ugo Perissinotto, Ed. Nuova Dimensione, 2008.
Nel libro descrive le tappe dell'odissea dopo la cattura: Corfù, Igoumenitsa, Joannina, Florina,
Belgrado, Nis, Osljek, Radkersburg, la liberazione e il ritorno a casa.
Dal suo libro: "Mi ricordo che un giorno, dall'alto della
fortezza abbiamo visto arrivare cinque o sei aerei italiani da
trasporto ancora con i fasci littori sotto le ali. Siamo usciti
tutti fuori esultando, pensando che fossero arrivati finalmente i
soccorsi e ci siamo messi a festeggiare: "Arrivano gli italiani/
Arrivano gli italiani". Erano 1 giorni del repeton, del finimondo.
Altro che soccorsi, ci hanno dato 'na fracada de bombe par
tutti i cantoni! C'erano i tedeschi dentro gli aerei italiani!"
18/01/19 OP
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Marinaio Elio Sfligoj
Il 30 novembre è venuto a mancare Elio Sfiligoj.
Viveva in Slovenia, ma era sempre disponibile a collaborare con chi svolgeva ricerche sulla Divisione Acqui.
Persona gentile, colta e profonda era rimasto collegato per molto tempo
con l'isola di Cefalonia e con gli storici del luogo e gli ex
partigiani.
Suo il libro:" Qui marina Argostoli Cefalonia" nel quale ricostruisce
in modo reale quanto avvenne a Cefalonia nel settembre 1943.
Ha scitto anche l'inedito "Così salvammo il porto di Argostoli" del quale ha voluto gentilmente donarmene una copia.
Ci mancherà come ci mancano gli altri che già ci
hanno lasciati ma impiegherò tutto il mio impegno perchè
siano sempre ricordati. (OP)
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Soldato Mario Mich
La comunità di Sona ha dato ieri l'ultimo saluto al reduce di Cefalonia Mario Mich, che il 12 settembre aveva compiuto
99 anni. Penultimo di cinque figli, era nato a Tesero, in Trentino, nel 1920 ed era rimasto orfano di padre in tenera età
età. A ricostruire la sua storia la figlia Marisa, che racconta:
«Non conosco molto di ciò che ha passato in guerra, non ne
parlava volentieri, ma quelle poche volte ripeteva sempre: "Quanti
morti!". Di certo so che. per tutta la sua lunga vita, non ha mai
potuto dormire al buio; teneva una piccola luce accesa tutta la notte
per scacciare quegli incubi che non hanno mai smesso di torrnentarlo. E
quando a volte ci mettevamo a tavola e gli chiedevo: "Hai fame?", mi
rispondeva: "Ho appetito, la fame è un'altra cosa"». Era
l'aprile del 1941 quando Mario Mich partì alIa volta della
Grecia nella
Fanteria da Montagna della Divisione Acqui. Sopravvissuto al martirio di Cefalonia, venne fatto prigioniero dai tedeschi
e deportato. Attraversò a piedi lex Iugoslavia fino alla
città diOsijek, dove fu ricoverato per due mesi in un
ospedale, perchè i suoi piedi erano distrutti. Successivamente,
f'u trasferito nel campo di Buchenwald nella Germania nazista.
Poichè conosceva il tedesco, che in Trentino si studiava a
scuola, veniva impiegato come interprete per comunicare con gli
altri prigionieri italiani.
La conoscenza della lingua gli permise di scoprire ascoltando le
conversazioni de quartier generale tedesco, che stavano arrivando gli
americani. Nella concitazione del momento, riuscì a fuggire
insieme ad alcuni compagni.
Muovendosi soprattutto di notte e rifocillandosi quando possibile
presso alcune famiglie tedesche che offrivano sostegno ai prigionieri
in fuga, attraversò la Baviera e proseguì fino a casa, in
Trentino.
"Quando finalmente arrivò a casa", racconta la figlia Marisa, "pesava 35 chili. Dopo un lungo periodo, necessario
per
rimettersi, arrivò a Verona, dove viveva la sua sorella maggiore
e dove il cognato gli aveva trovato lavoro, come falegname, presso la
sua azienda. Qui conobbe mia madre, vicina di casa
della sorella e nell'ottobre del 1956 si sposarono. Mario Mich
partecipava sempre alle cerimonie e alle serate organizzate
dall'Associazione Divisione Acqui a cui era iscritto, associazione che
al funerale era rappresentata dal presidente della sezione di Verona
Claudio Toninel presente con il labaro. Il reduce era molto conosciuto
a Sona, dove
abitava da moltissimi anni, e presenziava sempre anche agli eventi
commemorativi che si svolgevano nel Comune. (da L'Arena di Verona -
provicia del 17.9.19 di Federica Valbusa)
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Fante Vasco Faccini
I funerali di Vasco Faccini si
sono celebrati mercoledì a
Isola della Scala dove «nonno Vasco» —
come lo chiamavano tutti — ha sempre
vissuto, «facendo il contadino» racconta a
Corriere.it uno dei due figli,
Lucio, 67 anni (l’altra è Maria, 64). Sulla bara
(è ancora la cronaca
dell’Arena) sono stati deposti il Tricolore e il fazzoletto
della Acqui dove
Faccini si era arruolato a 19 anni, prima di stanza a Merano e poi a
Corfù.
Come avesse fatto a sopravvivere all’eccidio il fante (poi
catturato dai
tedeschi e finito in Bielorissia) lo ha raccontato in un libriccino
—
pubblicato con il patrocinio del Comune e intitolato «Con la
morte sempre in
agguato» — di una ventina di pagine scritto con il
nipote Luciano Boldrini, anch’egli
figlio di un soldato dell’Acqui, Ettore. (da www.corriere.it di
Alessandro Fulloni)
02/07/19
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Jose nascosto tra i cadaveriGiuseppe Carradore —
tutti lo chiamavano Jose — avrebbe
compiuto 100 anni tra pochi mesi. A «il Giornale di
Vicenza» è il figlio Guido
a raccontare come il fante della Acqui sia scampato
all’eccidio di Cefalonia.
«Mio padre mi disse che i nostri vennero messi tutti in fila
per essere
fucilati. Lui — è il ricordo — era fra
gli ultimi». Momenti terribili. La
sventagliata di pallottole lo fece cadere sul terriccio. Altri corpi
gli
caddero addosso, come si vede in certe drammatiche foto in bianco e
nero che
raccontano quel che accade in quei giorni. Jose si riprese da quello
choc dopo
un giorno e mezzo, intontito, incredulo, ferito, esausto, sconvolto. Al
calare
della notte — è ancora il racconto affidato al
giornale vicentino — Carradore,
insieme ad un compagno di Brescia, si allontanò da
quell’orrore. I due si
diressero verso le montagne, dove continuarono a nascondersi in stalle
e
fienili. «Ogni tanto riuscivano a mangiare qualcosa
— prosegue il figlio Guido
— grazie alla generosità dei contadini
greci». Rimasero nascosti per un anno,
fino a quando seppero che i nazisti si erano ritirati. Fu in quel
momento che
scesero a valle, vennero imbarcati alla volta di Taranto e seguirono
gli
Alleati — rivestendo la divisa e tornando a combattere
— che avanzavano verso
il nord Italia. «Quando tornò a casa, tutti erano
convinti che fosse morto dal
momento che non dava notizie di sé da anni - dice ancora
Guido Carradore -.
Lavorò come operaio specializzato alle Officine Pellizzari
fino alla pensione».
A Corriere.it il nipote Matteo, al quale era legatissimo, racconta che
il nonno
era assai riservato. E di quelle giornate terribili, dolenti, non
parlava
volentieri. (da
www.corriere.it di Alessandro Fulloni) 02/07/19
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Soldato Ferdinando
Geremia
Come
ogni reduce di guerra, Ferdinando Geremia conservava i ricordi di
quegli anni duri in un cassetto della memoria assai difficile da
riaprire. Troppo buia, per l’esercito italiano, la pagina di
storia sull’eccidio di Cefalonia e Corfù. Oltre ai
figli,
Marco e Patrizia, c’era riuscito di recente
l’Iveser
(istituto veneziano per la storia della Resistenza e della
società contemporanea) con una rara intervista rilasciata
pochi
mesi fa a Sandra Savogin. Giusto il tempo di fissare,
un’ultima
volta, quella testimonianza in prima persona. Venerdì,
infatti,
si è spento nella sua casa a 98 anni l’ultimo
veneziano
della divisione Acqui dell’esercito italiano. Un artista
strappato alla sua passione e chiamato giovanissimo alle armi. Che, a
guerra conclusa e a fucile deposto, ha potuto e voluto riprendere in
mano il pennello per dare sfogo alla sua genialità. Lontano
ormai dal sibilo delle pallottole e dagli orrori del campo di
concentramento. Nato nel 1921, Ferdinando Geremia è
cresciuto
tra le calli e i campi di Dorsoduro, all’Angelo Raffaele.
Insieme
alla madre Teodolinda, casalinga, e al padre Teodoro, portalettere. Non
si allontana dal sestiere nemmeno per andare a scuola. Frequenta
l’istituto dei Carmini, dove ottiene il diploma in
scenografia.
Il mondo dell’arte lo chiama, e nel giro di poco ottiene i
primi
impieghi di lavoro. Tra il ’39 e il ’40
è scenografo
alla Fenice con la Bohème e la Turandot. Il dramma della
guerra,
però, è dietro l’angolo. Geremia viene
chiamato
alle armi. Entra a far parte della storica divisione Acqui, nata nel
1831. È spedito in Grecia, dove Mussolini puntava a condurre
la
guerra parallela per non restare indietro rispetto alle vittorie
naziste. Nel corso dei mesi, la situazione volge al peggio. Fino
all’8 settembre ’43, giorno
dell’armistizio. Geremia
sceglie di non deporre le armi e, nel giro di poco, viene catturato dai
tedeschi. Ma si salva dall’eccidio dei giorni successivi -
tristemente passato alla storia - iniziando però il calvario
della prigionia: prima in Albania, poi in Austria. Gli anni
più
bui li passa a San Veit, in Carinzia. Dove però è
la sua
arte a salvarlo.
Venuti a sapere delle sue doti pittoriche gli ufficiali del campo gli
chiedono di dipingere ritratti. È la carta vincente, quella
che
lo tiene in vita. Fino al giorno della liberazione, quando riesce a
tornare a Venezia a bordo di mezzi di fortuna. L’incubo
è
finito, la vita ricomincia. Nel ’55 si sposa con Annamaria,
da
cui avrà Patrizia e Marco. Solo a quel punto, riprende in
mano
la pittura e il suo linguaggio figurativo. Una passione che non lo
abbandonerà più. Riceve l’incarico come
illustratore del giornalino “Il Risveglio”, nel
’61
partecipa con successo alla 45° edizione della Bevilacqua La
Masa
e, al noto premio di pittura La Valigia. Tra i suoi soggetti preferiti,
la laguna e Venezia occupano il posto d’onore. Fino
all’ultimo periodo della sua vita. Oltre a familiari e amici,
la
scomparsa di un pezzo di storia cittadina e italiana ha toccato anche
l’Iveser da sempre in prima linea nel salvare e proteggere la
memoria collettiva: «Stiamo andando verso una nuova stagione,
quella del “post testimone”. si dovrà
lavorare sulla
memoria di secondo o terzo livello ovviamente con strumenti e
metodologie del tutto diverse, anche per questo gli archivi audiovisivi
acquistano un'importanza molto rilevante». (
Eugenio Pendolini da la Nuova di Venezia e Mestre del 17/06/19)
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Soldato
Pietro Giuliari
Comunico la triste notizia della scomparsa del Reduce della Divisione
Acqui, Pietro Giuliari, di Illasi (Verona), già vice
presidente della Sezione di Verona avvenuta il 28 maggio 2019.
Pietro Giuliari, 98 anni, (primo a destra nelle foto) nato il
30.10.1920 e residente in Via S. Giustina 1/A - 37131 Illasi (Verona),
reduce Acqui dell’8° nucleo chirurgico a Cefalonia.
La vicenda della "Acqui" non l'ha mai dimenticata,
soprattutto perchè quella strage di centinaia di giovani
militari l'ha vissuta in prima persona, dalla parte delle vittime,
salvandosi per miracolo, per caso o perché il suo lavoro e
le sue competenze erano funzionali agli aguzzini, come nei lager.
Pietro da militare lo chiamavano
«bambino», perché era al fronte
a 19 anni e quattro mesi,
inquadrato nell'8° nucleo chirurgico del IV reparto di
Sanità di Verona. Visse dall'interno dell'ospedale di
Cefalonia il bombardamento aereo tedesco della struttura sanitaria per
indurre gli italiani alla resa e fu testimone degli eccidi successivi,
quando non fu rispettato nessun trattato internazionale sui prigionieri
disarmati e inermi. Al muro finirono anche soldati prelevati dai letti
dell'ospedale e tutto il personale sanitario dell'ospedale da campo 37.
«Poi
fu il nostro turno, dell'ospedale da campo 37: suor Maris Stella
Longhino che lavorava con me in reparto, mi si avvicinò e mi
fece baciare il suo crocifisso, quando eravamo già nel
cortile schierati per l'esecuzione. Solo allora, dalla finestra
dell'ospedale, un ufficiale tedesco, ferito in combattimento e al quale
avevamo amputato un braccio qualche giorno prima, ordinò di
riportarci al lavoro», racconta Pietro. "Qualche anima buona c'era
dunque anche fra i tedeschi?"
(Claudio Toninel)
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Fante
Giuseppe Benincasa
Ciao ZIO PEPPINO!
Questa notte, a seguito dei
postrumi di una
brutta caduta, è venuto a mancare GIUSEPPE BENINCASA,
conosciuto
come Zio Peppino.
Era nato il 22 ottobre 1922 a Castronovov di Sicilia.
Fu militare nella Divisione Acqui, quale trombettiere. Si
salvò
miracolosamente dall'eccidio nazista a Cefalonia e in seguito
combattè come partigiano nelle file dell'Elas.
A Cefalonia conobbe anche la sua futura moglie, Maria.
Raccolse le sue storie nell'interessante libro: " Memorie di Cefalonia.
RIPOSA IN PACE, Zio Peppino.
Scheda biografica del signor Giuseppe Benincasa, insignito della
medaglia della Liberazione.
Il signor Giuseppe Benincasa nato a Castronovo di Siciliaq il 22
ottobre 1922 è Cavaliere dell'Ordine al Merito delle
Repubblica
Italiana dal 27 dicembre 2011.
Penultimo di una famiglia numerosa di 12 figli, nell'adolescenza fru
rinchiuso per 9 anni in un collegio su proposta del Podestà
castranovese a causa del suo carattere libero che lo portava a non
sopportare soprusi ed angherie dei facinorosi e dell'alterigia
fascista. Chiamato alle armi nel 1942, fu inviato con la Divisione
Acqui a Cefalonia e in seguito agli scontri con i soldati tedeschi che
seguirono all'armistizio dell'8 settembre 1943 , fu ferito a una gamba
dalla scheggia di una bomba lanciata dagli aerei Stukas
dell'aviazione tedesca.
Catturato dai tedeschi fu portato, con altri suoi commilitoni, in uno
spiazzo e a seguito di una collutazione con un soldato tedesco, che
voleva rubargli una collaniona con l'effige della Madonna, cadde a
terra, sfinito dalle ferite e dal digiuno. Venne sommerso dai
corpi dei compagni trucidati dai tedeschi e scampato all'eccidio
riuscì, dopo ore, a porsi in salvo trovando rifugio presso
abitanti del luogo che lo aiutarono a trovare un'altra
identità.
"La guerra è quando milioni di persone sono
costrette ad
odiarsi e a scannarsi tra loro senza sapere il perchè, per
ilo
capriccio di un re o di un tiranno. E alla fine delle
carneficine, questi si strigono le mani".
Questa è la definizione che ha dato alla guerra il signor
Benincasa che, entrato nelle file dei partigiani greci dell'Elas,
partecipò a diverse operazioni contro soldati tedeschi. (per
gentile concessione del sig. Santino Gallorini, iscritto al gruppo FB "
Quelli che non dimenticano la strage dei militari italiani a Cefalonia)
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Soldato
Breglio Salvatore
"Sono
il figlio del reduce Salvatore Breglio di Napoli.
Purtroppo
mi preme di comunicare che mio padre è finito la scorsa
notte.
Un altro dei
reduci raggiunge i commilitoni della divisione alla casa
del Padre."
Con queste parole il figlio Giovanni ci ha mandato questa triste
notizia. Per quanto ne sappiamo, Salvatore, era l'ultimo reduce vivente
della Acqui di Napoli e di tutta la Campania.
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Fante Aldino
Tosini
Ci ha lasciati il fante Aldino Tosini di Parma.
Ad Aldino era stata riconsegnata la sua gavetta che lo aveva
accompagnato a Cefalonia, ritrovata da un certo Stefano Vlachos che
abita a Lassi
in un magazzino rurale appartenente a suo suocero, nei pressi di Argostoli.
Questa commovente
vicenda ha avuto un lieto fine, grazie al nobile gesto di
Stefano Vlachos, titolare del ritrovamento della gavetta, e delle
persone coinvolte.
Aldino
ha potuto così vivere un intensa emozione e tornare in
possesso
di un oggetto che aveva condiviso la sua esperienza nell'isola di
Cefalonia.
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Artigliere Cesare Piantella
Il 7 marzo u.s. è
venuto a mancare l'artigliere Cesare Piantella.
Nato a Fontaniva (PD) il 07- 11-1923, Cesare si salvò
dall’eccidio della Divisione Acqui a Cefalonia e
Corfù nel settembre 1943.
Artigliere del reparto Comando del 33° reggimento Artiglieria
della Divisione Acqui, il suo
comandante era Angelo Longoni.
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Soldato Giuseppe
Barbieri
È
mancato Giuseppe Barbieri, scampato all'eccidio della divisione Acqui.
TORBOLE.
L'alpino Giuseppe
Barbieri è "andato avanti". Ed è una grave
perdita non
solo per la comunità di Torbole ma per tutto l'Alto Garda.
Classe 1920,
Barbieri era
uno degli ultimi superstiti della gloriosa divisione Acqui, i cui
reparti (varie migliaia di militari) dopo 1'8 settembre 1943 vennero
trucidati dall'esercito tedesco sulle isole greche di Cefalonia e
Corfù. I pochi sopravvissuti vennero inviati in campi di
concentramento in Germania ed in Russia. Quest'ultima infelice
destinazione toccò a Giuseppe Barbieri il quale, alla
conclusione del secondo conflitto mondiale e dopo svariate
peripezie, riuscì a ritornare al paese natale.
L'alpino
torbolano
apparteneva alla sempre più sparuta schiera di reduci
dell'immane guerra nella quale venne coinvolto ancora non ventenne. I
cinque duri anni in "grigioverde" rimasero un triste ricordo,
indelebile, per il
torbolano
come lo furono per i numerosi commilitoni ed amici scomparsi
tragicamente sulle isole greche e per quelli morti nei precedenti
fronti di guerra.
A distanza di
decenni e malgrado l'età non giovanile, Barbieri rammentava
con straordinaria lucidità i drammatici eventi
accompagnati dalla constatazione che non dovessero più
accadere,
auspicando con determinazione un futuro di pace generale. Concluso il
periodo bellico lavorò come dipendente della
Società
Atesina, l'attuale TrentinoTrasporti, e fino alla pensione
guidò
le corriere di linea della zona.
da: http:/
/www.giornaletrentino.it/cronaca/alto-garda-e-ledro/torbole-dice-addio-al-suo-re...
29/03/2019 |
Artigliere
Antonio Patelli
Il 1° settembre è mancato l'artigliere PATELLI
ANTONIO
- di Chiuduno (Bg) - nato il 12 settembre 1919 - Chiamato alle armi
è aggregato al 33° reggimento artiglieria Divisione
"Acqui".
Dopo l'8 settembre fu catturato e trasferito in un campo di
concentramento in Germania da cui fece ritorno in Patria nell'ottobre
del 1945. Gli anni tristi e tormentati della guerra erano finiti;
Antonio si dedicò al lavoro di contadino e con la
moglie
Pasquina formò una bella famiglia con tre figli, con la
quale
condivise i suoi Ricordi.
Nel gennaio
2016 gli fu
consegnata la Medaglia della Liberazione, ma per motivi di salute venne
ritirata con grande emozione il figlio Franco. (Daniella Ghilardini)
|
Fante Oreste
Gentilini
É
da pochi giorni che abbiamo ricevuta la notizia della dipartita del
reduce trentino Oreste Gentilini.
Oreste era
nato a Pradaia, frazione Torra (tn) il 30 settembre 1919. A Cefalona,
Gentilini era stato
catturato e portato alla fucilazione ma ha avuto la fortuna di rimanere
sotto
la catasta di morti, fortunatamente indenne, ed è stato
capace di districarsi
tra i corpi e chiedere aiuto. Così lo hanno tirato fuori e
portato con un carro
all'ospedale militare dove ha scoperto di non avere nemmeno un graffio.
Ma non
era finita, anzi. La rappresaglia nazista continuava e a salvare Oreste
e altri
soldati originari di Trento e Trieste è stata la circostanza
che loro ormai,
con la nascita dell'Alpenvorland, erano “diventati”
tedeschi. Alla fine i pochi
italiani risparmiati sono finiti nelle mani dei partigiani comunisti
che
operavano in montagna, dove Gentilini ha fatto il servitore e lo
stalliere
soffrendo la fame ma almeno salvando la vita. Nel 1945 la prigionia
è finita
con l'arrivo degli Alleati e dal Pireo, dove era stato portato,
finalmente ha
potuto salpare per l'Italia con una nave francese. Sbarcato in Puglia
(a
Brindisi) è arrivato con treni di fortuna fino a Bologna e
poi con un pullman a
Trento e a Torra.
|
Fante Umberto Ferro
Purtroppo
ci ha lasciati anche il fante Umberto Ferro. Umberto era nato nel
1921 e aveva fatto parte e combattuto
con il 17° reggimento fanteria Divisione Acqui.
Le vicende del
reparto dell'esercito italiano che, in seguito
all'armistizio dell'8 settembre 1943, fu in parte annientato ed in
parte
imprigionato dalle truppe tedesche della Wehrmacht, sono state
rievocate
durante l'inaugurazione dei 23 pannelli da Umberto Ferro, 96 anni, ex
combattente del 17° Reggimento Fanteria della
«Acqui». Ferro, originario di
Roverchiara, oggi è ospitato alla casa di riposo di Bovolone
ed è uno degli
ultimi 80 superstiti ancora in vita della Divisione Acqui.
«Dopo essere stati
catturati dai tedeschi», ha ricordato commosso l'anziano,
«con altri
sopravvissuti alle fucilazioni sono stato imprigionato in un campo di
concentramento in Jugoslavia. Eravamo ridotti a cibarci con l'erba
visto che il
rancio era inconsistente». «L'eccidio in cui
perirono, per mano di truppe
regolari tedesche, migliaia di soldati della Acqui», ha
rimarcato Claudio Toninel, vicepresidente
nazionale e presidente provinciale del sodalizio,
«è considerato il primo
episodio di resistenza ai nazifascisti, da parte dell'esercito
italiano, fuori
dai confini nazionali».
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Fante Antonio Beltrame
È
morto Antonio Beltrame, l'ultimo padovano superstite della Divisione
Acqui a Cefalonia dove, dopo 1'8 settembre 1943, furono trucidati dai
tedeschi della Wermarcht, molti soldati italiani, guidati dal comandante
Antonio
Gandin.Ai
funerali erano presenti l'Associazione Nazionale Divisione Acqui
con il socio Luciano Alberti che ha portato il labaro della
Sezione
Padova-Venezia e l'Associazione Nazionale Ex Internati con i suoi rappresentanti.
La sua vita
è ricordata sia nel libro-intervista,
effettuata dalla
cognata Mirella Paolin Monti, "il Profumo del Caprifoglio" e sia negli
atti di un convegno, tenutosi in città nel 2013.
Antonio era
legato da
sempre alla Associazione Acqui della quale condivideva ogni inziativa
partecipandovi quando poteva. Una vita dedicata, oltre alla sua
famiglia, alla memoria dei commilitoni che dall'isola di Cefalonia non
sono mai tornati. Antonio Beltrame faceva parte del 317°
reggimento
fanteria.
|
Fante
Dino Trigari
Trigari
Dino era nato a Bologna il 4 febbraio 1922. Faceva parte del
18°
reggimento fanteria ed era di stanza nell'Isola di Corfù,
nella
parte sud occidentale nel villaggio di San Giorgio.
Mi raccontava
che aveva
vissuti, in quei frangenti, periodi di tranquillità e
ricordava
divertito, chge con i compagni erano riusciti persino a fare i
tortellini. Dopo l'8 settembre, con la sconfitta contro i tedeschi e la
capitolazione del presidio Italiano, fu fatto prigioniero dai tedeschi.
L'allegria dei tortellini si era trasformata in tristezza quando mi
disse di aver assistito all'uccisione, a sangue freddo, di un tenente e
un capitano. Dopo mesi, durante la prigionia in Germania, vide due
soldati polacchi che avevano trovato a terra una scatoletta di alici
vuota. Dal momento che la stessa era appena stata gettata, i due ne
leccavano l'olio che la imbrattava; scoperti dalla guardia tedesca, per
quella
colpa, furono freddati da una raffica di mitra. OP
|
Faceva parte
del 317° Reggimento Fanteria Divisione "Acqui"
|
"Siete stati tutta la mia vita" e noi, finché lui ha potuto,
abbiamo avuto la gioia della sua compagnia. Ha raggiunto la sua
amatissima Carla il nostro caro papà
Geniere
Ido Bressan
Il 20 maggio u.s. è
venuto a mancare il geniere Ido Bressan.
Faceva parte
della
33ª compagnia del Genio TRT inquadrato nella divisione Acqui.
Divisione gloriosa ma anche protagonista di una pagina tragica.
Infatti, la sua scelta collettiva di non arrendersi ai tedeschi dopo
l'armistizio del'8 settembre costituì una delle prime pagine
della resistenza. La divisione Aqui, che occupava l'isola greca di
Cefalonia, resistette ai tedeschi per poi, dopo giorni di battaglia,
soccombere. Ido Bressan era tra i pochi sopravvissuti di quella pagina
di storia d'Italia.
|
Sergente
Rosario Tiberi
“Sono
già morto tre volte, ma se sono ancora vivo evidentemente
l’ha voluto Dio”. É questa la frase che
ha racchiuso la vita di Rosario Tiberi, nato il 24 mano 1923,
proprietario delle strutture dove ci sono il bar-
pasticceria
Fieni, la
tabaccheria e l’hotel “La Spiaggia” di
Focene. Questa
mattina lo stesso Dio che l’ha voluto lasciare sulla terra
per
essere da insegnamento a chiunque avrebbe avuto la fortuna di
conoscerlo ha deciso di chiamarlo accanto a lui.
A 95 anni era
ancora il punto di
riferimento per tutti, moglie, figlie, nipoti. E gli abitanti della
località possono essere orgogliosi di avere avuto come
concittadino un pezzo di storia, un valoroso uomo che ha combattuto per
la patria. Un reduce dall’eccidio di Cefalonla. E proprio per
questo è stato ricevuto al Quirinale dall’allora
Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 27 gennaio 2012
(nella foto). A Rosario gli è stato dato il titolo onorifico
di
Sergente della Marina Militare. “Tutto iniziò nel
gennaio
del 1943 – ci ha raccontato in una intervista qualche anno fa
ancora visibilmente commosso − quando arrivai a La Spezia.
Era
l’6 gennaio. Dopo tre giorni mi vestirono e successivamente
mi
mandarono sull’incrociatore Bolzano che era stato affondato.
Avevo il compito di rimetterlo in piedi insieme con altri militari.
Durante quei venti giorni ho riportato anche una ferita alla mano a
causa dell’esplosione di un fusto di gasolio che mi prese in
pieno”. Nel marzo del 1943 venne formata la batterla 152/40 e
Rosario ne fece parte. “Non conoscevamo la nostra
destinazione – ricordava Rosario – abbiamo toccato
diverse
località a bordo di una tradotta.
Partiti da
Bologna siamo arrivati a Lubiana (Slovenia), poi a Mestre che si
presentava come una città aperta e luminosa. Il nostro viaggio
interminabile ci portò anche in Ungheria, Bulgaria, e
Romania prima di approdare in Grecia.
La prima
tappa fu il Pireo e successivamente Atene, ma non siamo stati accettati
e cosi alla fine siamo arrivati a Patrasso. Eravamo 70
marinai e da lì con un’imbarcazione arrivammo a
Cefalonia”. Dopo qualche mese di servizio militare senza
particolari criticità, ecco Il fatidico 8 settembre.
“Alle
quatto del mattino – raccontava Rosario – ho
smontato di
guardia insieme al tedeschi, alle nove eravamo diventati nemici . Il
Generale Candini e il Colonnello Mastrangelo cercarono di trattare per
una resa condizionata”. Alla fine l’accordo venne
trovato,
nessuno poteva più uscire dall’isola né
entrare.
“Ero al terzo cannone come puntatore della batterla 152/40
– ricorda Rosario – All’Improvviso due
zattere
tedesche entrarono nel porto, rompendo cosi l’accordo. A quel
punto lo e gli altri due cannonieri abbiamo aperto il fuoco e le
zattere sono affondate. Da lì è scoppiata la
guerra tra
la nostra Divisione Acqui e i tedeschi, tanto che il cielo di Cefalonia
era pieno di aerei e noi potevamo attaccare solo di notte”. I
tedeschi poi paracadutarono dal cielo una divisione di alpini
provenienti da Stalingrado che avevano 48 ore di carta bianca. Ogni
reparto Italiano che dichiarava la resa venne fucilato. “La
mia
batteria fu l’ultima ad arrendersi – ci ha detto
con gli
occhi lucidi Rosario – Eravamo rimasti in 24. Ci fecero
prigionieri e ci dissero che loro erano russi e duri, poi ci
Inquadrarono in file di tre e aprirono il fuoco. Morirono tutti, tranne
io e il sergente Neri che cademmo in mare”. Dopo 20 giorni
però ci fu un rastrellamento nel quale i tedeschi
catturarono
400 militari Italiani, tra cui il cannoniere Rosario Tiberi.
“Non
c’era più scampo – diceva Rosario
– ormai la
morte era certa. Avevano una lista con i nostri nomi, ci chiamavano uno
ad uno per caricarci su un furgoncino diretto a Punta Sain Teodoro dove
avveniva la fucilazione.
Arrivò
iI mio
momento, ma quando ero sul punto di salire a bordo del mezzo dal cielo
arrivarono degli aerei inglesi che iniziarono a bombardare. Cosi
riuscii a tornare libero”. La mano di Dio ancora una volta ha
accarezzato Rosario che subito dopo incontrò il capitano
Apollonio. “Mi fece passare per triestino – spiegava
Rosario
− dato che Hitler aveva deciso di graziare chi proveniva da
quella parte d’Italia. Mi fece restare nella caserma di
Mussolini
per 20 giorni, fino a quando i tedeschi decisero di imbarcarci su un
grande peschereccio per portarci a destinazione dato che eravamo stati
graziati. Pioveva a dirotto quella sera e eravamo pronti per
l’imbarco. Ad un tratto Il soldato tedesco tagliò
la fila
davanti a me, lo mi ribellai cosi per tutta risposta rimediai una
brutta ferita in testa. Volevo andarmene da lì. Eppure
restare a
terra fu una fortuna perché a mezzanotte
quell’imbarcazione è stata fatta affondare e gli
oltre
2000 militari sono morti. E io per la terza volta ho evitato la
morte”. Rosario in Grecia ha contratto anche la tubercolosi
renale che ha avuto un picco massimo al rientro In Italia quando era a
casa in licenza. Per questo non ritornò alla base e fu
dichiarato disertore. Solo dopo varie visite nella caserma di viale
Giulio Cesare a Roma si accorsero che era da operare
d’urgenza,
tanto che gli fu estratto un rene. “Proprio cosi –
ci ha
confidato Rosario- da allora vivo con un solo rene. A Cefalonia furono
fucilati 6mila soldati e affogati altri 3mila, ma Rosario è
riuscito a tornare a casa con la sua forza e il volere di Dio. Questa
mattina Rosario però si è arreso e
c’è un
profondo dolore in tutta la comunità che è vicina
al
dolore dei suoi. “È stato un patrimonio per
Focene, per
tutto il comune di Fiumicino per tutta Italia – dicono i
membri
del Nuovo Comitato Cittadino – in questo momento ci
stringiamo al
dolore del nipote Emiliano e di tutta la sua famiglia”. (da www.qfiumicino cronache) |
Fante Marino Besutti
MANTOVA.
Marino Besutti, uno dei pochi superstiti dell’eccidio di
Cefalonia, si è spento il 1 marzo a 95 anni. Reduce della
divisione Acqui, visse in prima persona la rappresaglia nazista nei
confronti delle truppe italiane di stanza nell’isola greca
dopo
l’8 settembre. Tra le onorificenze ricevute, la Medaglia
della
Liberazione del ministero della Difesa consegnatagli nel 2015 durante
la cerimonia degli auguri natalizi in Prefettura.
Besutti era
molto
noto in
città. Per cinquant’anni ha gestito la prima
stazione di
servizio di piazzale Gramsci, vestendo i panni del benzinaio di fiducia
di molti mantovani. Lo scorso 8 settembre aveva festeggiato i 72 anni
di matrimonio con la compagna di sempre, Cesarina. I funerali hanno
avuto luogo il 3 marzo alle 10.25 con partenza dalla casa funeraria di
Mantova a Levata per il crematorio di Mantova. |
LEGGIO
SUPERIORE il 30 ottobre 2016 è mancato il fante
Cesare
Fustini, reduce dei fatti di Cefalonia. Uno degli ultimi superstiti di
quella vicenda, era ospite della Casa di Riposo di Santa Croce.
Classe 1922,
inquadrato nel
317° Reggimento fanteria del I battaglione, alla fine dell'
aprile
1943 Fustini era sull'isola di Cefalonia, di guardia alla baia di
Mirtos: il 9 settembre da Argostoli arriva l'ordine di rientrare al
comando militare, poi i militari italiani prendono posizione a Ponte
Chimonico, in montagna. L'ordine è quello non di difendersi
ma
di attaccare preventivamente: tutto inutile, perché i
tedeschi
hanno il sopravvento e fanno prigionieri gli italiani. Inizia
così l'odissea del soldato Cesare Fustini, che riesce a
salvarsi
solo perché sa il tedesco, facendo il barbiere e il
panettiere.
Qualche tempo
dopo
fugge da Arta
dandosi alla macchia: l'arrivo degli americani permette a Cesare di
imbarcarsi per tornare nel suo paese natale. (g.ri.)
|
Rag. Fiorenzo Riva
SI
è spento a Cremona il 5 gennaio scorso a 70 anni di
età il revisore del
conto nazionale effettivo dell'Associazione rag. Fiorenzo Riva. Il
ricordo
della sua figura non è solo formale
perché egli era veramente come
sopravvive nel ricordo dei suoi amici: disponibile sempre, si prodigava
in
quanto gli veniva richiesto, sulle labbra sempre un accenno di sorriso,
aperto
a tutti, amante della compagnia e della conversazione, ma nello stesso
tempo
capace di riflessioni profonde, generoso e cordiale, con qualche
puntigliosità
solo quando pretendeva il rispetto delle persone e delle regole. Era,
insomma,
una persona perbene d'altri tempi. E appunto con questo suo spirito di
disponibilità aveva accolto l'invito ad accollarsi il
compito di revisore del
conto della nostra Associazione, chiedendo però di esserne
anche socio: così
ogni anno versava la sua quota aggiungendo un piccolo contributo alla
sua
sezione. Per la sua dedizione all'Associzione gli siamo grati e come
amici lo
porteremo nel cuore. (Giovanni Scotti)
|
Artigliere Giovanni Grassi
BERGAMO,
04 GENNAIO 2018
Questa
mattina ci ha lasciati il Caporal Maggiore GIOVANNI GRASSI, anno 1920,
del 3° Raggruppamento Artiglieria di Corpo d’Armata,
7°
Gruppo Cannoni da 105/28 R.V.M. (Reparto Munizioni e Viveri), compito
ingrato, diceva sempre, in quanto bisognava sempre essere presenti e
pronti con il proprio camion a portare viveri e munizioni
anche nella
furia della battaglia.
E’
sempre
difficile salutare una persona speciale ed in particolare un Amico.
Ho ereditato
l’amicizia di
Giovanni dalla mia famiglia, dallo zio Padre Luigi Ghilardini
e dal papà. Una eredità che
è diventata
preziosa in questi ultimi anni, abbiamo scoperto un’intesa
ricca
di motivazioni, di tanti discorsi ed opinioni, che ci han
visto
lavorare insieme per dare voce ai Ricordi e Memorie di quanti hanno
vissuto i tragici eventi della guerra nelle isole di
Cefalonia e
Corfù.
Giovanni ha
mantenuto nel modo
più profondo quel giuramento che con i suoi commilitoni
hanno
fatto quando sono tornati in Patria: “Mai dimenticare
né
tradire il sacrificio ed il sangue dei nostri fratelli”.
Quelle pagine
dalla
nostra
Storia le ha raccontate e testimoniate in tante occasioni: comizi,
commemorazioni e nelle scuole, dove si recava con entusiasmo e sapeva
coinvolgere e catturare l’attenzione
di tutti scolari, studenti e insegnanti. Parlava di come la guerra
imbruttisce l’uomo, di quanto male possa fare ad una persona
l’odio ed il disprezzo e di come l’istinto di
sopravvivenza
di fronte a tanto odio venisse meno al punto di desiderare la morte.
Nei momenti più tragici, il freddo, la fame e la sete si
potevano anche sopportare, ma era la paura a rendere insopportabile
vivere quei momenti. Nel racconto delle sue testimonianze mi
colpiva l’assenza di parole d’odio o
disprezzo, ma
bensì trovava sempre il modo migliore per sottolineare
quanto si
debba custodire la Pace, bene prezioso e fragile.
Ci ha
lasciato un
opuscolo con
scritte le sue Memorie, delle quali riporto una frase che scrive al
rientro in Patria nel novembre del 1944 su una nave inglese verso il
porto di Taranto:
“La
cerimonia per
accoglierci era predisposta, come ovvio, in perfetto stile militare.
Noi tutti schierati in coperta sull’attenti, il picchetto
militare di truppe alleate che, dall’alto del Castello
Aragonese
ci presentava le armi. Sull’altro lato del porto, la folla ci
salutava ed applaudiva. Mi sentii orgoglioso di appartenere alla
Gloriosa DIVISIONE DI FANTERIA DA MONTAGNA ACQUI”.
Quell’orgoglio
lo ha accompagnato per tutta le sua vita. (Daniella Ghilardini)
|
Fante Vincenzo
Sepe
A quasi un anno dal compimento
dei suoi cento anni a Fondi
(LT),
si
è
spento Vincenzo
Sepe uno degli ultimi reduci della Divisione Acqui. Il fante,
reduce e superstite dell’eccidio di Cefalonia e
Corfù,
il 10 Giugno
1943 raggiunse, il 18° Reggimento Fanteria Acqui,
reparto a cui era stato assegnato, nell’isola greca di
Corfù, dove, a
seguito dell’armistizio dell’8 Settembre, vi furono
violenti scontri a fuoco con le truppe tedesche. per il suo ultimo
viaggio sarà accompagnato da un Picchetto d'Onore
della
nuova Divisione Acqui che ha sede a San Giorgio a Cremano. (op pubb il 27/11/17)
|
Fante Giuseppe Licopoli
Giuseppe
Licopoli, uno degli ultimi reduci di Cefalonia, ci
ha lasciati. Promosso al grado di Caporale Maggiore del 317°
Fanteria, non ebbe
riconosciuto il grado perchè i documenti del Reparto
andarono smarriti. Qualche
anno fa, mi raccontò telefonicamente di come miracolosamente
ebbe salva la
vita.
Nato a San Martino di
Taurianova (RC) nel 1922, ha trascorso parte della sua vita a Torini e
ha sempre raccontato i momenti di guerra del
settembre 1943.
Propongo
questa foto, immaginandolo vicino ai suoi commilitoni che mai
dimenticò. R.i.p. (Giovanni
Quaranta)
pubb. 27/11/17
|
Fante Dino Cornali
Ci ha lascati uno degli ultimi reduci (quattro
sono tuttora
viventi) Cornali Dino appartenente al 17° Reggimento Fanteria
aveva 96 anni;
una polmonite ha stroncato la sua forte fibra. In allegato
l’articolo apparso
sulla Gazzetta di Parma di ieri. Ha dedicato molti anni della sua vita
avventurosa a raccontare nelle scuole del suo paese (Solignano) e
dintorni, le
vicende e la storia della Divisione”ACQUI”.
18/09/2017
Se vuoi leggere l'articolo clicca
qui. |
Artigliere Rino Mellarini
dalla
sezione di Trento e Bolzano ci comunicano della scomparsa del reduce
Rino Mellarini. Lo ricordiamo scrivendo un brano da una suua
testimonianza;
"Noi eravamo in 17,
occupati a caricare il camioncino. Apparvero due tedeschi e fu l'inferno: col mitra
spazzarono il piazzale finchè cademmo tutti. Io sotto altri
corpi.
Poi, sempre
con una
sventagliata di mitra, ci assestarono "il colpo di grazia".
I corpi dei
commilitoni mi
protessero ancora e fui solo ferito alla schiena.
Il peso dei
miei
compagni
morti, sopra di me, fece in modo che non morissi per l'emoraggia.
Anche per
questi
fatti il
militare fu in seguito riconosciuto dal Ministero della Difesa "partigiano combattente
all'estero". E ancora oggi riceve circa 30.000 lire mensili di
pensione, perchè
l'Italia ama ed
onora i suoi eroi e quel soldato ritornò a casa solo dopo un
anno dalla fine
della guerra, perchè
gli jugoslavi lo trattennero nel vicino Paese, quasi come preda di
guerra..." Rino
Mellarini (05.11.1920)
del 33° Reggimento artiglieria a Cefalonia.
pezzo tratto da l'Adige del 3 dicembre 2000 a firma di Renzo
Maria Grosselli. |
Soldato
Ettore Capelli
PIZZIGHETTONE:
Il borgo
murato dà l’addio, lunedì 6 marzo,
all’ultimo reduce di guerra in vita e con lui se ne va una
parte
importante della storia locale: di 93 anni il cavaliere Ettore Capelli.
Classe 1923, Ettore nasce a Milano in una famiglia di 8 fratelli e
viene arruolato con il grado di Fante Semplice, con destinazione
Fossano in Piemonte. Viene poi assegnato alla Divisione
Acqui 33
operante in Grecia e partecipa alla guerra nei Balcani, nei territori
albanesi, dove con la popolazione greca gli italiani instaurarono
rapporti positivi. Catturato dall'esercito tedesco il 10 settembre
1943, Ettore viene deportato, con i treni vagoni, ed internato nel
campo di concentramento di Dortmund (Germania) e, dopo circa sei mesi,
trasferito nel campo di prigionia di Wupperhall (Germania). (da
la Provincia di Cremona.it del 05/03/17)
|
Artigliere Luigi Mazzola
Nei
giorni scorsi è
venuto a mancare il cav. Luigi Mazzola a 96 anni compiuti.
Nel marzo del
1940
il distretto militare di Trento lo assegnò al 33°
Reggimento artiglieria della Divisione Acqui, successivamente a presidio della
fortezza vecchia a Corfù con una batteria da 20mm.
Stralcio
dell'articolo di Federica Passamani pubblicato su l'Adige il 20 gennaio
2013.
"Par
di vederla, la guerra, negli occhi azzurri di quest'uomo che
s'inumidiscono di lacrime al rinnovato ricordo, indelebile, dell'orrore passato.
"Spara! Adesso spara anche a me!" Sono le parole di una persona che non
poteva sopportare
più, stremata dalla fame, dalle pene e dalla lunga
prigionia, a
cui però era rimasta la dignità di
ribellarsi di
fronte all'ennesima scena di violenza che si era compiuta davanti a
lui.
Un ufficiale
tedesco delle SS aveva appena impugnato la sua pistola, uccidendo un
innocente bambino di 11 anni, reo semplicemente
di essersi mosso, e di fronte all'urlo soffocato del prigioniero
italiano che gli era accanto, si era girato e aveva puntato la pistola alla
testa di quest'ultimo, senza premere il grilletto.
Il
prigioniero
italiano era Luigi Mazzola e l'episodio uno dei tanti che riaffiorano
prepotenti alla sua memoria..."
Il rientro di
Luigi
a Trento
avvenne nell'estate del 1945. Di quel momento ha un ricordo ben
preciso: "Ho fatto a piedi tutto il pezzo fino in piazza Duomo, dove
abitava la mia famiglia, e quando sono arrivato, era mezzanotte,
suonavano le campane:
ho abbracciato il grande tiglio sotto la torre civica, guardando da
lontano la mia casa". Era finita.
Ciao caro
Luigi.
(a
cura di Franco Menapace) |
Fante Paolino Rizzotti
Dalla
sezione di Verona, il
presidente,
Claudio Toninel ci informa della scomparsa del reduce Paolino Rizzotti.
Rizzotti, che
faceva parte del
317° Reggimento Fanteria, era nato a Oppeano il 20 agosto 1922,
chiamato alle
armi nel 1942 fu inviato prima a Zante e poi a Cefalonia. Salvatosi
dall’eccidio venne fatto prigioniero dai tedeschi che lo
obbligarono a portare
in spalla le loro munizioni. Venne imbarcato su uno dei trasporti che
portavano
i nostri prigionieri nei campi di concentramento dell’Europo
orientale. Sbarcato
a Patrasso, fu caricato sui vagoni bestiame e portato in Polonia e
obbligato ai
lavori forzati.
La liberazione avverrà nella tarda
primavera del 1945. Abbiamo ripescato la sua storia nei nostri
archivi e potete leggerla cliccando
qui. (op) |
Fante Mario Bombardieri
Se ne è andato un
tassello della
nostra storia, l’ 8 gennaio u.s. ci ha lasciato Bombardieri
Mario. Nato a S.
Pellegrino (Bg) il 19/11/1923, assegnato alla Divisione Acqui e
precisamente al
317° nella compagnia mortai, portò sempre nel cuore
il ricordo di quei tragici
momenti.
E’
proprio per quei ricordi che si
impegnò per dedicare una piazzetta ai
suoi “Amici Caduti” e ci riuscì; infatti
l’8 settembre del 2009, alla presenza
delle autorità civili, militari e religiose venne
inaugurata una piazza nel comune di S. Pellegrino
titolata ai “MARTIRI DI CEFALONIA”. Li chiamava
sempre Amici i suoi commilitoni
che non avevano fatto ritorno a casa e quando li ricordava, i suoi
occhi si
riempivano di lacrime e le parole gli si fermavano in gola come un nodo
che non
riusciva a sciogliere.
Cosa possiamo
dire
a queste
persone che hanno dato così tanto alla Patria… io
credo che “GRAZIE” sia la
parola più eloquente, perché nasce dal cuore!!
(Daniella
Ghilardini)
|
Lunedì
20
febbraio 2017 è venuto a mancare un altro dei pochi
superstiti rimasti della della
Divisione Acqui.
Pietro Poli
era
nato a grezzana
(VR) il 4 marza 1921 e faceva parte del 33° reggimento
artiglieria, aggregato
alla 3ª batteria del 1° gruppo comandata dal cap.
Renzo Apollonio di stanza
nell’isola di Cefalonia e posizionata nei pressi della
città di Argostoli. Fu
parte attiva nei combattimenti contro i Tedeschi dopo l’8
settembre fino alla
caduta della sua batteria nei pressi del villaggio di Dilinata.
Tornò
a casa dopo una lunga
prigionia nei lager tedeschi e da allora, Pietro ha dedicato gran parte
della
sua vita nel ricordo dei compagni caduti nella battaglia di Cefalonia.
(op) |
Fante Bruno Beschi
Si è spento a
Castiglione delle Stiviere Bruno Beschi, reduce dell'eccidio di
Cefalonia. Nato
nel 1922, a Castiglione delle Stiviere Beschi era stato
insignito di una
medaglia dal sindaco Alessandro Novellini un anno fa.
In quell'occasione il primo cittadino
aveva ricordato l'impresa di Beschi che, all'epoca, aveva 21 anni.
«Bruno ha
avuto fortuna” - racconta la moglie Laurina - li avevano
portati nella valletta
per fucilarli, ma un cambio di programma improvviso fece sì
che dovettero
trasferirli in un campo di raccolta detto "la caserma di Mussolini".
La festa, con
la
moglie e i
famigliari, si era svolta alla Rsa San Pietro dove Bruno Beschi era
ospite. (da Gazzetta di Mantova del 23/12/2016) |
Artigliere
Luigi Benico
Il 27 gennaio 2017 un altro
nostro reduce ci ha lasciati.
«Mi
sono
salvato dallo sterminio della 33a Divisione di Fanteria
Acqui, il 22 settembre 1943», raccontava emozionato Luigi
Benico,
classe 1921, «perchè ero ammalato di febbre
malarica. Un
miracolo della Madonna», mormora,
«perchè altro non
so dire su questa fortunosa avventura che mi ha garantito di portare a
casa la pelle». Il reduce, nato a Lazise (VR) nel 1921,
risiedeva
a Colà, arruolatosi il 13 gennaio 1941 con destinazione
Tirana
in Albania. La nipote Sibilla ha ricevuto per lui il 25 Aprile, Festa
della Liberazione a 71 anni dalla fine della guerra, la medaglia della
Liberazione dal Ministero della Difesa sotto l'alto patrocinio del
Presidente della Repubblica per «l'impegno profuso a rischio
della vita, a difesa della libertà e indipendenza della
Repubblica e della Costituzione».
Luigi Benico,
essendo malato di malaria, era stato
trasferito all'ospedale di Santa Maura, successivamente in quello di
Patrasso e
poi infine ad Atene, infine in Slovenia. Successivamente, appena in
forze, in
una decina di prigionieri, sono stati trasferiti in un campo di
concentramento
in Austria. La notte dormivano nelle baracche e la mattina uscivano a
lavorare
nei campi. «Ricordo che era
gennaio del 1944, faceva un grande freddo»,
soggiunge, «e mi recavo al lavoro come potevo. Vidi una
crocerossina, anche lei
deportata, che mi sorrise. Quel sorriso mi accompagnò per
giorni. Non potevamo
parlare con nessuno pena la fucilazione. Ma l'amore smuove le
montagne»,
soggiunge Benico, «e Maria Naima mi contagiò.
Tentai il tutto per tutto. Ci
innamorammo, ci sposammo , dopo liberi, un anno dopo, sempre in
Austria. E
ritornai in Italia con lei l'8 agosto del 1946». (tratto da
L'arena.it
- 29/04/16 - Sergio Bazerla)
|
Marinaio Cosimo Durante
L’omaggio
dell’ANPI di Brindisi al combattente per La Liberazione,
Cosimo Durante, deceduto ieri 21 gennaio 2017.
Nella sua
città natale
,Brindisi, si è spento all’età di 94
anni Cosimo
Durante , uno degli ultimi testimoni viventi dell’eccidio di
Cefalonia, la tragedia per antonomasia del martirio subito ma anche
dell’eroismo dei soldati italiani, nei giorni seguenti
all’armistizio del 1943.
Di essa egli
ne
parlava
sommessamente a chi gli chiedeva di raccontare la sua esperienza, quasi
fosse, a 70 anni di distanza , ancora incredulo ad essere scampato ai
bombardamenti degli Stukas, alle fucilazioni di massa da parte della
Wehrmacht, l’esercito tedesco, dall’affondamento
della nave
che lo trasportava nei lager in Germania, ed ancora dagli stenti , le
privazioni, le umiliazioni subite in campo di prigionia.
Dalle sue
parole si
coglieva
tutto l’eroismo dei marinai della divisione Acqui e delle
altre
nostre Forze Armate che strenuamente per giorni cercarono di opporsi
allo sbarco dei tedeschi in quella isola greca. C’era
l’amarezza di quel mancato soccorso, da parte della Regia
Marina,
proprio con le navi di stanza a Brindisi, impedite dagli ordini
conseguenti agli accordi armistiziali con gli Alleati,
C’era
il
ricordo di quando
lui, marinaio della Guardia costiera di base ad Argostoli era stato
inviato con altri a difendere le batterie costiere che contrastavano i
mezzi navali tedeschi, e di come fosse sopravvissuto al lancio delle
bombe di quegli Stukas che per giorni martellarono le nostre difese.
Poi, dopo aspri combattimenti, la resa del presidio, ed infine il
massacro di tutti gli ufficiali e di tanti marinai.
Imbarcato su
una
carretta del
mare, stracarica di prigionieri, scampò al naufragio causato
da
una mina, mentre gli abissi ingoiavano decine e decine di suoi
commilitoni. Recuperato da una silurante tedesca veniva in seguito
inviato in Germania con un ponte aereo, e imprigionato in un lager.
Quando gli fu offerto di esser liberato in cambio del vestire la divisa
dell’esercito fascista della Repubblica di Salò,
lui,nonostante tutto ciò che aveva subito, diede la stessa
risposta che oltre 600.000 soldati italiani diedero ai loro carcerieri
con la croce uncinata: NO!
La sua vita
di
Internato
Militare, tra lavoro coatto e prigionia terminò finalmente
con
la resa della Germania nel 1945. Rientrato in Italia ,
contribuì
con il suo modesto ,ma pur importante lavoro, a metter su famiglia e a
ricostruire l’Italia devastata dalla guerra scatenata dalla
follia di Mussolini e dal regime fascista. (da Archivio storico B. Petrone) |
Fante Cornelio Betta
Il
18 dicembre 2016 è venuto a mancare il caro Amico Cornelio
Betta.
Faceva
parte del 317° reggimento fanteria e aveva dedicato la sua vita
al
ricordo dei Caduti di Cefalonia e Corfù. Era stato molti
anni
presidente della sezione Di Trento e Bolzano.
Prima
della sua dipartita aveva lasciato uno scritto per i giovani:
Testamento ai giovani
Perché
la Patria non dimentichi, perché i giovani ne traggano
insegnamento e diventino migliori e così rendano il mondo
più bello e pulito, perché chi educa insegni,
faccia
conoscere tanto eroismo, tanto sangue così generosamente
sparso
per mantenere la fedeltà ad un giuramento e rendere migliore
la
nostra Patria.
Chi
prepara i giovani alla vita
sappia infondere nel loro cuore generosità,
fedeltà,
coraggio di fare il bene, pronti così a superare le
difficoltà della vita,
ad amare la pace, a preparare una
generazione veramente migliore della nostra.
Questo
hanno insegnato con il
cruento sacrificio delle loro giovani vite i 'Martiri' della Divisione
Acqui caduti a Cefalonia, a Corfù e nelle isole
lonie.
Cornelio
Betta.
|
Artigliere Francescantonio Pappa
la
nave
oggi è veramente naufragata.. Con queste
significative parole il Superstite Francescantonio Pappa ,classe 1922
ci ha
lasciato. Apparteneva al 33° Reggimento artiglieria "Acqui" a
Corfù.
Si salvò dal naufragio della motonave "Rosselli" nelle acque
al largo
di Corfù. La sezione di Milano-Monza Brianza è
particolarmente vicina ai
familiari. Lunedi 31 ottobre sarà presente alle Esequie con
il labaro e alcuni
associati. Avevamo il mese scorso realizzato con lui un'intervista dove
Francescantonio raccontava con lucidità gli eventi tragici
trascorsi non solo
nell'isola di Corfù ma ancor di più nel lungo
periodo della prigionia.
|
Fante Massimiliano Turri
Davanti
al monumento nazionale della Divisione Acqui, in
circonvallazione Oriani, si presentava ogni anno per la cerimonia dedicata ai
caduti a Cefalonia e Corfù.
Ma quest'anno
non
ci sarà Massimiliano Turri, morto a 93 anni, giovane
militare del 317m o Fanteria nel 1943, e ultimo reduce in
città della Divisione
Acqui.
Il funerale
è stato celebrato nella chiesa parrocchiale Maria
Immacolata, in via San Marco, in Borgo Milano. Con il figlio Ugo Turri
c’era il
veronese Claudio Toninel, vicepresidente dell'associazione nazionale
Divisione
Acqui con il labaro del gruppo.
«Turri
era sempre presente alle cerimonie», ha spiegato Toninel,
nipote del reduce di Cefalonia Mario Toninel, «speravo di
averlo tra noi anche
quest'anno: celebreremo l'anniversario il 23 settembre. Ci
mancherà». Secondo l'elenco dei reduci
viventi compilato dall'associazione nazionale,
Turri era l'unico residente a Verona. In provincia rimangono otto suoi
compagni
testimoni dell'eccidio della Divisione, perpetrato tra il 15 e il 26
settembre
del 1943, quando migliaia di ufficiali e soldati italiani
«intrappolati» dopo
l'Armistizio a Cefalonia e Corfù furono trucidati dai
tedeschi per non aver
voluto arrendersi né consegnare le armi all'ex alleato
nazista.
Classe 1922,
Turri
era a Cefalonia. Scampò al massacro, ma finì in
prigionia. Dalla Grecia, in treno, passò per la Russia e
finì in Germania, dove
fu liberato dagli inglesi a guerra finita. «Tornò
in Italia in treno», racconta
il figlio Ugo.
«Conosceva il macchinista, amico di suo padre, che lo
lasciò dove
passava la linea ferroviaria vicino a San Massimo». Di quei giorni,
partendo dal servizio militare, Turri ha scritto le
sue memorie. Terminata la guerra riprese la sua vita. Sposò Bruna
Pasetto dalla quale ebbe il figlio Ugo. «Non
usciva più di casa ultimamente, ma ogni anno era presente
alla cerimonia al
monumento», conclude Ugo. «Però c'era
chi veniva a trovarlo. Alcuni anni fa
alcuni militari gli chiesero di raccontargli la sua storia a Cefalonia.
Quella
testimonianza, tra le molte altre, sarebbe servita per incriminare un
comandante nazista. E così fu».
L'eccidio dei
soldati veronesi e italiani è ricordato dal monumento
nazionale in circonvallazione Oriani eretto nel 1966 a Verona, per
l'alto
prezzo pagato dalla città a Cefalonia e a Corfù,
e inaugurato da Aldo Moro
allora presidente del Consiglio.
Oggi oltre al
vice
Toninel, Verona è presente nell'associazione
nazionale con la segretaria Luisa Cassandri vedova di Guido Caleffi,
anch'egli
reduce a Cefalonia e per anni presidente dell'Anda.
(Maria
Vittoria
Adani•l’Arena 4/8/16)
|
Aveva
poco più di vent’anni quando, nel settembre del
1943, vide
moltissimi suoi compagni morire per mano dei tedeschi: Armando
Crivellaro, nato a Veronella il 28 giugno 1923, era un reduce e
superstite della Divisione Acqui, di stanza a Cefalonia, in Grecia, con
il 317° Reggimento Fanteria, vittima della ferocia nazista
nelle
ionie di Cefalonia e Corfù dopo l’armistizio
dell’8
settembre dello stesso anno.
Crivellaro è deceduto pochi giorni fa e gli è
stato dato l’ultimo saluto nella chiesa di Cologna Veneta,
paese dove viveva, in via Dante Alighieri 101/A.
Riuscì miracolosamente a salvarsi e, dopo varie peripezia,
raggiunse la costa italiana nella Puglia, ormai liberata e occupata
dalle truppe alleate. Fu arruolato nei contingenti alleati e
partecipò alla guerra di liberazione, percorendo tutta la
penisola fino al Nord Italia, dove, a conclusione del conflitto,
ritornò a casa per riabbracciare i genitori. Ai funerali era
presente il labaro dell'Associazione
nazionale Divisione'Acqui, sèzione di Verona, alla
quale
Armando era iscritto, portato dal presdente di sezione e vice
presidente nazionale Claudio Toninel, che ha
pronunciato
pronuncerà un breve saluto commemorativo.
Armando era
sempre presente alla·commemorazione ufficiale dell'Eccidio
della
DvisioneAcqùi, che ogni anno si celebra a Verona, in
settembre,
al monumento nazionale dedicato all'Acqui in circonvallazione Oriani.
Lo scorso anno il sottosegretario alla Difesa Domenico Rossi, in
rappresentanza dal governo e del ministero della difesa, gli aveva
conferito la medaglia della Liberazione e il Diploma d'onore
risèrvato ai combattenti del secòndo conflitto
mondiale
che hanno partecipato avario titolo alla guerra di
liberazione.
(...)
(da larena.it/territori/valpolicella/sant-ambrogio)
|
Avvocato
Mario Lorenzetti
Caro Mario,
Ti ricordi
di quel giorno che ci hanno presentato? Accompagnavo Mario Pasquali ad
una
riunione del Consiglio Direttivo Nazionale che si teneva a Bologna. Non
pensavo
che da quella stretta di mano nascesse una importante amicizia. Mi ha
colpito
in te il grande interesse per i problemi dell’Associazione.
Ho iniziato
veramente a conoscerti durante i viaggi che abbiamo fatto insieme a
Corfù; ho
apprezzato la tua grande cultura e ho avuto la conferma della tua
enorme
passione per la Divisione Acqui per il modo con cui mi raccontavi e mi
spiegavi
i fatti accaduti su queste isole.Anch’io che
fino allora avevo una scarsa conoscenza, ho cominciato ad
appassionarmi; alle
mie domande avevi sempre delle risposte pronte ed esaustive, talmente
esaustive
che il mio coinvolgimento era sempre maggiore a tal punto che anche
dopo aver
cenato, ci trovavamo in camera tua (dove potevi fumare). Parlavamo
anche della
mia e della tua vita e, anche sotto questo aspetto, i tuoi consigli
erano
preziosi come dati da un fratello maggiore.
Da questi
viaggi tornavamo sempre più soddisfatti a tal punto che ogni
qualvolta ci
telefonavamo, pensavamo a nuovi progetti. Realizzarli, voleva
dire rinforzare i legami
di amicizia ed unione con le isole che avevano visto morire i nostri
soldati.
Quando ti ho
parlato del la mia idea di gemellaggio
fra il Comune di Parma ed il Comune di Corfù e che avrei
presentato in Consiglio Comunale, trovai
in te un vero amico prodigo di consigli sul come affrontare la
burocrazia a me per lo più sconosciuta.
I tuoi
consigli furono e saranno per me sempre molto importanti anche per lo
sviluppo
dei nostri progetti realizzati e per quelli futuri per cui tu
continuerai ad
aiutarmi.
Posso infine
dire che sei stato per me un Mentore, un vero amico e uno fra gli amici
che non
dimenticherò mai.
Cercherò nel
limite delle mia possibilità di portare a termine quanto hai
detto con tanto
fervore al termine della cena di gala quella sera a Corfù;
un discorso, poche
parole ma tonanti come solo tu potevi esprimere. Quelle parole sono
state per
me un incitamento a portare avanti quanto programmato.
Grazie
Mario
Fabrizio Prada
L’associazione
Nazionale Divisione
Acqui ha subito un’altra importante perdita:
l’avvocato Mario Lorenzetti ci ha
lasciato la notte del 15 giugno.
Mario era
Vicepresidente della
Sezione di Firenze, ma era anche il marito della nostra presidente
nazionale
Graziella Bettini, alla quale, a nome di tutti, la redazione rivolge le
più
sentite condoglianze ed un profondo pensiero solidale. Tipo vispo e
molto
acuto, Mario è stato una importante colonna per la crescita
della nostra
Associazione. Ha sposato la causa
dell’”Acqui” con la stessa passione di
sua
moglie Graziella, e ha lavorato per essa con grande profitto e sempre
prodigo
di consigli verso tutti
Non
è facile trovare le parole per
definire questa nobilissima persona che, pur avendo un carattere
deciso, era
sempre disponibile al dialogo e alla mediazione per la risoluzione
delle varie
problematiche logistiche e legali
dell’associazione. Dire
che ci mancherà è una cosa superflua, lascia un
grande vuoto che difficilmente
potrà essere colmato. Ci mancheranno le sue prese di
posizione, ci mancheranno
i suoi commenti e ci mancherà il suo supporto per i contatti
con le
amministrazioni. Proprio perché ci mancheranno di lui tutte
queste cose,
dovremo fin da ora dedicare un po’ più di impegno
per far sì che le cose che lui
ha contribuito a far iniziare abbiano un termine; dovremo fare il
possibile
affinchè l’Associazione vada avanti,
così come lui avrebbe voluto, dovremo
essere vicini alla nostra presidente per darle un po’ di
quella forza che Mario
le dava. Ti saluto mitico Mario, così come ti salutano tutti
i componenti
dell’Associazione Acqui che anche tu hai contribuito a
rendere così grande. (op)
Giovedì
16 giugno
2016
Nel primo
mattino
mi giunge la notizia: è morto Mario.
È
stato sulla
breccia fino all’ultimo. Pur nella difficoltà ha
voluto partecipare al Viaggio:
è stato l’artefice dell’esperienza di
Corfù e anche a Cefalonia non ha
rinunciato a raccontare di vicende e luoghi.
Non voglio
essere
io a tracciare il ricordo di lui, come persona e come protagonista
della nostra
Associazione. È compito che lascio volentieri ad altra
penna. Preferisco
conservare per me il ricordo che mi porto dentro. Riferisco solo quella
che per
me è stata la sua ultima immagine nel Viaggio.
“La
saluto
avvocato Lorenzetti!” l’ho salutato con quel nostro
modo un po’ canzonatorio
che usavamo ad ogni incontro o congedo. E lui di rimando, seduto sul
taxi,
all’uscita del casello di Cesena, alzando in modo falsamente
minaccioso il
bastone di cui ultimamente era munito: “Eh! Arrivederci anche
a lei!”
Sì:
a rivederci,
Mario. (Giovanni
Scotti)
RICORDATEVI
IL
SUO VOLTO RIDENTE
IL VOLTO RIDENTE
DI MARIO
CHE
ANCORA VI GUARDA
DAL
FOCOLARE
OVE
ARDE
LA FIAMMA DEI GIUSTI
|
CON
VOI
EGLI
CAMMINA ORA
NELLA
LUNGA STRADA
DELLA
VOSTRA VITA
VI
GUIDA E SOCCORRE
QUANDO
IL PASSO E’ INCERTO
E LA VIA PESANTE.
|
Versi
adattati,
tratti da "Familiari dei Caduti e Dispersi Divisione Acqui.-Raduno
Nazionale Mantova 20 sett. 1987."
|
Soldato
Vincenzo Montefusco
Ci
ha lasciato Vincenzo Montefusco, classe 1922, Reduce di Cefalonia. (1° a sinistra nella
foto)
Appartenente
al 10° sussistenza Panettieri, di stanza a San Gerasimo, si
sottrae
all’Eccidio perché nascosto dalla fidanzata greca.
Resta
quindi latitante per tutto il periodo della occupazione tedesca di
Cefalonia, ma riesce a sposare la sua giovane salvatrice.
Il
matrimonio viene celebrato clandestinamente da Padre Ghilardini. Resta
a Cefalonia anche dopo la guerra per alcuni anni, e lì
nascono i
primi due figli.
Ritorna
quindi definitivamente a Napoli, sua città natale, dove
aumenta
anche la sua famiglia e dove serenamente ed improvvisamente si
è
spento. Lo ricordiamo sempre allegro e
scherzoso di carattere, e puntuale alle manifestazioni.
Nella
foto, (S.Giorgio a Cremano 25 novembre 2011), riceve dal Comandante
della Divisione Acqui, Gen. Div. Rosario Castellano, la medaglia della
nostra Associazione, in occasione del 150° Anniversario
dell’Unità d’Italia. (ANDA Sez. Campania e Lucania)
|
Tenente Ruggero Vailati
È
scomparso a
Cremona il 28 aprile il presidente
onorario di ANDA Cremona col. a.h. prof. Ruggero Vailati.
Classe 1915, nel
settembre 1943 era tenente aiutante del comandante
dell’artiglieria
reggimentale Col. Romagnoli, a cui era legato da profondo rispetto ed
amicizia
ed al fianco del quale ha seguito tutta la vicenda della trattativa e
delle
battaglie.
Sopravvissuto
fortuitamente alla fucilazione degli ufficiali, nei giorni successivi
alla resa
era stato ricoverato in ospedale militare per una seria malattia e
poi rimpatriato. Tornato nella natia Soresina era
diventato fiancheggiatore della resistenza locale.
Laureato in chimica
industriale, il prof. Vailati è stato per lunghi anni
insegnante e preside in vari
istituti superiori cremonesi e presidente dell’ordine di
chimici.
La sua esperienza
umana è rimasta, però, sempre legata al ricordo
del suo col. Romagnoli e dei
commilitoni perduti a Cefalonia. Durante
gli incontri con circoli culturali e scuole, quando parlava della
trattativa,
delle battaglie, delle fucilazioni, ne faceva lucidamente la cronaca,
sentendo
il dovere della testimonianza, ma sempre si commuoveva quando
ricordava il vilipendio delle salme degli
amici caduti.
“Vorrei che le mie
ceneri fossero là, insieme alle loro”, ripeteva ai
familiari negli ultimi
tempi.
Con lui si è spento l’ultimo dei
superstiti di Cefalonia e Corfù della provincia di Cremona.
(G.S.)
|
Soldato Giacomino Felli
Renata
Petroni, presidente della nostra sezione provinciale di Rieti, ci
informa della scomparsa del reduce Giacomino Felli. Giacomino era nato
il 14 febbraio 1922 e faceva parte del 33° Reggimento
Artiglieria.
A Torano, frazione di Borgo Rose, in provincia di Rieti, paese dove
abitava sentiranno la mancanza di questo simpatico "Nonnino" che
vediamo nella foto ricevere dal prefetto di Rieti la "Medaglia della
Liberazione". (op)
|
Carabiniere Guido Marchesini
Un
altro reduce se n'è andato aumentando irrimediabilmente il
vuoto
che i nostri "nonni" ci lasciano. Il rammarico di queste
perdite
deve comunque rinnovare in noi l'impegno per il ricordo,
poichè
la vita di queste persone e quanto da loro trasmesso non vada mai
perso. É infatti per le loro sofferenze subite durante la
guerra
e per il loro insegnamento dopo, che ora viviamo in libertà
e
democrazia.
Nel pomeriggio di martedì 5 Aprile si sono svolti a Ponte
Buggianese (PT) ile esequie del Reduce Guido Marchesini.
Alla triste cerimonia hanno partecipato Il Sindaco della cittadina e il
Comando dei Carabinieri di Ponte Buggianese con il picchetto
d'onore.Per la sezione di Milano- Monza Brianza erano presenti Ilario e
Wally Nadal con il Medagliere Nazionale.Hanno ricordato Guido come in
galantuomo d'altri tempi e un soldato esemplare.
La cara salma è stata accompagnata da tutti fino al Cimitero
Comunale dove è stato reso Onore alla Divisione "Acqui". (Ilario Nadal)
|
Soldato Leonardo Massaro
In memoria di Leonardo Massaro
E’
un ricordo affettuoso di grande umanità e saggezza quello
che
serberò per sempre di Leonardo Massaro, classe 1923 di
Cassano
delle Murge (Ba), la cui scomparsa il 23 marzo scorso assottiglia
ulteriormente il numero già esiguo dei superstiti ancora
viventi
dell’eccidio delle Divisione Acqui a Cefalonia,
Corfù e
nelle altre isole Ionie. Qualche anno fa andai a trovarlo per la prima
volta per intervistarlo quale sopravvissuto al massacro perpetrato da
reparti della Wehrmacht. Mi colpì subito non solo la sua
lucida
e particolareggiata memoria di quei fatti dolorosi, ma anche la
straordinaria mitezza di carattere probabilmente propria di chi ha
assistito a tanta crudeltà con la successiva consapevolezza
di essere fra i pochi fortunati scampati alla mattanza.
L’accoglienza
durante i
ripetuti incontri è stata sempre entusiasta e calorosa,
anche da
parte di sua moglie Lucia. Fiera di condividere da lungo tempo la
propria esistenza con una persona speciale, è lei stessa una
donna affabile piena di estro creativo e colorita giovialità.
Durante un
convegno, organizzato
presso il liceo scientifico di Cassano dalla neonata Fondazione
Albenzio-Patrino nell’ottobre del 2013, ebbi
l’opportunità di far conoscere ad una partecipe e
attenta
platea la sua vicenda straordinaria. Una lunga odissea iniziata con
l’arrivo a Cefalonia nell’agosto del 1943 come
soldato del
reparto Sussistenza aggregato alla Acqui, dopo un viaggio durato un
mese da Caserta attraverso l’Italia e i Balcani; la
fucilazione
dopo la cattura seguita alla battaglia del 15-22 settembre, dopo
l’armistizio (si salvò fingendosi morto); la
prigionia in
un campo di lavoro tedesco in Serbia; la liberazione da parte
dell’esercito russo e la successiva partecipazione alla lotta
di
liberazione balcanica nelle fila dei reparti partigiani al comando di
Tito (di cui ha conservato un attestato di benemerenza); finalmente,
dopo un lungo viaggio da una Trieste segnata dalla tragedia delle
foibe, attraversando l’Italia lungo il litorale adriatico,
l’agognato e insperato ritorno a casa.
Sia
dell’intero dramma
della Acqui, sia delle singole vicende dei suoi appartenenti, poco si
era saputo o voluto far sapere per decenni, per motivi di
“opportunità politiche internazionali”
legate alla
“guerra fredda”. Solo in tempi recenti si
è
finalmente fatta piena luce su quegli avvenimenti e, seppur
tardivamente, eroi “invisibili” come Leonardo,
grazie anche
alla loro longevità, hanno ricevuto l’attenzione
che
meritavano al pari delle migliaia dei loro commilitoni caduti, da parte
di studiosi e ricercatori e delle stesse istituzioni.
La
comunità cassanese e
la stessa amministrazione comunale gli avevano recentemente reso
omaggio con la consegna di una targa. Sono convinto che, grazie anche
al pregevole lavoro della Fondazione Albenzio-Patrino,
dell’Anpi
e dell’Ipsaic di Bari (diretto dal prof. Vito Antonio Leuzzi
che
realizzò alcuni anni fa con la testata giornalistica
regionale
pugliese della Rai l’importante documentario
“L’olocausto di Cefalonia”, contenente
una
testimonianza di Massaro), personaggi come il compianto Leonardo
continueranno a rappresentare un esempio per le nuove generazioni per
un impegno fattivo nella costruzione e nel mantenimento di un mondo di
pace e concordia fra i popoli, obiettivo oggi purtroppo fortemente
disatteso.
Personalmente,
con
il prezioso
aiuto di Lucia e dei figli Tonia e Franco, cercherò nel mio
piccolo di mantenere viva la memoria del carissimo Leonardo in tutte le
occasioni in cui mi sarà possibile far conoscere la sua
vicenda
storica e umana, anche al di fuori degli stretti confini del nostro
comune paese natio. (Vincenzo Sardone ricercatore
“Associazione Percorsi Storici” - Bologna)
(Troverete la testimonianza di Leonardo Massaro nella sezione "Storie") |
Autiere Giovanni Capanna
Lutto
nel comitato “Per
non dimenticare – Cefalonia 1943”
Scompare l’ultimo
reduce teramano dei fatti di Cefalonia
Già poliziotto e
autista del Prefetto di Teramo negli anni ‘70
Teramo.
Nel tardo pomeriggio di
oggi, 19 marzo, presso la casa di riposo De Benedictis di Teramo,
è scomparso
all’età di 92anni il reduce Giovanni
Capanna, l’ultimo militare della provincia di Teramo
testimone
vivente
degli atroci fatti di Cefalonia in Grecia nel 1943. Lascia la moglie
Maria
Giuseppina Cacchio, il figlio Enrico e il cognato Carlo Cacchio. I
funerali si sono tenuti lunedì mattina alle ore 10,30 nella
chiesa di San Berardo a Teramo.
Nato ad Arischia (frazione de
L’Aquila) il 1 agosto 1923, partito alla volta della Grecia
come autiere in
forza al 17° fanteria addestramento volontari
“Acqui”, nel 1941 parte per il fronte
greco-albanese per combattere a Himara, Vunci e Val Shushiza. Nel 1942,
al
termine della prima fase del conflitto, viene trasferito
sull’isola greca di
Cefalonia dove viene catturato dai tedeschi dopo la resa dell'8
settembre 1943
e coinvolto nei famosi e tragici fatti di Cefalonia. In particolar modo
ebbe
l’ingrato compito di fare la spola, insieme ad altri suoi
colleghi autieri, tra
i campi temporanei di prigionia e le fosse comuni dove furono trucidati
i
soldati italiani. Grazie all’aiuto dei partigiani greci
riuscì ad evadere ed
unirsi alle bande locali per cacciare l’invasore tedesco.
Successivamente alla
fine della guerra rientrò in patria con mezzi di fortuna,
arruolatosi in
Polizia, prestò servizio presso vari distaccamenti in alcune
località d’Italia,
fino ad andare in pensione a Teramo come autista personale del Prefetto
di
Teramo negli anni ’70, dove peraltro decise di vivere con la
sua famiglia.
Giovanni, il 25 aprile del 2007,
fu inviato ufficialmente come uno degli ultimi reduci viventi a
Cefalonia con
l’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,
primo festeggiamento
fuori dai confini nazionali, ed anche nel 2012 partecipò
ricevendo alcune
medaglie e diplomi ministeriali. Dal 2011, insieme al Comitato
“Per non
dimenticare – Cefalonia 1943”, costituito per
ricordare i militari italiani
morti a Cefalonia nel settembre del 1943, partecipava agli incontri
culturali
con le scolaresche del teramano, in particolar modo a Giulianova,
Mosciano
Sant’Angelo, Roseto degli Abruzzi ed altri plessi della
provincia.
In totale furono 6 i militari
teramani morti nella carneficina sotto il fuoco degli ex alleati
tedeschi: Giovanni Calvarese, Carabiniere del 7°
battaglione, nato a Giulianova il 2 giugno 1920 e fucilato il 23
settembre
1943; Luigi Di Filippo, Carabiniere della sezione mista, nato a
Mosciano l’11
settembre 1911 e fucilato il 14 settembre 1943; Antonio Piozzi,
Sottotenente del 17° fanteria Aqui, nato a Nereto
il 10 gennaio 1920 e fucilato il 24 settembre 1943; Emidio
D’Angelo, 33° artiglieria, nato a
Sant’Egidio alla
Vibrata
il 26 novembre 1922 e dichiarato disperso il 23 settembre 1943; Silvio
Martella, tenente del 33° artiglieria, nato a Silvi
il
26 agosto 1915 e fucilato il 22 settembre 1943; Marco Ciarroni,
33°
artiglieria, nato a Teramo il 10 agosto 1916 e
dichiarato disperso il 22 settembre 1943.
Per il Comitato “Per non
dimenticare – Cefalonia 1943” (Walter De Berardinis)
|
Soldato Orazio Cavallo
|
Fante Giovanni Nasciuti
Il
24
febbraio si è spento il nostro Reduce sig.
Nasciuti
Giovanni. Abbiamo ancora negli occhi il
suo viso sereno e l’espressione felice quando,
il 21 dicembre 2015, accompagnato dalla moglie, dal figlio e dalle
nipoti, ha
ricevuto dalle mani del prefetto di Bergamo la “Medaglia
della Liberazione”.
Chiamato
alle armi, fu assegnato al 16° reggimento fanteria e
successivamente al 101° fanteria di marcia. Il 4
luglio 1943
venne destinato al 317° fanteria
Acqui di stanza a Cefalonia.
Il
22
settembre 1943, fu catturato dai
tedeschi e deportato in un campo di concentramento in Russia. In
seguito, con
l’intervento dei militari russi, venne mandato in un campo di
prigionia in
Germania, prigioniero dei russi.
Rimpatriato
il 13 ottobre 1945, nel dicembre dello stesso anno ottiene la licenza
di
congedo provvisoria e nel 1946 il congedo definitivo, un documento che
non lava
i ricordi di quei momenti terribili, né impedisce di pensare
agli
amici-commilitoni che non sono tornati a casa.
(Daniella Ghilardini) |
Soldato Umberto Filippini
Addio
a Umberto Filippini, sopravvissuto all’eccidio di Cefalonia.
Nato nel 1922, era
vissuto dal 1954 al 2011 ad Arcene, facendosi benvolere per la sua
testimonianza
che portava agli studenti delle scuole medie. I funerali
dell’ex soldato, scomparso
il 17 febbraio, si celebreranno lunedì 22 a Castel Rozzone
dove viveva con la
moglie Angela, 90 anni. Faceva parte della Fanteria Montagna, divisione
«Acqui».
Originario
di San Pietro in Cariano, nel Veronese, era stato trasferito da Merano
all’isola
di Zante dove narrava di aver dormito nella casa di Ugo Foscolo. Il 10
maggio
del 1943 era nell’isola greca di Cefalonia, tre mesi dopo
arrivarono i
tedeschi. Dopo l’8 settembre erano iniziate le trattative,
andate a vuoto, che
però portarono il giorno 15 all’inizio della
carneficina. «Aveva vissuto
momenti drammatici, il ricordo più brutto e assillante era
quello della casetta
rossa, dove vennero trucidati i suoi compagni a gruppi con massacri
continui -
ricorda la moglie -. Lui riuscì a salvarsi miracolosamente,
perché si trovava
lontano».
Filippini
aveva ricostruito la sua vita lavorando come casellante per le
ferrovie. Nella
Bergamasca aveva avuto tre figli: Renato, 65 anni, Gabriele, morto a
quarant’anni, e Marino, 50. Lascia cinque nipoti e due
pronipoti. «Tornava ad
Arcene tutti i giorni in bici per svagarsi con gli amici della
Cooperativa
anziani, giocavano a carte, chiacchieravano e discutevano,
mancherà molto a
tutti noi», ha dichiarato il sindaco Giuseppe Foresti.
(tratto da www.bergamo.corriere.it)
|
Artigliere Casalini Enzo
Giovedì
4 febbraio, ci
ha lasciati uno degli ultimi superstiti della gloriosa
“Divisio-ne Acqui”.
Casalini
aveva appena compiuto 93 anni e proprio lo scorso anno aveva ricevuto
la
Medaglia d’Onore. La medaglia la ritirai io in quanto Enzo
ormai su una sedia a
rotelle, non se la sentiva di presenziare in prima persona.
Quando
apprese che gli avrei consegnato la medaglia, scoppiò a
piangere dalla commozione;
lui che non aveva mai dimenticato le angherie ed i soprusi patiti
durante la prigionia.
Era
effettivo nella compagnia comandata dal Capitano Apollonio di cui era
grande
estimatore nonostante la fermezza delle sue decisioni. Amava ricordare
in
partico-lare un episodio: “durante il tempo libero si recava
in palestra per
sfidare Apollonio alla lotta greco-romana di cui era un grande
cultore”.
Era
molto amico con Mario Pasquali con il quale aveva convissuto per breve
tempo
nel campo di Tambov prima di essere trasferito.
Diversi
anni fa aveva perso l’unico figlio in un incidente stradale e
per la grave
perdita subita non si era più ripreso.
Il
suo pensiero era sempre rivolto al ricordo del figlio.
Casalini
è ritratto nella fotografia sulla destra nel giorno della
consegna della
medaglia d’onore e del diploma presso la sua abitazione.
(Fabrizio Prada)
|
Artiglieri Baldo Rino Germano
e Loner Ezio
Dalla
sezione di Trento Ci è giunta la triste notizia della dipartita di due reduci.
Baldo
Rino Germano (foto a sx) classe 1919 deceduto il 31.12.2015 del
33° Reggimento
artiglieria a Cefalonia
Loner
Ezio (foto a dx) classe 1920 deceduto il 14.08.2015 del
33° Reggimento artiglieria a
Corfù.
Altri due dei nostri preziosi “nonni” non sono
più fra noi. Purtroppo sappiamo
che la vita non va oltre a determinati limiti ma averli così
a lungo vicini dà
l’idea che non debbano mancare mai. (OP)
|
Capitano Lodovico Anibaldi
La
Sezione di Pisa
della Associazione Nazionale Divisione Acqui con immenso dolore
annuncia la scomparsa
del Presidente Cap. Lodovico ANIBALDI (nella foto è il
secondo da sinistra).
il
Cap. ANIBALDI era cugino dell' Art. Primo ROCCHETTI (foto a dx) classe
1923
Caduto a Cefalonia, apparteneva al 33° Reggimento di
Artiglieria Sezione
Munizionamento e Viveri della Divisione Acqui.
Questa
parentela aveva fatto sì che il povero Lodovico dedicasse
parte della sua vita
alla nostra Associazione sposandone gli obiettivi attraverso
l’impegno del mantenimento
della memoria, organizzando le cerimonie commemorative
a ricordo
dei caduti e in onore dei reduci e rendendosi disponibile molte volte
in
qualità di guida alle mostre sulla Divisione Acqui che le
sezioni pisane e fiorentina
hanno esposto più volte in varie città della
Toscana .Ma va ricordato
soprattutto il suo impegno con le scuole di Pisa, ove si recava a
parlare della
Divisione Acqui in un fitto calendario durante l’anno
scolastico, sempre
accolto con calore dagli studenti : e di questo
era particolarmente fiero
Ci
lascia così una persona importante e un grande punto di
riferimento di
dedizione e passione per l’Associazione Nazionale Divisione
Acqui. (OP)
|
Geniere Edgardo Santini
Ci
ha lasciato ieri l'ultimo reduce Anconetano Edgardo Santini. In questa
foto lo vediamo mentre ha ricevuto, dal Sindaco di Fabriano la Medaglia
d'Argento riconosciutagli dalla Federazione Italiana Volontari per la
Libertà insieme alla Associazione Nazionale Divisione
"Acqui". Carissima ed amabile persona, Edgardo nasce a
fabriano
nel luglio del 1922 e, giubta l'età per il servizio militare
viene richiamato ed aggregato alla Divisione Acqui in
qualità di
geniere telegrafista. Il trasferimento sulle isole Ionie lo vede
sbarcare prima nell'isola di Corfù e poi , dopo
una sosta a
Tirna per un corso da paracadutisti,
viene trasferito nell' isola di
Lefkada. Vive, dopo l' 8 settembre i cruenti contrasti con i tedeschi i
quali lo presero poi prigioniero. La notte del 21 setembre riusci a
fuggire e a riparare in terraferma e unendosi al movimento partigiano
greco, partecipò alle operazioni della resistenza fino al
suo
rientro in Italia nella tarda primavera del 1945. Autore del libro
delle sue memorie " Partigiano in Grecia" lo distribuiva in omaggio con
l'orgoglio di aver appartenuto alla Divisione di Fanteria Acqui e ha
operato nella sua città affinchè il ricordo di
quei soldati non venisse mai a mancare. Dopo la perdita del
Fante
Arduino Federici, scomparso 20 giorni fa, Edgardo era l'ultimo reduce
censito delle Marche. |
Nota della Redazione
Nell'anno
in corso, ovvero, l'anno del 70° anniversario della Liberazione
abbiamo perso, almeno sino ad ora, dieci dei nostri amati reduci. In
occasione di questa importante ricorrenza il Ministero alla Difesa ha
deciso di conferire a tutti i reduci di guerra la Medaglia della
Liberazione.
A tutt'oggi le medaglie non sono ancora state consegnate, le prime le
conferiremo noi alla manifestazione nazionale a Verona il 18 settembre
p.v. per le altre dobbiamo affidarci alla volontà delle
Prefetture competenti.
10 dei nostri nonnini non hanno potuto godere di quella che poteva
essere l'ultima grande gratificazione della loro vita, come
Associazione l'elenco lo avevamo già trasmesso entro il 30
marzo, auguriamoci quindi che la burocrazia provveda il più
celermente possibile al conferimento delle medaglie a chi resta.
|
Fante
Arduino Federici
A nome
e per conto della Famiglia Federici di Monte San Vito (An), si comunica
che il Signor Arduino Federici, è venuto a mancare, l' 11
settembre, presso
l'Ospedale " Carlo Urbani" di Jesi (An).
Il Signor
Arduino
ha prestato
Servizio nella Divisione Acqui a Cefalonia nel Settembre 1943,
appartendo al 317° fanteria II Battaglione
6 Compagnia
e ne è stato l'ultimo superstite marchigiano.
Certi che il
Suo ed
il Vostro pensiero saranno con noi, ringrazio sentitamente.
|
Artigliere
Vittorio Micheloni
Sempre
l'11 settembre, si
è spento a 96 anni Vittorio Micheloni, reduce di Cefalonia,
amato e stimato da tutto il paese, conosciuto per il suo lavoro di
panettiere e per il ruolo di giocatore e allenatore della squadra di
calcio del San Martino. Nel 2003, con altre tre reduci, ricevette
dall'allora sindaco Mario Lonardi il Martino d'oro, riconoscimento che
l'amministrazione aveva istituito proprio quell'anno per i suoi
cittadini che più si erano distinti nei diversi ambiti.
Persona
di tempra e carattere forte, viveva ancora da solo, con i figli Renzo,
Luisa e Franco che gli erano spesso vicini ma che lui voleva stessero
con le loro famiglie. Non si spaventava della solitudine né
della vecchiaia dopo aver visto cose indicibili in guerra e nella
prigionia.
|
Fante
Isano Bartolini
Bartolini
Isano, da Anacleto e Adele Modelli; n.
il 9/10/1923 a Medicina; ivi residente nel 1943. III elementare. Boaro.
Prestò
servizio militare in Grecia. Prese parte ai combattimenti contro i
tedeschi a
Cefalonia (Grecia) nelle fila della divisione Acqui. Fatto prigioniero,
venne
internato in campo di concentramento in Austria dal 15/10/43
all’8/5/45.
Riconosciuto partigiano dal 9/9/43 alla
Liberazione.
|
Fante
Florindo Ricca
É
venuto a mancare Florindo Ricca nato a Godenzo-Lomaso (TN) il 5
novembre 1920.
Superstite di
Cefalonia, faceva parte del 17° Reggimento fanteria Divisione
Acqui.
|
Fante
Italo Poffetti
Poffetti
Italo è nato a Erbanno di Darfo l’8 Agosto del 1917.
Chiamato a
fare il
militare nel 1938 presso
il Centro Addestramento Reclute (C.A.R.) a Genova, poi in Val Maira in
Piemonte
nel terzo settore della Guardia Frontiera. Al termine della guerra con
la
Francia fu inviato a Merano dove è stata ufficialmente
formata la Divisione
Acqui alla quale è stato aggregato. Nel
1940 trasferito a Valona in Albania. Quando la
campagna d’Albania è finita invece della Russia
è stato destinato a presidiare
le isole Greche e precisamente a Corfù con il 18°
Fanteria, nella decima
Compagnia. A Corfù c’erano altri militari, del
Trentino Artiglieria, dei
Marinai. Italo di ruolo era Portaferiti e portava la fascia con la
Croce Rossa
sulla manica della divisa. In
una intervista rilasciata a il 10 novembre 2014
riportata integralmente sul volume “la terza età
della Resistenza” di Tullio
Clementi e Luigi Mastaglia, Italo tra le altre cose ha detto:“A
Cefalonia, molti soldati sono morti negli scontri e sotto i
bombardamenti
tedeschi, quelli rimasti sono stati massacrati, la maggior parte degli
ufficiali presso la casa rossa e i soldati fucilati e mitragliati mano
a mano
che venivano catturati. Anche a Corfù gli ufficiali sono
stati arrestati,
portati nella fortezza e fucilati … Quando i tedeschi mi
hanno catturato, e
portato a Gianina, era già pronta la tradotta per partire
per la Germania.
Intanto che aspettavamo di essere caricati, io ho chiesto se potevo
andare al
gabinetto. Mi è stato concesso, appena dentro ho visto che
in alto c’era un
finestrino che dava sul giardino e senza pensarci due volte mi sono
lanciato
fuori. Naturalmente hanno iniziato a cercarmi ma mi ero nascosto bene e
dopo
aver girovagato per la campagna ho visto passare una signora,
l’ho chiamata ed
ho chiesto aiuto. Sono poi, riuscito a nascondermi nella casa di un
Prete a
Chiarasunta …”. Il Sacerdote, dopo averlo
ospitato per
qualche giorno lo ha consigliato di consegnarsi direttamente al comando
Partigiano.
Italo così continua la sua testimonianza: “…Sono
stato accolto (dai
Partigiani) e
sono
rimasto con loro per parecchio tempo, ho partecipato anche ad azioni
militari,
poi mi hanno imbarcato su un sommergibile e mi hanno portato a Taranto
dove
sono stato aggregato ad un’armata americana. …
Sono stato con loro
(con gli
Americani) fino
alla fine, mi ricordo che
sono entrato con loro nella città di Milano, sono passato
con la colonna anche
in Piazzale Loreto ed ho visto Mussolini, la Petacci e tre dei suoi
gerarchi
appesi in questa piazza ...
Quando
siamo transitati a Iseo, ho chiesto se potevo fare una scappata a casa.
Il
Comandante mi ha concesso un permesso raccomandandomi di rientrare
presto,
perché averi potuto essere in pericolo. Sono arrivato a casa
alle tre di notte,
ho visto i miei genitori ed il giorno dopo mi sono ricongiunto alla
colonna. Il
Comando era a Bologna … Tutti quelli che erano militari
dell’Esercito Italiano
erano aggregati ai reparti degli Alleati, io prevalentemente facevo
servizi ero
in una Compagnia Comando e ci facevano fare molte guardie. Sono stato a
Roma, a
Bologna e come dicevo anche in alta Italia alla fine del conflitto. Non
ho mai
partecipato ad azioni di guerra …”
Il
30 settembre del 1945 Italo
Poffetti è stato
congedato. Sposato, con tre Figlie, durante la sua lunga e serena vita
ha
partecipato numerose volte, insieme alla Moglie, alle
gite organizzate con i superstiti della
Divisione Acqui per visitare Corfù e Cefalonia, per rivedere
i luoghi della
gioventù e per rendere omaggio alle migliaia di vittime,
martiri di una
incredibile bestialità. Italo non è mai mancato
alle cerimonie che le varie
Associazioni, ogni anno, organizzano a ricordo dei Caduti di tutte le
guerre ed
in particolare della guerra di Liberazione alla quale la sua Divisione
ACQUI
con l’eroico rifiuto di consegnare le armi ha dato inizio
alla Resistenza
contro il nazifascismo. L’ultima sua partecipazione
è stata il 25 Aprile del
2015 a Darfo Boario Terme durante la
ricorrenza del settantesimo anniversario della
Liberazione,
nell’occasione a lui, come a tutti i reduci superstiti
è stato consegnato un
diploma di Fedeltà alla Resistenza stampato su pergamena a
cura del Comitato Organizzativo
Unitario per il 25 Aprile Vallecamonica.
Italo
Poffetti ha terminato la sua permanenza terrena il 26 Luglio 2015,
durante la
sua malattia, assistito amorevolmente dalla Moglie, dalle Figlie,
Generi e
Nipoti, ha sempre mantenuto una serenità ed una
lucidità mentale encomiabile.
Negli ultimi giorni di vita ha incaricato la cara Moglie di donare
all’Associazione delle Fiamme Verdi Camune, la bandiera della
Divisione ACQUI,
quella stessa bandiera che la Moglie aveva amorevolmente confezionato e
che
Italo portava con orgoglio in tutte le manifestazioni. La bandiera
verrà
esposta nel Monumento realizzato a Sonico nello stabile ex Corpo di
Guardia
della Polveriera a testimonianza della preziosa, fattiva partecipazione
della
Divisione ACQUI alla Guerra di Liberazione del nostro Paese.
(Nota
a cura di Luigi Mastaglia)
|
Marinaio
Cesare Ronchetto
A
volte, come in questo caso, capita di trovare informazioni su reduci
della Divisione Acqui di cui L'Associazione non era a conoscenza. Da un
articolo del notiziario dei "Marinai d'Italia" tramite Valerio
Mariotti, siamo venuti a sapere di quest'altro reduce di Cefalonia al
quale ci sembra doveroso riconoscere un giusto spazio in questa rubrica.
CHIESANUOVA.
Si svolgono questa mattina, lunedì 15, alle 10,30, a
Chiesanuova, i funerali di Cesare Ronchetto, 91 anni, ultimo dei
militari
canavesani
scampati all’eccidio nazista di Cefalonia. Ronchetto, nel
2009
ricevette, dalle mani del presidente della Provincia, Antonio Saitta, e
del sindaco di Chiesanuova, Giovanni Giachino, l’onorificenza
di
Cavaliere al merito della Repubblica.
«A
Cefalonia non ho fatto altro che il mio dovere – aveva
commentato Ronchetto .
Penso
che
le guerre non dovrebbero più esistere, e chi vuole farle per
i
propri interessi dovrebbe parteciparvi in prima persona. Non decidere
per gli altri».
Cesare
Ronchetto partì da Chiesanuova il 1º ottobre 1941
per
svolgere il servizio di leva nella marina a La Spezia. Dopo un corso di
mitragliere puntatore a Pola, il 10 luglio 1942 venne
destinato ad Argostoli, nell’isola di Cefalonia. Dopo
l’8 settembre 1943, i tedeschi chiesero
al Comando italiano di arrendersi imponendo la clausola del totale
disarmo. Al rifiuto
partì la rappresaglia che portò alla morte oltre
9mila soldati italiani e numerosi abitanti
dell’isola.
«Era
il 22 settembre e, quella mattina, presi il moschetto, lo zaino tattico
e quello del corredo e
raggiunsi la collina dove trovai il mio amico Maggiorino Prola di
Castellamonte, ma i
tedeschi ci fecero prigionieri – raccontò
Ronchetto . Il
massacro degli italiani era già avvenuto
e non so perchè fummo
risparmiati». Condotti ad Atene e poi in Serbia, Ronchetto e
colleghi rimasero fino
all’ottobre 1944 quando giunse l’Armata Rossa a
liberare il
territorio. Il rimpatrio avvenne il 17 luglio 1946. Ronchetto, una vita
da agricoltore, lascia la figlia Eliana e la sorella Dantina. (da La Sentinella del Canavese
del 15/04/2013)
|
Soldato
Giovanni Brignoli
In
data 25 luglio 2015 ci ha lasciati Giovanni Brignoli di anni 94
supestite della Divisione Acqui; abitava a
Guardasone Fraz. di
Traversertolo.
Sono stato
avvisato
del decesso
dalla nipote che aveva desidero che una rappresentanza della Sezione di
Parma partecipasse alle esequie che si sono svolte in data 28 luglio
alle ore 17,00 presso la chiesa parrocchiale di Vignale Fraz. di
Traversetolo.
Alla
cerimonia
erano presenti
oltre ai familiari, parenti ed amici, il sottoscritto, Marzia Pasquali
e Paolo Azzali con il labaro dell’Associazione.
In
rappresentanza
di tutti gli
associati, sono state rivolte alla sorella ed ai nipoti le
più
sentite condoglianze anche da parte di tutto il Consiglio Nazionale
dell’Associazione.
Dalla
nipote ho saputo che dopo l’otto settembre 1943, Brignoli
Giovanni fu fatto prigioniero ed imbarcato sulla prima nave che
partiva
dal porto di Argostoli alla volta dei campi di
concentramento in
Germania e che fu affondata appena dopo la partenza.
Brignoli si
salvò perché riuscì ad aggrapparsi ad
una tavola che lo tenne a galla fino alla riva. (Fabrizio Prada)
|
Artigliere
Bruno Tommaso
Segnalo, con profonda
tristezza nel cuore, la scomparsa di Tommaso Martino BRUNO avvenuta
lunedì 6
luglio 2015.
Aveva fatto
parte
del
94° Gruppo Artiglieria nella zona Spilea - Chelmata a
Cefalonia. Di
lui si parla sul n°
39 del Notiziario ANDA, quando avevo informato l'Associazione circa il
suo
sorprendente "ritrovamento" ben 70 anni dopo i tragici avvenimenti
del settembre 1943.
CIRIÉ
- La "vecchia quercia", com'era affettuosamente chiamato in famiglia,
è caduta. Tommaso Martino Bruno, reduce da Cefalonia
è
scomparso lunedì 6 luglio a San Maurizio, dov'er~ degente.
Nato
91 anjni fa a Tiriolo, in provincia di Catanzaro, ma da trent'anni
residente a Ciriè, era l'ultimo testimone vivente nella
nostra
zona del massacro dei soldati della Divisione Acqui perpetrato
nell'incantevole isola greca dai tedeschi nel settembre 1943.
Da
poco tempo il caporale del 94° gruppo artiglieria aveva trovato
la
forza di raccontare , a chi scrive, l'indicibile esperienza di essersi
salvato dalla fucilazione fingendosi morto sotto i corpi sanguinanti
degli sventurati compagni. Riuscì a fuggire dall'isola, ma
fu
nuovamente catturato e internato in Germania. Solo la forte tempra e la
solidarietà di uno studente lo tennero in vita. Nonostante
brutalità e condizioni penose, cui fu costretto dagli
aguzzini,
rifiutò le offerte di rientrare in Italia per servire la
Repubblica di Mussolini e combattere contro fratelli
italiani. Un gesto coraggioso, che, moralmente , lo equipara ai
partigiani. Un anno fa gli fu concessa , meritatamente, la medaglia
d'onore istituita dalla presidenza deIla repubblica. Lui ne andava
fiero. Al funerale, svoltosi nella mattinata di mercoledì 8
luglio a Ciriè, Tommaso ha ricevuto anche l'omaggio e la
sincera
gratitudin delle sezioni Anpi di Ciriè e San Maurizio. (Franco Brunetta, da il
Risveglio- Ciriè 9 luglio 2015) |
Caporal
Maggiore Nicola Fierro
Il
caporal maggiore Nicola Fierro faceva parte della seconda batteria del
terzo gruppo da 75/27 contraerea comandata dal capitano Amedeo Arpaia,
il suo nome è riportato nell’elenco, redatto dal
ser-gente
maggiore Saverio Perrone, a pagina 323 del libro di Don Romualdo
Formato: “L’Eccidio di Cefalonia”
editore Mursia
3ª edizione 1970.
La
seconda batteria detta “dei Filosofi” era situata a
Cima
Telegrafo, luogo che fu teatro della battaglia del 15/16 settembre 1943
e subì parecchi bombardamenti.
In
questo contesto si trovò il caporal maggiore Nicola Fierro
che
fu catturato dai tedeschi e subì la susseguente prigionia
nel
continente sovietico.
La sua batteria è ancora ricordata da una cappelletta fatta
erigere a Cefalonia di fianco all’odierno monumento a Cima
Telegrafo. Alle spalle della cappelletta resistono ancora ruderi della
ca-sermetta della batteria dove anche il povero Nicola Fierro
sarà stato. (OP)
|
Edoardo
Bontempi
È venuto a mancare
il reduce nato a Berceto (PR) il 21 settembre 1918 e viveva Guinzate
(CO).
Chiamato
alle armi all’inizio del 1939 assegnato al 17°
reggimento
Guardia alla Frontiera, Saluzzo – Divisione Acqui.
I programmi di addestramento lo portano a Silandro in val Venosta, a
San Pellegrino in val Brembana, sul massiccio dell’Oltles.
1940
campagna di guerra contro la Francia, combatte al Colle della Maddalena. Ottobre
1940 In Albania per la campagna di guerra contro la Grecia, combatte a
Tepeleni, sulla Vojussa, Argirokastro.
Aprile
1941 trasferimento a presidio e difesa nelle isole Ioniche, a
Cefalonia. Compagnia Co-mando Reggimentale. Gli viene assegnata la
gestione dei magazzini e dello spaccio reggimentale, capo-ralmaggiore.
L’8
settembre 1943 lo trova ad Argostoli, dove viene impiegato nella difesa
del Comando di Di-visione Al termine dei combattimenti viene accolto da
una famiglia del posto (Kondoiannatos) con cui aveva allacciato legami
di amicizia nei mesi di presidio e nascosto, anche a rischio della loro
vita.
Successivamente
ai fatti conclusivi della tragedia, trasborda sulla terra ferma con
l’aiuto dei partigiani greci. Inizia il viaggio verso
l’Italia attraverso i Balcani, l’Ungheria e
l’Austria
solo e con altri, fino a Trieste. Travestito da ferroviere raggiunge
Parma e a piedi Berceto, poco prima del Natale 1943.
Superate
anche le vicende dell’ultima parte del conflitto nella sua
valle,
il 2 giugno 1945 sposa Piera ed inizia una nuova vita che lo vede prima
a Milano nel 1949, poi a Guanzate Co, vicino al figlio Angelo.
(Fabrizio Prada) |
Bazzoni
Ulderico
Un altro
degli ultimi reduce della nostra amata “Divisione
Acqui” ci ha lasciati.
Purtroppo
non ci è dato sapere molto di questo superstite di
Cefalonia, ma
lo ricordiamo con affetto e tenerezza. Abitava a Verona in via della
repubblica. (OP)
|
Mario
Baroni
Avrebbe
compiuto 95 anni il prossimo 28 agosto, ma purtroppo, il Ten.
Colonnello Mario Baroni si è spento il 3 maggio u.s.
Reduce
di Cefalonia, faceva parte del I° battaglione del 317°
reggimento fanteria “Acqui”. Anche se di presidio
sulla
costa orientale dell’isola, il 13 settembre ’42, il
suo
Battaglione fu richiamato sulla costa opposta per cercare di arginare
l’attacco tedesco e riconquistare l’importante nodo
strategico di Ponte Kimonico.
Orgoglioso
di aver appartenuto alla Divisione Acqui, ha trascorso la sua vita nel
ricordo della stessa e dei suoi compagni caduti contribuendo in modo
fattivo e continuativo alle attività della nostra
Associazione
presiedendo per moltissimo tempo alla sezione della sua
città:
Massa Carrara.
La
foto lo riprende durante il viaggio a Cefalonia, il 25 aprile 2007; al
seguito del Presidente del-la Repubblica, On. Giorgio Napolitano, primo
Presidente italiano a commemorare questa importante e nazionalissima
data.
Tenero
e scanzonato riusciva sempre a tener allegra la compagnia alternando la
sua allegria a seri momenti nel ricordo degli episodi di guerra. (OP)
|
Elenco
reduci purtroppo scomparsi in questi ultimi 2/3 anni
Buizza
Bernardo 1923 – 317° Fanteria – Cefalonia -
Brescia
Calzavara
Anton Ermanno 1920 - CCRR 30ª Sezione
Corfù - Brescia
Calzolari
Zeno 1923 -
7° Gruppo Cannoni Corfù -
S. Prospero (MO)
Carugati
Carlo Caslino al
Piano (CO)
Fantoni
Savino 1917 - CC. RR.
30ª Sezione – Corfù
- Pavia
Gazza
Gino 17° Fanteria – Cefalonia - Mamiano Traversetolo
(PR)
Giacopuzzi
Marcellino Negrar (VR)
Golini
Angelo 1921 17° Fanteria – Cefalonia S. Secondo P.Se
(PR)
Iorini
Ezio 1922 317° Fanteria
– Cefalonia - Corniglio
(PR)
Melegari
Gino
317° Fanteria – Cefalonia - Felino(PR)
Monassi
Adino 1922 - Buia (UD)
Poli
Pietro 1921 - Quinto di Valpantena (VR)
Primo
Orlandi 1923 -
317° Fanteria - Fiesse
BS
Tondelli
Massimo 18° Fanteria -
Corfù Parma
Trevisan
Marino Redipuglia (GO)
Villani
Giovanni 1919 – Cefalonia - Roma
|
Marò
Argante Gastone
Zorzenon
Zorzenon
Argante Gastone, Marò s.v. classe
1923, matr. 123933, abitante a Romans d’Isonzo (GO) deceduto
il 29 dicembre
2014. Era arrivato a Cefalonia quattro giorni prima
dell’annuncio
dell’armistizio con gli alleati. Era destinato alla batteria
da 120/30 in
allestimento a capo Vljoti, all’estremo nord di Cefalonia e
provvisoriamente al
servizio di guardia del deposito carburanti della Marina in
località Drapano.
La
sera del 21 settembre venne catturato dagli alpini tedeschi che lo
adibirono
per il trasporto di munizioni fino in località Troianata,
dove il mattino dopo
venne accentrato assieme ad altri prigionieri e sottoposto a
fucilazione.
Ferito alle gambe e alla mano sinistra, venne letteralmente seppellito
dai
corpi che gli caddero addosso. Ritenuto morto sfuggì al
colpo di grazia. Rimase
sotto i cadaveri in istato di semi coscienza per qualche tempo, poi si
nascose
nei paraggi, ma venne scoperto da altri soldati tedeschi che lo
portarono
all’ospedale civile di Argostoli dove, curato da infermieri e
da un medico
italiano, rimase una settimana. Dimesso venne rinchiuso nel cortile
delle
carceri di Argostoli e poi assieme agli altri inviato nei boschi a
tagliare
della legna.
A
fine dicembre 1943, assieme ad altri prigionieri, venne inviato a
Patrasso, poi
ad Agrinion e quindi ricoverato nell’ospedale di Arta dove
gli amputarono
l’indice sinistro.
Il
16 settembre 1944 venne inviato prima a Belgrado e poi fatto proseguire
per
Vienna, ma riuscì a eludere la sorveglianza dei tedeschi e
montare su un treno
ospedale che rimpatriava lavoratori italiani ammalati. A fine ottobre
1944
arrivò ad Udine e quindi a casa.
Era
ritornato a Cefalonia tre volte di cui una con la moglie Gilda. (Elio
Sfiligoi)
|
Soldato
GÅstin Karlo
GÅstin
Karlo, fante, classe 1923, abitante a Monrupino/Repentabor presso
Trieste, deceduto il 20 gennaio 2015 Triestino di etnia slovena, il 2
ottobre 1942, appena diciottenne, senza preavviso, venne prelevato dai
carabinieri e condotto prima a Gorizia da dove, assieme ad altri
giovani sloveni della stessa età, venne inviato ad asti in
Piemonte ed incorporato nel 20° battaglione fanteria (chiamato
“speciale” perché composto da soli
sloveni
considerati “Alloglotti”). Il 6 marzo 1943 il
battaglione
venne inviato per ferrovia a Mestre (VE) dove venne disarmato e fatto
proseguire per la ferrovia dei Balcani fino ad Atene. Quivi il
battaglione venne diviso in tre compagnie (215ª. 216ª
e
217ª), quest’ultima, dove c’era il fante
Guštin, venne trasportato con la ferrovia del Peloponneso
fino a
Patrasso e quindi via mare nell’isola di Corfù
(Kerkira),
dove arrivò a fine marzo 1943.
Dopo
l’8 settembre 1943 partecipò ai combattimenti
contro gli
alpini tedeschi della divisione “Edelweiss” e fatto
prigioniero. Dopo alcuni giorni inviato sul continente ed adibito a
lavori stradali, prima in territorio greco e oi in Serbia dove durante
un attacco partigiano riuscì a dileguarsi e dopo pochi
giorni
raggiunse la 3ª compagnia del terzo battaglione della
6ª
brigata partigiana serba, unità della seconda divisione
d’assalto dell’Armata Jugoslava, dove rimase fino
alla
liberazione.
Nel
dicembre 1945 venne smobilitato e ritornò a casa a
Monrupino/Repentabor a pochi chilometri da Trieste, dove, dopo la morte
del padre, divenne proprietario di un ristorante- alloggio a conduzione
familiare. (Elio Sfiligoi) |
Soldato
Angelo Marcantoni
Si
è spento all’età di 92 anni uno degli
ultimi
superstiti della battaglia di Cefalonia nella quale i militari
italiani si rifiutarono di consegnare le armi ai tedeschi combattendo
strenuamente contro di loro fino alla capitolazione. Angelo Marcantoni
era nato a Nocera Umbra nel 1922 e abitava nella frazione di Sorifa.
Chiamato alle armi ancora ventenne svolse servizio in Grecia. Fu ferito
il 17 settembre del 1943 da un mitragliamento aereo durante i
bombardamenti tedeschi su Cefalonia. Venne anche fatto prigioniero e
deportato in Germania, poi liberato dalle truppe alleate nel 1945. Nel
1968 si era trasferito a Roma dove lavorava presso il ministero degli
affari esteri. Alla cerimonia religiosa, tenutasi nel cimitero del
capoluo-go, erano presenti le figlie Nunziatina e Silvana, il genero
Giancarlo Vita, i compaesani, il sindaco Giovanni Bontempi, il
comandante della forestale di Nocera Sandro Ercolani e della Polizia
municipale Vit-torio Mirti. La sezione Anpi 17 aprile, di Nocera Umbra,
ha espresso il proprio cordoglio per la scomparsa
dell’anziano
reduce. (da Corriere dell’Umbria 16/11/14)
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Fante
Giuseppe (JoÅne)
Renar
Nel
mese di dicembre 2014 è purtroppo deceduto Giuseppe
(Jože)
Renar, ex fante della 217ª Compagnia lavoratori del Genio
stanziata a Corfù
Era
nato il 1° marzo 1923 e proveniente da Asti, arrivò
nell’isola a fine marzo 1943. Ha partecipato alla difesa
dell’isola contro lo sbarco dei tedeschi nel settembre 1943.
Fatto
prigioniero rimase a Corfù per qualche tempo e poi
trasferito
sul continente, nel campo di con-centramento di Paramitia. Nel freddo
inverno venne trasferito prima nel Kosovo poi in Ungheria dove
subì il congelamento delle gambe lei cui conseguenze, dopo
la
guerra, gli causarono l’amputazione della gamba destra.
Nel
1944 assieme ad altri prigionieri riuscì a fuggire e ad
aggregarsi all’Armata Rossa e combattendo raggiunse Belgrado
e
quindi passò al 5 Battaglione sloveno della 1ª
Brigata
Krajinska con la quale parte-cipò ai combattimenti sul
fronte
dello Srem (Serbia), in quell’occasione fu anche ferito.
Dopo
la convalescenza partecipò ai combattimenti per la
liberazione
della Bosnia, Slavonia, il sud dell’Ungheria per poi finire
la
sua strada di guerra nella Carinzia austriaca.
Nel
1947 venne smobilitato ed elesse domicilio a Lubiana. Come appartenente
alla 1ª Brigata slove-na, formata dai russi, in occasione
dell’anniversario della vittoria sul fascismo, venne decorato
con
la Me-daglia al, Valore dal presidente russo Jelcin.
Negli
ultimi anni di vita faceva il volontario come attivista della Croce
Rossa. (Elio Sfiligoi)
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Artigliere
Vincenzo Fontanella
Piedimonte
Matese. E’ morto il Caporal maggiore Vincenzo Fontanella uno
degli ultimi reduci di Cefalonia. Aveva 96 anni.. Vincenzo Fontanella
scampò all’eccidio di Cefalonia. In massima parte
i
soldati presenti facevano parte della divisione Acqui, ma erano
presenti anche finanzieri, Carabinieri ed elementi della Regia Marina.
Analoghi avvenimenti si verificarono a Corfù che ospitava un
presidio della stessa divisione Acqui. In quei momenti così
drammatici il Caporal maggiore Fontanella però fu
letteralmente
baciato dalla sorte: pensate che lui si salvò dalla
fucilazione
semplicemente perché era colui che trasportava i militari
che
dovevano essere passati alle armi. Al ritorno dall’ultimo
viaggio, carico di militari por-tati a morire, certamente non poteva
aspettarsi nulla di buono. Giunto a destinazione però il
comandante per reazione gli diede un calcio nel sedere e gli disse di
andar via. La sua vita era salva. Pensate, si legge nella sua
biografia, che i genitori del Caporale avevano perso ogni speranza sul
suo rientro. Una volta giunto a Piedimonte Matese dopo aver vissuto
momenti di grande, grandissima tensione emotiva nel riabbracciare il
proprio figlio, per ringraziamento fecero edificare la Cappellina che
tuttora è presente sulla strada Provinciale Piedimonte una
testimonianza indelebile ma soprattutto un grande esempio
d’amore
tra un figlio e i propri genitori. L’associazione Combattente
e
Reduci di Piedimonte Matese gli ha anche conferito la cittadinanza
onoraria con un’Assemblea nella seduta di Domenica 13 ottobre
2013, con le stesse motivazioni che potete leggere nella sua
straordinaria esperienza. Oggi purtroppo il destino che lo aveva
protetto e letteralmente strappato dalla morte, in tante occasioni, ha
detto basta alla sua vita terrena. Con lui, inutile aggiungere altro,
se ne va una grande uomo, un grande padre, un grande amico.
Ecco la
sua straordinaria esperienza
Caporale
Vincenzo FONTANELLA nato a Piedimonte Matese (CE) il 28.01.1918 ed ivi
residente in Via Cupa Carmine, 3 Arruolato il 02.04.1939 a Napoli
II° Reggimento Artiglieria Contraerei – II°
Gruppo
– II^ Batteria Gruppo autonomo – (Comandante
Capitano
ARPAIA Amedeo); Trasferito il 10.06.1940 a Colleferro (RM) vi rimane
fino alla fine del mese di ottobre 1940; A fine ottobre 1940 parte per
la Campagna d’Albania dove partecipa per l’intera
campagna;
Agli inizi del settembre 1941 ritorna dall’Albania a Napo-li
e vi
rimane per circa un mese; Alla fine del mese di settembre 1941 parte
per Cefalonia dove viene al-locato presso il Quartier Generale della
Divisione Acqui, sotto il Comando, prima del Generale Luigi MAZZINI e
poi del Generale Antonio GANDIN. Assegnato al Reparto motorizzato, il
cui Comandante era il Maggiore AMORETTI, vi rimane fino a Dicembre
1944; Scampato alla fucilazione da parte dei Tedeschi perché
autista, viene, dagli stessi, utilizzato per il trasporto alla
“Casina Rossa”dei suoi commilitoni che, ivi giunti,
vengono
passati per le armi e ammassati in fosse comuni; Rimane prigioniero a
Cefalonia fino alla fine del 1945; Rientra in Italia alla fine del 1945
con il Capitano Renzo APOLLONIO. (da Italia News 24 del 29-08-2014)
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Soldato Arturo Borghi
É
venuto a mancare il caro Arturo Borghi, terzultimo reduce vivente nella
Provincia di Bologna. Reduce della vicenda di Cefalonia ha vissuto una
vita intera nel ricordo di quei tristi giorni affrontando diversi
viaggi per rivedere i luoghi nei quali era stato e dove aveva vissuto
le sue esperienze da militare. Prima a Katoki, nei pressi della
città di Missolungi, dove la gente del posto lo
aiutò a
sopravvivere ed alla quale sarà eternamente grato.
Corfù
e Cefalonia le altre tappe del suo percorso bellico. Fu con noi a
Cefalonia al seguito del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
al quale ebbe la soddisfazione di stringere la mano. (op)
Arturo Borghi nasce a Bomporto
(Mo) il 23 aprile
1922. Riceve la chiamata alle armi nel gennaio del 1942. Mandato a Bolzano viene aggregato
alla IV Compagnia di Sussistenza e compie l’addestramento
reclute. Il 15 luglio dello
stesso anno, sulla nave Doninzetti, parte da Bari alla volta di
Corfù dove rimane per un anno. Approda a Cefalonia il 4 agosto 1943.
Viene mandato subito sul monte Roudi con il compito di raccogliere
legname e vi
rimane anche durante la battaglia non venendone coinvolto. Avvisato dei
massacri tedeschi a danno dei soldati italiani, rimane nascosto nei
boschi per un mese per poi raggiungere il porto della città
di Sami, dove un greco lo trasborda sulla costa greca nei
pressi di Missolungi. Arrivato al paese di Katochì vive un
anno di stenti fra la fame e le febbri malariche, aiutato
dalle famiglie del luogo alle quali sarà sempre
riconoscente. Nel novembre del 1944 viene informato sulla presenza, a
Patrasso, di navi inglesi che rimpatriano gli Italiani. Rimpatriato a
Taranto riesce
a raggiungere la sua casa solo nel giugno del 1945.
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Fante Giovanni Ferretti
Il
3 maggio di quest’anno è venuto a mancare il
Reduce
del 317° reggimento fanteria Giovanni Ferretti nella foto
mentre riceve la
medaglia d’onore dall’Onorevole Letta.
Giovanni
Ferretti,
era inquadrato nel 3° battaglione. Dopo Zante, a Cefalonia,
il suo reparto si accampò nei pressi del villaggio di
Kardarata fino al 9
settembre’43, quando venne richiamato ad assestarsi nei
pressi del cimitero di
Argostoli. Partecipò ai primi scontri contro i Tedeschi
venendo catturato il 21
settembre. Il suo gruppo subì l’ immediata
fucilazione,ma lui svenne e quando
si svegliò si trovò in mezzo ai corpi dei suoi
compagni uccisi. Ripreso dopo
due giorni venne imprigionato alla caserma Mussolini per poi essere
imbarcato e
mandato in prigionia. Atene, Salonicco,Belgrado, Nisc e Smeredevo
(Serbia) da
dove rimpatriò solo alla fine del l 1946.
La redazione
chiede
umilmente
scusa ai famigliari di Giovanni Ferretti per non aver pubblicato a
tempo debito
questa triste notizia, causa una colpevolissima dimenticanza che in
questi casi
non dovrebbe mai accadere. La redazione spera nel perdono della figlia
Anna
Maria Ferretti, di suo marito Sergio e di suo figlio Giacomo,
confidando di
aver parzialmente rimediato all’errore commesso. (Orazio
Pavignani)
|
Sono
un lontano parente del Sig. Gino Vaccari e volevo comunicarVi che ieri
sera è deceduto nella sua casa di Birbesi, una frazione di
Guidizzolo nell’Alto Mantovano.
Spero di fare cosa gradita all’Associazione e di rendere
merito
alla Sua memoria, inviandovi qualche documento che testimonia la Sua
vicenda umana e segnatamente quella vissuta a Cefalonia.
Allego il foglio matricolare ed un paio di articoli della stampa locale.
Ho conosciuto Gino solo recentemente, abito distante da Lui, ma mi ha
colpito la dignità con cui raccontava quei giorni, con
semplicità, senza enfasi , senza retorica, senza rancore.
L’unico suo cruccio era la trascuratezza o la
superficialità con cui alcuni liquidavano la strage di
Cefalonia
come “cosa vecchia e
passata” e di come la politica in nome della ragion di stato
avesse rinunciato a richiedere almeno una simbolica giustizia.
Non
si lamentava più di tanto della vita, che non gli ha
risparmiato
dolore: non conobbe mai suo padre, morto quattro giorni prima della
fine della Prima Guerra Mondiale, sepolto lontano da casa al Tempio
della Pace a Padova; Cefalonia; la prigionia e la fame in Germania,
dove disse ”noi italiani eravamo i più reietti dei
prigionieri perché considerati traditori, quindi sfamati per
ultimi e solo se avanzava qualcosa”; il ritorno a casa dalla
Germania a piedi, pesava solo 38 Kg; la miseria dei primi
anni
del dopoguerra. Ringrazio l’Associazione per quanto fa per
mantenere viva la memoria di quei tragici fatti e perché la
testimonianza di chi c’era è un insegnamento e un
monito
per tutti noi che siamo venuti dopo. (La
sua storia)
Fabio Galvani
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Artigliere Piero Martini
Carissimi
amici, purtroppo ha intrapreso l'ultimo viaggio l' Artigliere
Cav. Piero Martini Reduce della
Divisione Acqui 33° Rgt Artiglieria. Ci ha lasciati all'
età di 93 anni. La
sua intervista memoria è presente nel DVD ONORA IL PADRE
oppure on-line sul
sito www.isaremi.it.
Piero era nato il 14 luglio 1921 a Ponte Egola in provincia di Firenze
e come tanti altri soldati aveva subito la sconfitta a Cefalonia nella
battaglia contro i Tedeschi e la conseguente prigionia, (dopo essersi
salvato dal terribile eccidio perpetrato dalla Wehrmacht nei confronti
dei soldati Italiani che venivano catturati o che si erano arresi)
prima
a Cefalonia poi nei campi di internamento dell'Europa Orientale.
L'associazione perde così un'altro testimone della tragica
vicenda occorsa alla Divisione Acqui a Cefalonia e Corfù in
quel
tragico ed eroico settembre 1943.
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Artigliere Pasquale Acito
Purtroppo
' venuto a mancare Pasquale
Acito (Altavilla Silentina) , l'altavillese scampato
all'eccidio di
Cefalonia. Ho
deciso di scrivere questo articolo dopo aver letto l’ultimo
lavoro, ancora non
pubblicato, di Padre Antonio Polito “L’artigliere
altavillese sopravvissuto a
Cefalonia”. In esso, Padre Antonio, ha voluto ricordare la
figura di Biagio
Paruolo, artigliere della Divisone Acqui dislocata nell’isola
greca di
Cefalonia nell’ultimo conflitto mondiale, scampato per
miracolo, insieme al
compaesano Pasquale Acito, all’eccidio perpetrato dai
Tedeschi sull’isola greca
nel settembre 1943. “Dopo aver letto il
suo diario di guerra”, dice Padre Antonio, “si
capisce come la paura , il
terrore, i sacrifici hanno “massacrato” in quei
tristi giorni, e nei successivi
due anni, il cugino Biagio e l’amico Pasquale. Lo scritto
vuole essere un
riconoscimento a Biagio Paruolo e la sua famiglia, quel riconoscimento
che
avrei voluto rendergli in vita cristiana ma che varie circostanze,
nonché la
sua morte prematura, l’hanno impedito”.
Sull’isola greca di Cefalonia fu
compiuta dai tedeschi , durante la II guerra mondiale, una strage nella
quale
furono trucidati migliaia di soldati italiani, i superstiti furono
pochissimi e
tra di essi i due altavillesi.. All’età di 86
anni, Pasquale Acito mi racconta,
emozionato e con orgoglio, la sua triste storia: "Dopo
l’armistizio avremmo
dovuto attaccare i Tedeschi. Avremmo dovuto combattere contro quelle
persone
con le quali fino al giorno prima avevamo condiviso gioie e
dolori!”. Il
generale Antonio Gandin si trovò di fronte alla consueta
alternativa: o
arrendersi e cedere le armi ai tedeschi o affrontare la resistenza
armata. L’11
settembre arrivò l’ultimatum tedesco, con
l’intimazione a cedere le armi. Gli
italiani si rifiutarono ed infuriò una battaglia durata 10
giorni che costrinse
gli italiani ad arrendersi. La città di Argostoli, capoluogo
di Cefalonia,
venne quasi totalmente distrutta. Era il 22 settembre 1943.
Pasquale Acito, caporale maggiore, si salvò
grazie all’intervento di un ufficiale tedesco, che aveva
conosciuto durante la
collaborazione italo-tedesca. “Dopo la battaglia e la resa,
noi italiani fummo
raggruppati in un cortile; si avvicinò l’ufficiale
tedesco e mi disse:
"Accillo (così pronunciava il mio cognome il comandante
tedesco) vieni con
me". Insieme ad altri due commilitoni ci portò via per
portare da mangiare
ai muli. Dopo pochi minuti sentii le mitragliatirici tedesche che
facevano
fuoco sui soldati italiani prima raggruppati! Sono stato veramente
fortunato e
divenni prigioniero dei tedeschi, mandato al campo di pri-gionia di
Argostoli." "Un
giorno mentre ero in fila per ritirare la razione quotidiana di viveri
(“la
mezza pagnotta e il litro d’acqua”) il commilitone
Bilancieri di Roccadaspide,
anch’ egli prigioniero, mi chiamò ad alta voce
escla-mando il mio cognome:
“Acito, Acito”. A quel punto si avvicinò
Biagio Paruolo che avendo sentito il
mio cognome mi chiese da dove venissi. Quando gli dissi Altavilla, mi
abbracciò
forte piangendo”. Biagio
Paruolo era giunto a Cefalonia il 15 maggio 1943 ed appartenva al
33°
Reggimento Artiglieri della Divisione “Acqui”.
Ricopriva il ruolo di tiratore e
aiutante puntatore alla guida del capitano Amos Pampaloni che
l’11 settembre
1943 diede ordine di aprire il fuoco contro due motozattere tedesche,
che
voleva-no sbarcare ad Argostoli, affondandole. La sorte di sparare il
primo
colpo, contro i tedeschi, toccò proprio
all’altavillese Biagio Paruolo. Si
accese una battaglia, Biagio fu ferito ad una gamba e ricoverato
nell’ospedale
di campo. Questa è stata la sua fortuna, in quanto Biagio
venne poi trasferito
nella caserma Mussolini di Argostoli, adibita a prigione.
Cosi’ Biagio sfuggì
alla rappresaglia tedesca iniziata dopo la resa degli italiani.
Pasquale
Acito racconta così l’ulteriore tragedia:
“Il 13 ottobre, alle ore 11.00, fummo
imbarcati insieme ad altri 1200 italiani sulla nave mercantile Alba per
essere
trasportati al Pireo. La nave trasportava materiale edile e vi erano
numerose
tavole di legno. Poco dopo la partenza sentimmo un’esplosione
e un forte boato
e la nave incominciò ad affondare. Io e Biagio ci
precipitammo a buttare in
mare tutte le tavole di legno perché potevano essere utili
in quanto
galleggiavano. Era il momento di lasciare la nave e tuffarci nel mare,
quella
notte alquanto mosso. Con Biagio decidemmo di calarci in mare
attraverso una
fune, se ci fossimo tuffati avremmo potuto urtare una tavola di legno
con tutte
le conseguenze del caso. Purtroppo la fune era corta e rimanemmo
sospesi con la
paura di tuffarci nelle alte onde del mare. Dovevamo prendere una
decisione
perché la nave stava affondando, alla fine decidemmo di
lasciarci andare
tuffandoci nel mare grosso. Con il tuffo avevo perso di vista Biagio.
Mi
aggrappai, insieme ad altri commilitoni, ad una tavola e tutta la notte
chiamavo “Paruolo, Paruolo, Paruolo” ma non ebbi
risposta. Le ore passavano e
vedevo i miei compagni lasciare la tavola e scomparire tra le onde. Io
ed altri
7 commilitoni fummo salvati da un idrovolante tedesco che fece
intervenire
mezzi di soccorso; ci portarono all’ospedale del Pireo,
buttato su una branda e
poi sul letto numero 537; rimasi ricoverato per quattro mesi. Qui seppi
che dei
1200 prigionieri solo 200 furono salvati dai barconi della Croce rossa,
in quei
giorni nessuno sapeva darmi notizie di Biagio Paruolo. Una volta
guarito fui
trasferito e destinato ai lavori forzati incominciando a peregrinare
per campi
di con-centramento fino a raggiungere quello vicino Lipsia. In questo
stesso
campo era stato destinato anche Biagio Paruolo, eravamo separati da una
rete
metallica, ma nessuno dei due lo sapeva. Fummo liberati in aprile del
1945
dagli americani e riportati in Italia. Ho incontrato Biagio solo quando
sono
arrivato ad Altavilla , mi aveva preceduto di qualche giorno. Era-vamo
diventati ottimi amici, purtroppo il Signore l’ha chiamato a
sé qualche anno
fa.” Nella
foto (sulla sinistra) Pasquale Acito insieme al compaesano Francesco
Cembalo in
partenza per l'ar-ruolamento a Vibo Valentia. (Bruno Di Venuta
www.divenuta.it)
|
Mitragliere Antonio Canino
L’Associazione
Calabria in Armi intende esprimere il proprio cordoglio alla famiglia
del sig.
Antonio Canino, reduce della divisione Acqui,
sopravvissuto alla terribile rappresaglia nazista di Cefalonia.
Il sig. Canino si
era reso disponibile ad essere da noi intervistato
nell’ottica degli obiettivi
dell’associazione, finalizzati al recupero della
memoria, anche attraverso la voce dei protagonisti di
fatti e avvenimenti della storia nazionale più recente. Nel
corso
dell’intervista il reduce aveva raccontato gli aspetti
più significativi della
sua esperienza militare: dall’arruolamento a Cosenza,
all’invio a Cefalonia nel
110° battaglione mitraglieri inquadrato nella divisione Acqui;
ai tragici
avvenimenti avvenuti dopo l’8 settembre 1943 ed alla
terribile rappresaglia
seguita alla reazione italiana di non cedere le armi all’ex
alleato tedesco.
Rappresaglia evitata dal Canino perché gravemente ferito ad
una gamba, a
seguito di un violentissimo bombardamento sull’isola greca,
ed al conseguente
suo ricovero in ospedale con successiva prigionia in Polonia e
Germania. La
dovizia dei particolari e l’eccellente memoria del sig.
Canino hanno consentito
di ricostruire, con notevole precisione, uno degli episodi
più tragici ed
eroici della guerra di liberazione. Il testo
dell’intervista è riportato nel sito
dell’associazione:
www.calabriainarmi.altervista.org, nella sezione “archivio
memoria”.
"Nato
il 13 dicembre 1923, a diciannove anni, il 5 febbraio 1942, viene
chiamato alle
armi ed inviato dap-prima a Cosenza, successivamente a Caserta presso
la
caserma Aldifredda. Dopo qualche giorno viene imbarcato a Brindisi su
una nave
con destinazione ignota. Sbarca dapprincipio a Patrasso in Grecia e poi
viene
inviato all’isola di Cefalonia. Ad Argostoli, capoluogo
dell’isola, viene
assegnato alla Divisione Acqui e più precisamente al
110° Battaglione
mitraglieri. Sono presenti nel reparto altri calabresi: Bevilacqua di
Catanzaro
Lido, Furfura di Nicastro, Vito Simonetta di Francavilla Angitola,
Raffaele Serrao.
Nell’isola vengono svolte attività di presidio,
pattugliamento e rinforzo
difese. Vengono anche utilizzati, in mancanza di veri pezzi
d’artiglieria,
tronchi di albero per simulare la presenza di numerosi cannoni
antiaereo da 142
mm. Le condizioni di vita sono buone, il vitto però
è scarso ed insufficiente.
Solo la frut-ta è buona ed abbondante. La popolazione locale
ha in generale un
po’ di paura ma, tutto sommato, gli italiani sono ben visti.
La stessa cosa non
vale per i tedeschi. In realtà anche i rapporti tra eserciti
alleati non sono
ottimi: c’è qualche diffidenza reciproca.
La
battaglia è furiosa nelle varie zone dell’isola ed
avvengono numerosi
bombardamenti aerei da parte dell’aviazione tedesca, contro
gli italiani,
finalizzati a fiaccarne lo spirito. Nel corso di un attacco di Stu-kas
salta in
aria un deposito carburante; ci sono tantissimi morti ed il signor
Canino viene
ferito grave-mente ad una gamba e catturato dai tedeschi, dopo aver
assistito a
scene raccapriccianti. Canino invece riceve le prime cure dai tedeschi,
poi su
una zattera viene inviato a Patrasso ed inizia un lungo e terribile
viaggio di
undici giorni in treno fino in Polonia. Viene dapprima ricoverato
all’Ospedale
di Varsavia, ove subisce un delicato intervento alla gamba. Il
trattamento
riservatogli è complessivamente umano e comprensivo. Il 20
aprile 1944
nell’ospedale cui è ricoverato conosce Hitler, in
visita nella struttura il
giorno del suo compleanno, in quale gli dà la mano
apostrofandolo:
"Italiano maccarone". In convalescenza, vista anche la sua
giovanissima età, cerca di socializzare con la popolazione
del posto
contravvenendo però ai perentori ordini al riguardo. Un
sottotenente tedesco lo
scopre e lo fa condannare a dieci giorni di cella di rigore a pane ed
acqua. Tempo
dopo, e sempre sofferente alla gamba, viene trasferito in altre
località e poi
a Dachau, ove inizia a lavorare presso un giornale locale alle
dipendenze del
signor Zimmer. Viene trattato bene ma non ha alcuna notizia
dall’Italia ove
oramai lo credono morto.
A
fine guerra viene rimpatriato presso un campo di smistamento a Verona e
poi
inviato dapprima all’Ospedale militare di Baggio ed infine a
quello di
Viggiù.,Una sera si reca presso la casa del soldato e
lì finalmente riesce ad
informare la famiglia del fatto che è vivo. Dopo 4 mesi, nel
1946, ritorna in
Calabria e può così iniziare una nuova vita.
L’odissea della guerra e della
prigionia è finita, oggi rimane però il vivido e
perenne ricordo, a quasi 65
anni dal loro accadimento, dei tragici fatti vissuti e dei numerosi
commilitoni
che non sono più tornati a casa sacrificando così
la propria giovinezza". (da calabriainarmi.it)
|
Fante Danilo Migliorini
L'ultimo legnaghese
reduce di guerra se ne è andato in silenzio,com'era sua
consuetudine. Danilo
Miglorini, ex-agricoltore ed ex-combattente nelle fila della Divisione
Acqui, è
morto sabato scorso nella sua abitazione dopo una vita giocata fra gli
orrori
della guerra ed una prepotente voglia di normalità. E una
storia fatta di
riscatti quella di Migliorini, il cui
funerale è stato celebrato nella chiesa di Vangadizza, la
frazione nella quale
lui, nativo di Canove, ha vissuto dopo la drammatica esperienza del
conflitto
bellico. Partito militare nel gennaio del 1942 ed assegnato ad un
reggimento di
Fanteria, il 317°, nel maggio successivo è stato
destinato al presidio di
Cefalonia, l’isola greca che, assieme a Corfù,
è diventata poi il tragico esempio di quello
a cui può portare il mutare
delle alleanze politico-militari. Proprio lì, infatti, buona
patte dei soldati
della Divisione Acqui è stata sterminata dai tedeschi poco
dopo 1'8 settembre
1943, data in cui l'Italia ha firmato
l'armistizio con gli alleati. Arresosi ai tedeschi dopo una fuga da un
ospedale in cui era ricoverato a causa della malaria, Migliorini
è stato
caricato su una nave destinata ad un campo di concentramento •
che però è
finita a picco a causa di una mina messa dagli italiani. Salvato dagli
stessi
tedeschi, è stato quindi imbarcato su un'altra nave che lo
ha portato ad Atene.
Qui è stato adibito al lavoro coatto,
per alcuni mesi alle «dipendenze di Hitler» prima
di finire in Jugoslavia.
Ritornò a casa solo nel novembre 1946.
In quella casa dove ha poi riannodato le fila di un'esistenza segnata
da
un'esperienza terribile, che non gli ha impedito però di
arrivare alla bella
età di 94 anni. ( LU.FI l’Arena di Verona
8/7/14)
|
Artigliere
Gianmaria Pelicioli
Reduce, combattente in
Piemonte Col di Tenda, Albania, Corfù e Cefalonia. Nato a
Viadanica (BG) e
trasferito con la famiglia a soli tre anni ad Osio Sopra (BG)
dove ha poi vissuto tutta la vita. Nel
lontano 1938 partì militare a Modena, poi a Cremona dove
conseguì la patente e
imparò il mestiere di meccanico. Fu poi trasferito a Cuneo
ma subito scoppiò la
guerra e fu chiamato alle armi nella
guerra di “Alemania”contro la Francia sul Colle di
Tenda. Trascorse poi
l’estate del 1940 a Grumello del Monte e alla fine
dell’anno fu imbarcato per
l’Albania con altri compaesani. Partecipò alla
guerra contro la Grecia sul
Monte Tomori dove il Duce aveva un
osservatorio. Era artigliere nel settimo gruppo terza batteria, cannoni
105/28.
Il suo ruolo era capo garage. Guidava e riparava ogni tipo di
automezzo. Ha
combattuto come caporale maggiore nella
Divisione Acqui nell’isola di Cefalonia, a Corfù,
a Zante Itaca ed in Grecia.
Nel 1941 fu imbarcato per Cefalonia dove fece da autista ad un
Generale.
All’artigliere Gianmaria Pelicioli venne concesso un encomio
solenne per la
difesa dell’isola (Divisione fanteria di montagna Acqui).
Dopo alcuni giorni di
impari lotta e ridotto allo stremo, veniva trasferito in Grecia 9-24
Settembre
1943. Dopo l’8 Settembre furono trucidati tantissimi soldati
italiani,mitragliati, bruciati corparsi
di benzina e poi buttati in pozzi e
dirupi. Ad Argostoli, vide tre navi di italiani, che pensavano di
tornare in
patria, imbattersi nelle mine ed affondare. Gianmaria si
salvò perché doveva
fare servizio in ospedale e non accettò di partire. Ricordai
9000 morti tutti
fucilati dai tedeschi. Una mattina fu catturato
dai tedeschi e portato a Lakitra per
essere fucilato ma grazie a Dio poi fu portato alla caserma Mussolini.
La
mattina dopo gli ufficiali italiani furono portati alla Casetta Rossa e
fucilati.
Rimase un anno sull’isola e vide cose atroci. Ricorda
l’assistenza del
cappellano Ghilardini a tutti coloro che dovevano essere fucilati. Alla
fine
del 1943 portò il capitano tedesco da Argostoli a Sami per
imbarcarsi,
lì,approfitto di un attimo di assenza del capitano e
scappò sulla montagna dove
si trovava la Batteria Mazzoleni, anche loro sfuggiti alle
atrocità tedesche.
Gianmaria riuscì a lasciare Cefalonia imbarcandosi come
infermiere con un
medico che accompagnava la Compagnia Mazzoleni in Grecia (inizio 1944).
Lì fu
portato a Patrasso e imbarcato per l’Italia con una nave
inglese. Arrivato in
Italia fu spogliato, disinfettato e incaricato di guidare un
ambulanza fino al Po. Maggio 1945, finalmente la guerra
finì e lui tornò a casa. Per paura di
trovare spiacevoli sorprese si fermò da un fratello che lo
fece lavare e sbarbare e poi lo accompagnarono a
casa. In paese tutti increduli, la mamma soprattutto perché
lo credevano morto.
Non dimenticò mai i pianti di gioia dei
suoi compaesani quando lo videro arrivare.Nella sua vita ogni notte
nei sogni rifaceva il percorso di quegli anni atroci e raccontava a
tutti
l’esperienza vissuta. Gianmaria, L’Uomo
che ha saputo solo
amare, L’Uomo che non ha mai saputo odiare Un uomo speciale
Così lo ricordano i suoi
cari e tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo.(La figlia Cecilia
Pelicioli)
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Soldato Luigi Soldi
Se
ne è andato in questa tarda primavera il decano della
sezione
ANDA di Cremona, Luigi Soldi, 99 anni, reduce della Divisione Acqui.
Originario del paese di Cella Dati, dove era nato nel 1915 e dove ha
sempre vissuto, è stato per decenni figura notissima di
mediatore di bestiame e di immobili, di quelli di una volta, per i
quali bastava una stretta o una pacca di mano per sancire in modo
definitivo qualsiasi transazione. Era persona amabile e allegra, capace
di contagiare della sua esuberanza e gioia di vivere chiunque
incontrasse e in qualsiasi occasione. “Aveva 99 anni, ma
è
stato vecchio solo pochi giorni, quando ha cominciato a dire che voleva
ricongiungersi con la sua Cesira.” ricorda il figlio Paolo,
consigliere di ANDA Cremona. Luigi Soldi, nella provincia
cremonese, e non solo, noto a tutti semplicemente come
Bigìin,
era stato militare della Divisione Acqui sia sul fronte francese, che
su quello albanese, dove fu catturato e trasferito come prigioniero a
Creta. Rimpatriato dopo la resa greca, venne inviato come supporto in
Jugoslavia, in attesa di ritornare alla sua Divisione. L’8
settembre fu catturato a Lubiana in Slovenia e internato in Germania
nello Stalag IIIB di Furstemberg. Liberato solo nel maggio 1945,
tornò a casa a fine anno dopo aver peregrinato per mesi per
le
strade d’Europa.
Decorato di Croce
di guerra e di
Medaglia d’onore, pur avendo evitato i giorni della strage a
Cefalonia e Corfù, era orgogliosissimo di essere stato uno
dei
militari della “gloriosa Divisione Acqui”e sempre
presenziava con la sua vivacità alla cerimonia di Verona e a
quelle in sede locale.
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Albino
Boninsegna (1 aprile 1922-8 giugno 2014)
L’otto
giugno, a Rovereto, è mancato
Albino Boninsegna, classe
1922, già appartenente
al 33° reggimento
artiglieria di stanza a Santo Stefano (Corfù).
All’indomani
dell’armistizio
resistette all’esercito
tedesco,
assieme a tutta la sua batteria, fino al 27 settembre 1943 quando venne
fatto
prigioniero. Scampato miracolosamente alla ferocia dei tedeschi, il 10
ottobre,
rischiò la
vita nell’immane
tragedia
della motonave “Mario
Roselli” sulla
quale era stato imbarcato per la deportazione. Salvatosi da morte
certa gettandosi in mare venne successivamente portato a terra da un
mezzo di
salvataggio.
Dopo
infinite peripezie, che lo videro anche ferito ad una gamba, giunse nei
terribili campi tedeschi dove venne più volte
trasferito prima della
liberazione da parte dell’esercito
americano. Il 9
giugno 1945 rientrò in
Italia e iniziò una
fase felice della sua vita, che lo vide costruire una bella famiglia
assieme all’amata
moglie Rina e ai figli e diventare un apprezzato
direttore di negozi SAIT, senza mai dimenticare, però,
la tragedia
vissuta e i compagni con cui la condivise.
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Artigliere
Battista Alborghetti
Abbiamo
perduto Battista Alborghetti, classe 1923 nativo di Ambivere in
provincia di Bergamo., uno dei pochi superstiti del sanguinoso eccidio
nazista nelle isole greche di Cefalonia e Corfù.
É
spirato il 7 giugno assistito dalla moglie Gina e dai figli
con
le loro rispettive famiglie. A soli 19 anni Battista fu arruolato e
mandato a combattere a Cefalonia con la Divisione Acqui nel 33°
reggimento Artiglieria. Dopo l'8 settenbre e la conseguente resa
italiana, Battista, ferito, venne rinchiuso nelle carceri di Argostoli
e comunque rimase priginiero a Cefalonia. Come artificiere
partecipò al sabotaggio del posizionamento mine sull'isola
da
parte della Wehrmacth, operazione che evitò la distruzione
completa del porto di Argostoli prima dell'abbandono di Cefalonia da
parte dei Tedeschi.
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Artigliere
Giorgio Lo Iacono
Antifascista
e militare in grigioverde. Sopravvissuto miracolosamente
all’eccidio di Cefalonia. Il resto della vita trascorso a
testimoniare la sua storia e l’orrore della guerra. Giorgio
Lo
Iacono è morto il 18 maggio, a 92 anni, nella sua abitazione
a
Palermo. Lo Iacono (il secondo a sinistra) durante un
convegno
organizzato dall’Anpi
Lo Iacono aveva
partecipato
spesso a raduni di reduci della divisione Acqui annientata dai nazisti.
Portava sempre con sé il suo libro di memorie e ovunque
andasse
a parlare il successo era assicurato.
Ma tutto questo e
la stessa la
drammaticità dei fatti narrati forse non bastano a spiegare
la
ragione per cui i discorsi di Lo Iacono riescono sempre a mantenere
desti l’interesse e la tensione emotiva
dell’uditorio». Tutto questo L0 Iacono lo
aveva
dentro. E sapeva come trasmetterlo». Ed ecco un
ricordo di
Cefalonia, a tracciarlo è proprio Lo Iacono.
«Quando
l’isola cominciò ad esser bombardata non fu
risparmiato il
promontorio che sormonta Argostoli, Cima Telegraphos, dove stavo
prestando servizio io, in compagnia di altri cinque commilitoni,
incaricati di fornire le coordinate di tiro alle nostre artiglierie. A
ondate successive, gli Stukas sganciarono centinaia di bombe,
picchiando con la sirena che ululava. Risalendo continuavano a
mitragliare. Tra un attacco e l’altro trovavano il tempo per
rifornirsi di bombe a Patrasso. Ma quelle brevi pause diedero agio ai
miei compagni di cercare scampo altrove. Rimasi solo per
un’intera giornata, accovacciato tra due sassi, la bocca
secca
per la sete e la paura, la polvere che mi penetrava nei polmoni. E quei
maledetti uccellacci teutonici continuavano a ronzare e bombardare il
promontorio». «Verso il tramonto cercai di
vincere la
paura per guardare la morte in faccia, ossia la bomba che avrebbe posto
fine al mio tormento. Notai un piccolo spezzone incendiario -
è
il racconto che prosegue - che sembrava stesse per raggiungermi. Aveva
le sembianze della statua equestre di san Giorgio, protettore di Piana,
il volto rassicurante. La bomba esplose a poca distanza da me. Mi alzai
e corsi in cerca dei commilitoni. Ne trovai uno solo. Aveva quattro
anni di guerra sul groppone e una paura incredibile. Cercammo di
rientrare al reparto e per miracolo non fummo uccisi da altri soldati
italiani che, avendo intravisto due ombre (le nostre) corsero
all’assalto di Cima Telegraphos sparando e urlando:
“Avanti
Savoia!”. E noi di rimando: “Cessate il fuoco, non
siamo
tedeschi”». Giorgio scampò poi
all’eccidio rifugiandosi tra la popolazione greca.
(da Corriere.it 02 giugno 2014)
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Fante
Rino Dovesi
Rino
Dovesi nasce a Dozza Imolese (BO) il 10 maggio 1923. La sua partenza
per il servizio militare avviene il 7 gennaio 1943 con prima
destinazione la città di Cosenza, viene poi trasferito a
Caserta
dove rimane fino a metà maggio ‘43, per essere
trasferito
definitivamente al 18° reggimento fanteria Divisione Acqui.
Sbarca
nell’isola di Corfù il 7 giugno successivo. In
quell’isola viene aggregato a un reparto della Guardia di
Finanza. Il lorodistaccamento, composto da cinque soldati e cinque
finanzieri, si trova isolato sulla costa con il compito di vigilare e
prevenire il contrabbando. Essendo isolato dal resto delle forze
militari, non vive la battaglia di Corfù ma, viene comunque
catturato dai tedeschi il 22 settembre 1943. Prigioniero, viene inviato
in un campo di concentramento in Grecia, nei pressi di Gianina. Ha la
fortuna di passare una prigionia non troppo sofferta anche se costretto
al lavoro coatto, riuscendo persino ad allacciare una forte amicizia
con una famiglia greca. Nell’estate del ‘44, quando
i
Tedeschi abbandonano la Grecia, riesce a raggiungere la
città di Prevesa nella quale si imbarca per il
rientro in
Italia datato 11 novembre 1944. Viene subito aggregato al 12°
reparto salmerie. In questo reparto partecipa, in appoggio alla
210ª divisione di fanteria italiana, alle dipendenze della
5ª
Armata americana, alla liberazione di una zona, nei pressi del suo
paese, sulle colline imolesi. Questa partecipazione lo gratifica di
diversi encomi. Rientra a casa nel mese di maggi1946 dopo essere stato
congedato dall’esercito italiano. Nella foto lo vediamo
sorridente alla fine della sua prigionia, fare un pic nic con compagni
e civili greci.
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Artigliere
Elio Buricchi
Il
giorno di Pasqua, un giorno prima del suo 94° compleanno ci ha
lasciati l'artigliere Elio Buricchi. Elio viveva a Castelnuovo di
Garfagnana in provincia di Lucca. Apparteneva al VII Gruppo
Artiglieria di Corpo d'Armata cannoni da 105/28 ed era stanziato a
Cefalonia. Scampato sull'isola dal massacro tedesco e fatto
prigioniero, scampa anche dall'affondamento del piroscafo Marguerite,
sul quale era stato imbarcato, che il 13 ottobre aveva lasciato il
porto di Argostoli ed era affondato forse per l'urto di una mina o
forse da un sommergibile inglese. Lo vediamo, giovane artigliere nella
foto, seduto a terra mentre guarda il cane sulle alture soprastanti la
città di Argostoli, della quale se ne intravede uno spicchio
alla destra dei soldati. Alle loro spalle la Baia di Argostoli con
sullo sfondo (alla sinistra dei soldati) la cittadina di Pharsa che fu
teatro di feroci scontri Italo Tedeschi.
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Artigliere Giovanni Cattaneo
Mio padre non
è stato un eroe. Mio padre, Giovanni Cattaneo, nato il 29
agosto 1920 a Terno
d’Isola in provincia di Bergamo, è mancato il 20
febbraio 2014 e per ricordarlo
vorrei esprimere parole non di circostanza. Apparteneva alla
33ª Btr. artiglieria contraerea da 20 mm
di stanza a Corfù.Come molti dei
superstiti ha cominciato a raccontare della guerra molti anni dopo,
solo quando
noi figli, già adulti, gli chiedevamo di raccontarci la sua
esperienza. A me,
nata diversi anni dopo la guerra, che ritenevo l’eroismo in
guerra un nobile
ideale e supremo valore, rispondeva “Ma quali
eroi! Ma se siamo stati
bombardati anche dagli inglesi che erano diventati nostri alleati!
Tutto quello
che ho visto non aveva senso, e ho capito, come tutti gli altri, che
quello che
dovevo fare era cercare di salvare la vita. Ci sono riuscito, ma ancora
adesso
non so come sia potuto succedere”.
In
diverse
occasioni, ricordando le migliaia di suoi commilitoni e gli ufficiali
assassinati a Cefalonia, parlava con sofferenza della carneficina,
esprimendo
le sue perplessità per la scelta fatta da alcuni ufficiali
di attaccare i
tedeschi, elogiava il comportamento prudente di Gandin che conosceva i
tedeschi, sapeva bene che aggredendoli avrebbero reagito male. Secondo
mio
padre sarebbe stato necessario prima di tutto pensare a salvare la vita
a tutti
quei ragazzi. Diceva “La vita è
importante” e sottolineava spesso la differenza
tra i soldati tedeschi, che definiva come degli automi senza
sensibilità e
indifferenti di fronte al dolore, e i soldati italiani, giovani ragazzi
tendenzialmente poco portati alla guerra e che non vedevano
l’ora di tornare al
loro lavoro e alle loro occupazioni: artigiani, contadini, operai,
qualche
impiegato. Nel suo diario dice….. Tra
commilitoni ci si scambiava idee e si discuteva anche di politica. Dopo
il 1942
abbiamo cominciato ad esprimere sfiducia per il fatto che la guerra
cominciava
ad andar male su tutti i fronti, la maggior parte di noi pensava che il
duce
avesse sbagliato alleandosi con Hitler….
Racconta ancora, ricordando quei giorni terribili…. Il 25
settembre, era di pomeriggio intorno alle 15/16 non ricordo
l’ora esatta, dopo
10 minuti che le sirene avevano dato l’allarme si
cominciò a sentire il rombo
degli aerei che si avvicinavano. Scattato l’allarme, il
nostro compito era di
correre al pezzo e prepararci alla difesa. Gli stukas erano diretti
proprio verso
la contraerea, cioè verso di noi. Il rumore degli aerei si
sentiva bene ma non
era possibile individuarli subito, la cosa diventava possibile solo
quanto
iniziavano la “picchiata” e se ne cominciava a
sentire il tipico ronzio. Erano
4, diretti proprio verso le nostre batterie. II primo di loro, suppongo
il
caposquadriglia, inizia la picchiata e sgancia le bombe che finiscono
sulle
mura e sulle rocce a circa 80/100 mt da noi. L’esito fu
simile a quello di un
terremoto, fummo avvolti da una nuvola di polvere e sassi, non
riuscendo a
vendere più nulla. Io continuai a sparare finché
i proiettili finirono, solo in
quel momento mi accorsi di essere rimasto solo, i miei compagni, quelli
che
prima si trovavano vicino al pezzo, impauriti e temendo di venire
uccisi erano
fuggiti per nascondersi senza farsi notare dal capitano. A quel punto,
impaurito, mi alzai e corsi verso il rifugio. Mi trovai davanti
però il
capitano Bonali che grida ”Cattaneo dove vai?”.
Ricordo che aveva la pistola in
pugno puntata verso di me, io risposi “Signor capitano al
pezzo sono rimasto
solo, non c’è più nessuno”,
mi disse “Torna al pezzo, vengo io a servirti le
munizioni”. Infatti andò che io continuai a
sparare mentre lui mi caricava le
munizioni. Quando cessò l’allarme, io
e il capitano ci guardammo e dissi, molto scosso “Signor
capitano perché stiamo
qui a farci massacrare in terra straniera?”, mi rispose con
due parole “Questi
sono gli ordini”.
Abbraccio
mio padre,
anche se non è stato un eroe ma solo un padre e
lavoratore. Ivana Cattaneo
|
Artigliere
Palmino Anselmi
Arcisate, 14 febbraio 2014
Sono
la figlia dell'artigliere alpino Palmino Anselmi, uno dei pochi
sopravvissuti all' eccidio di Cefalonia.
Purtroppo mio
papà Palmino lo scorso 23 gennaio improvvisamente ci ha lasciati. Nonostante l'età
(avrebbè compiuto 93 anni il prossimo 20 marzo) era una
pedina ancora molto importante per la mamma, ma anche per noi
figli e per i nipoti, sempre disponibile e attivo come un baldo giovane.
Guidava ancora
l'auto ed era ifaticabilepur se qualche acciacco si faceva
sentire, ma lui non era il tipo da piangersi addosso, era
un'ottimista nato e vedeva sempre il bicchiere mezzo pieno anche nelle
prave più
difficili che la vita gli aveva riservato. Era patriota fino al midollo,
portava la sua testimonianza di sopravvissuto all'eccidio di Cefalonia
nelle
scuole: era molto gettonato e questo lo riempiva d'orgoglio. Compariva
sui quotidiani locoli quando faceva i suoi interventi o quando
riceveva degli attestati di benemerenza. A testimonianza di
ciò invio
gli articoli del quotidiano
locale redatti in occasione della sua scomparsa.
Era diventato un
personaggio, chiacchierava con tutti, aveva sempre un argomento su cui
far breccia, nella
nostra zona lo conoscevano in molti e in molti lo hanno accompagnato
nell'ultimo viaggio.
Sempre presente a
Verana a settembre in occasione della commemorazione della Divisione
Acqui,
partecipava con assiduità a tante manifestazioni
commemorative, nonché ai funerali di alpini ed ex combattenti e al termine della
cerimonia recitava a memoria, con enfasi, la preghiera dell'alpino che
in occasione
del suo funerale è andata in onda registrata con la sua
voce: un'emozione indescrivibile!
Questo era il mio
papà e molto altro ancora ...
Allego anche alcuni cenni biografici che
avevo preparato un paio d'anni fa in occasione di una cerimonia durante la quale gli fu
conferito un riconoscimento e l'immaginetta ricordo che abbiamo
distribuito il giorno
del suo funerale con stampata sul retro la sua cara preghiera
dell'alpino.
Grazie
Un caro saluto Renza Anselmi
|
Piccoli
Andrea
|
Caporale
Armani Vittorio Gaetano – 33° brigata mortai
divisione Acqui
Classe
1920 – deceduto il 29/12/1013
Dopo
Merano, in località Branzi nel bergamasco, svolge il campo.
Viene inviato sul fronte francese, Col della Maddalena. Dopo il fronte
francese, spedito in Albania (documentato da foto di gruppo sul posto).
In Albania è ferito da schegge di mortaio alla schiena, nei
primi mesi del 1941. Guarito, è mandato a Corfù
nel 1941.
Dopo l’otto settembre ‘43, durante i rastrellamenti
è salvato da civili greci e vi resta fino a Natale.
In
seguito è catturato dai tedeschi e imbarcato destinazione
Albania – Porto Edda – dove incontra
l’amico De Paoli
di Mattarello di Trento. E’ caricato su un convoglio merci e
grazie a un mitragliamento aereo, scappa e riesce a sfuggire dai
tedeschi. Si
ritrova in Serbia,
dove è nascosto da una famiglia. Soltanto nel 1946
è
tornato in Italia, sfuggendo anche ai partigiani di Tito. La famiglia
è stata ritrovata nei primi anni 2000, grazie a dei serbi,
arrivati a Pieve di Bono in Trentino, dopo la recente guerra dei
Balcani. A questa famiglia, noi figli, se anche non la conosciamo, le
dobbiamo per sempre essere grati e riconoscenti,
per avere
salvato il nostro papà. Con loro ha lavorato la campagna. Ha ricevuto nel 1967 la Croce al
Merito di Guerra.
Fra i suoi compagni di allora c’erano: Piccoli di
Mattarello, suo cognato; De Paoli di Mattarello; Tonini, deceduto a
Pasqua sul fronte di Bratai in Albania nel 1941; Betta Dino di
Varignano di Arco; Corradi di Bezzecca; Boccagni Mario;Bisoffi e
Piccoli Andrea di Mori.
(vicende di guerra,
inviate dal figlio Guido)
|
Vinicio
Diomedi
Santa
Margherita Ligure: abbiamo ricevuto una telefonata da parte di una
signora, di Genova, Antonella Ponte, che ci ha comunicato l'appena
avvenuta scomparsa del proprio zio, Vinicio Diomedi, novantenne, nato a
Genova nel mese di luglio del 1923 reduce
di Cefalonia; la signora, che io non conosco personalmente e che ho
sentito per la prima volta, mi ha saputo dire che il congiunto era, al
tempo, arruolato in Marina e che fu catturato dai tedeschi e portato in
Germania, dove subì alcuni anni di prigionia.
(Maria Grazia Barbagelata)
|
Giovanni
Tosi
È
scomparso all'età di 90 anni Giovanni Tosi, uno degli ultimi
reduci di Satizzole, ex deportato pluridecorato e insignito
dell'onorificenza di cavaliere al merito della Repubblica italiana.
Se
n’è andato in silenzio, alla ricerca della pace
che su
questa terra non ha mai trovato perché la guerra lo aveva
ucciso
dentro. Una vita la sua, segnata indelebilmente dai fatti tragici di
Cefalonia e Corfù del settembre 1943, di cui per anni non ha
mai
voluto parlare. Era infatti scampato non una ma bensì due
volte
alla morte incontrata nei campi di concentramento dove era riuscito a
sopravvivere scavando le fosse dove venivano seppelliti i detenuti che
ogni giorno morivano.
Un
trauma che aveva faticato a rielaborare e che aveva reso noto a parenti
ed amici solo in età avanzata perché avea il
desiderio
di ritrovare il tenente Rossidori. La sua storia inizia nel
settembre1 943 era la matricola 273950. All'epoca Tosi
era arruolato nel 46" reggimento di artiglieria motorizzata.
Dopo
l'armistizio dell'8 settembre fu catturato e condotto in un campo
di
concentramento greco. La nave su cui Giovanni Tosi viaggiava fu
bombardata dagli anglo americani e si salvò aggrappandosi ai
corpi dei soldati annegati. In seguito raggiunse il campo dove
sopravvisse scavando fosse per i morti.
Ammalatosi
di pleurite venne deportato in Germania, nel campo di concentramento di
Zeithain, dove rimase fino al 23 aprile del1945 quando arrivarono i
russi, che poi lo reclutarono per cinque mesi. Tanto che
rischiò
di essere deportato
in Siberia come traditore fascista. Un contrordine annullò
il trasferimento e ritornò a Salizzole.
|
Arduino
Giberti
Il
Signore di questa foto con il suo simpatico e dolce sorriso si chiama
Arduino Giberti e ci ha lasciati, così all'improvviso
cogliendo
tutti di sorpresa alla vigilia del suo novantunesimo compleanno. Faceva
parte del 17° reggimento fanteria della
Divisione Acqui di Stanza a Cefalonia. Era nato a Serramazzoni (Mo) il
21 gennaio 1923. A cefalonia venne preso prigioniero dai tedeschi e
condotto alla caserma Mussolini. Fu imbarcato sulla nave Ardena ma
riuscì a salvarsi dal naufragio della stessa e , ripreso,
passando per salonicco fu mandato nei campi di internamento in
Jugoslavia. Riuscì a rientratre in Patria nel settembre 1945, a
Capodistria con i partigiani di Tito. Lo ricordiamo come persona gentilissima e
disponibile che ha dedicato la sua vita al ricordo della
Acqui. Ha sempre partecipato alle commemorazioni dell'Eccidio della
Acqui provinciali e nazionali e lo ricordiamo orgoglioso, accompagnato
dall'inseparabile nipote, con la moglie e la figlia al
Quirinale,
invitato dal presidente della Repubblica, On. Giorgio Napolitano, il 4
novembre u.s. in occasione della festa delle Forze Armate. Quando si
conoscono queste persone da molto tempo, sembrano diventare immortali,
così pieni della loro gentilezza e sempre pronti a donarti
un
sorriso, ma poi si è costretti a prendere atto della
realtà, come svegliandosi all'improvviso nel mezzo di un bel
sogno. Ciao Arduino ci mancherai. (OP)
|
Enrico
Girolamo Savani
E'
giunta inaspettata stamattina presto la triste notizia della
scomparsa del reduce del 17° reggimento fanteria Enrico
Girolamo
Savani. E' sempre spiacevole ricevere le notizie sui nostri reduci che
ci lasciano, ma questa per me è stata ancor peggio delle
altre
in quanto, con Enrico, avevavamo un rapporto particolare: è
stato il primo reduce che ho conosciuto e soprattutto l'unico, ancora
presente, che aveva vissuto tutta la prigionia, a Cefalonia insieme a
mio padre col quale erano molto amici. Avrebbe potuto raccontarmi molte
cose ma
purtroppo quando l'ho conosciuto era stato operato alle
corde vocali e non poteva parlare, ma comunque riuscì a trasmettermi
molte notizie che mi aiutarono molto nel primo viaggio a
Cefalonia. Lui soprattutto mi
stimolò a continuare nella ricerca, lo convinsi anche a
scrivere
un diario che mi trasmetteva, pagina dopo pagina, via fax.
Abitava
a Remedello in provincia di Brescia e purtroppo non potevo vederlo
molto, ma era sempre bello, quando riuscivo ad andarci, vedere i suoi
occhi inumiditi dalla commozione e dall'affetto. La foto ci ritrae
(insieme alla moglie Vittoria) dopo la consegna della Medaglia
d'Argento della FVIL ( Federazione Italiana Volontari della
Libertà) nella sala del Consiglio del Comune di Remedello in
una
cerimonia ufficializzata dalla presenza del sindaco di alcuni
consiglieri e dei suoi amici del paese. Fu una cerimonia bella e
commovente e ringrazio ancora e di cuore il sindaco, Avv. Ceruti
Francesca per aver organizzato il tutto in quella domenica d'autunno.
La pubblicazione on line del suo diario sarà lo strumento
perchè venga ricordato anche da chi lo vorrà
leggere.
Ciao Enrico ti ricorderò sempre con grande affetto e
lunedì prossimo verrò a Remedello a portarti
l'ultimo
saluto e onorarti con la bandiera della
Acqui. (Orazio Pavignani)
|
Marco Pazzini
Milano
18 Dicembre 2013
- Nella notte è scomparso il Caporal Maggiore Marco
Pazzini, apparteneva al 33° Compagnia Genio TRT a Cefalonia. La
tragedia della
Acqui era sempre presente nei suoi ricordi vivi ed emozionanti, in
particolare
ricordava quando aveva ricevuto a Radio Tavola il dispaccio
dell'armistizio
dell'8 Settembre 1943 e subito l'aveva comunicato al Generale Gandin e
piangendo i particolari di come era riuscito a salvarsi dall'Eccidio al
Castro.
E' stato per lunghi anni Presidente ANDA sezione di Milano e
dell'Associazione
Combattenti e Reduci. Grazie Marco perchè in questi anni
hai saputo trasmetterci
con le tue parole la forza per non dimenticare e soprattutto il ricordo
di
quanto accaduto deve essere trasmesso ai giovani come proseguimento
della
Memoria. (Ilario e Wally Nadal)
|
Rino Gravati
Non
sappiamo quando, ma siamo certi della notizia: è' deceduto a
Fidenza il reduce Rino Gravati. Non abbiamo molte notizie su di lui perciò
per ricordarlo pubblichiamo questo il sunto di una intervista
rilasciata da "Rino" agli studenti dell'Istituto a: Bernini.
Classe 1921, non
aveva ancora vent'anni quando nel gennaio del 1941 si trovò
in una caserma di Silandro (Bz), assegnato al 17° Fanteria
della Divisione Acqui.
Nel settembre dello
stesso anno fu mandato in Grecia, a Cefalonia, dove il suo reggimento
era arrivato per presidiare l'isola insieme ai tedeschi. Nell'isola la
vita militare non era insopportabile, con la popolazione locale c'era
cordialità, i greci volevano bene a noi soldati italiani. Ma
con l'8 settembre a Cefalonia comincia la tragedia.
" Da alleati siamo
diventati di colpo nemici dei tedeschi. Il generale Gandin rifiuta di
cedere le armi e il 15 di settembre comincia la vera guerra. Furono
sette giorni terribili: la mia compagnia, composta di circa
200 uomini fu annientata. Ho visto cadere falciato da una raffica di
mitraglia il capitano Giorgio Balbi di Parma, che si trovava proprio
dietro di me; della mia squadra su sette uomini siamo sopravvissuti in
due. Non riuscivo a pensare a niente, tanto prima o poi tutto sarebbe
finito! Fortuna volle che fui tra i pochi a salvarmi da quell'inferno".
Fu fatto prigioniero e internato in un campo di concentramento in
Serbia e condannato ai lavori forzati lungo una via ferroviaria. Fu poi
trasferito vicino a Vienna, dove fece il barbiere del campo, poi
scappò e, dopo alcune peripezie, fu catturato ; nel 1945
fuggì di nuovo e prendendo la strada per Innsbruck,
salì su un camion per l'Italia e poi a Fidenza. " Certe
esperienze cambiano dentro e, in mezzo a tanto odio, ho imparato a non
odiare".
|
Mario Gherardi
Quando varcava la soglia della
sede del gruppo
di appassionati verdiani del quale era socio decano
diventava
«Simon
Boccanegra», ossia impersonava la nota opera verdiana come
vuole
la rigida regola di chi entra a fare parte dello storico
«Club
dei 27» presieduto
da Enzo Petrolini, Mario Gherardi è deceduto nei giorni
scorsi all'età di 92 anni, Parmigiano del sasso,
entrò a
fare parte del club nel
1974 assumendo il titolo di «Corsaro», Nel
1991,
«Mario -
ricorda commosso il presidente del Club dei 27, Enzo
Petrolini
è sempre stato appassionato di tutta la musica che seguiva
regolarmente, oltre che al Regio con la stagione lirica, anche
attraverso i concerti dell'Orchestra
Toscanini.
Grande invalido di guerra, Cavaliere al merito della Repubblica,
insignito nel 1997, era attualmente
presidente della sezione di Parma dell'Associazione nazionale mutilati
e invalidi di
guerra.
Sottotenente di complemento, durante la
guerra, fu destinato in Grecia in forza alla mitica e gloriosa
«Divisione Acqui», E, da quel momento,
iniziò l'odissea di Gherardi assegnato
al comando del plotone del
18° Reggimento della «Acqui». Visse in
prima persona l'immane tragedia, di cui furono
vittime tantissimi nostri soldati, culminata con l'eccidio di
Cefalonia. Deportato nei lager nazisti condivise fame,
fatiche, umiliazioni ed «amarcord» con
Giovannino Guareschi del quale serbò, fino all'ultimo, un
fraterno ricordo,
Ritornato in patria seriamente provato nel fisico, fu assunto alla
Banca Commerciale Italiana ed, in seguito,alla
Banca Nazionale dell'Agricoltura, per poi
iniziare la professione di Consulente del Lavoro. Persona raffinata,
gentile, di profonda
cultura e grande rettitudine, oltre ai tanti amici e
«confratelli» verdiani del «Club dei
27»,lascia la moglie Luisa ed il nipote Luigi i quali lo hanno
assistito
amorevolmente fino
all'ultimo. (da
La Gazzetta di Parma - Lorenzo Sartorio)
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Antonio
Capra
E'
morto Toni Capra superstite di Cefalonia.
Tra
nove giorni avrebbe compiuto 93 anni, ma l'odissea dell'ex portaordini
della Compagnia è rimasta pressoché sconosciuta
per
settant'anni, finché non è uscita la sua
biografia per
Araba Fenice. Antonio
Capra, detto Toni, era uno degli ultimi superstiti della Divisione
Acqui, massacrata dai tedeschi nel settembre del 1943, dopo
l’armistizio, sull’isola greca di Cefalonia. Nato
nel 1920,
l’ex portaordini della Compagnia comando del terzo
battaglione
del diciassettesimo reggimento di fanteria è morto
mercoledì scorso a San Francesco al Campo. Tra nove giorni
avrebbe compiuto 93 anni. La storia di Capra e la tragedia dei soldati
italiani è stata raccontata da lui stesso a Franco Brunetti,
autore del recente libro-intervista "Sopravvivere a Cefalonia. La
dignità di resistere del portaordini della Acqui". La sua
odissea è rimasta pressoché sconosciuta per
settant’anni.
Scampato al massacro e fuggito
dalla prigionia tedesca, Capra si era unito
ai partigiani greci, collaborando con la Resistenza antinazista.
Sopravvisse e riuscì a ritornare a San Francesco al Campo,
nel
maggio del 1945, anche grazie a una famiglia di poveri contadini
ellenici, che lo accolse e lo aiutò. Nel gennaio di
quest’anno, il sopravvissuto di Cefalonia aveva ricevuto la
medaglia d’onore che la legge riconosce ai deportati e agli
internati militari. I funerali di Capra si svolgono oggi, alle 14.15, a
San Francesco al Campo (da
Repubblica- Torino del 22/11/13 MassimNovelli)
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Pettenati Salvatore
Buongiorno, volevo tristemente
comunicarvi che il 4 gennaio 2013 èscomparso mio nonno. Era un reduce di Cefalonia della
Divisione Acqui, Pettenati Salvatore 317° Fanteria. Ho
visto i vostri elenchi ed il Vostro impegno a mantenere vivo il ricordo
di questa triste pagina della nostra storia, e volevo in qualche modo
dare il mio contributo affinchè possiate tenerlo aggiornato.
Luca Pettenati
CORDOGLIO PER LA SCOMPARSA DEL
REDUCE DELLA DIVISIONE ACQUI
Pettenati, una Vita segnata da
CefaIonia
Passano
gli anni e lentamente se ne vanno
quelle persone che potrebbero essere tranquillamente definite pagine di
storia del
nostro Paese. All'età di 91 anni si è infatti
spento a
Noceto Salvatore Pettenati. Conosciuto da tutti come Silvio - lui
gradiva essere chiamato cosi - Pettenati è stato uno dei
superstiti dell'eccidio, perpetrato dalle
forze militari tedesche contro quelle italiane, di Cefalonia e
Corfù. In paese
era particolarmente conosciuto perché membro
dell'Associazione
nazionale famiglie dei caduti e supersiti della divisione Acqui: con
questo sodalizio
partecipava sempre alle varie commemorazioni dei Caduti. Inoltre si
recava spesso al Circolo Anziani
locale per passare alcune ore in compagnia di amici e coetanei.
Nato
a Solignano nell'ottobre del 1922, faceva parte di una famiglia
composta da ben 7 fratelli. Il padre viaggiava tra Italia e Stati Uniti
per
lavorare e mantenere il nucleo famigliare. Salvatore iniziò
a
lavorare come contadino
assieme ai famigliari fino a quando non ricevette la chiamata alle
armi. Arruolato nella Divisione Acqui venne dunque inviato
nell'arcipelago greco dove visse i tragici
episodi di Cefalonia. L'esperienza segnò profondamente la
vita
di Pettenati,che raccontava spesso gli episodi di quei giorni. Dopo
l'armistizio del '43 scampò per ben due volte
adun'esecuzione,
poi venne deportato in Germania dove rimase fino alla fine della
guerra. Pettenati, mentre si
trovava aCefalonia e Corfù, strinse una forte amicizia con
Mario
Pasquali, presidente della sezione provinciale di Parma e presidente
onorario nazionale
dell'associazione nazionale delle famiglie dei caduti e dei
superstiti della divisione Acqui, scomparso nello scorso febbraio.
Appena ritornato in Italia, con
l'esperienza della
guerra alle spalle, Salvatore Pettenati tornò a coltivare i
campi a Bardane, la
frazione del comune di Terenzo. Qui conobbe Ines Abelli e la
sposò nel 1950. Dalla loro unione nacque Alessandro,
scomparso
prematuramente nel 2012. Nel 1985, dopo una vita dedicata al lavoro e
al ricordo di Cefalonia, Pettenati andò in pensione
trasferendosi prima a Cella di Noceto e poi a Noceto. Nei giorni scorsi
Salvatore Pettenati è stato salutato da parenti e amici nel
corso dei solenni funerali celebrati nella chiesa di Noceto . ( da La Gazzetta di Parma
Samuele Dallasta)
|
Severino Annoni
Il
Presidente della Sezione di Parma, Fabrizio Prada, ci comunica la
triste notizia della morte di Severino Annoni di Fidenza avvenuta il 15
ottobre u.s.. Nato il 13 marzo 1921 apparteneva al 33°
Reggimento
Artiglieria di stanza a Cefalonia. Dopo aver combattuto e
subito
la sconfitta, avendo avuto la fortuna di salvarsi, rimase prigioniero
nell'isola fino al novembre 1944. Amico intimo di mario Pasquali ha
contribuito tutta la vita a tenere desta la memoria dei Caduti della
Divisione Acqui andando innumerevoli volte ai convegni e soprattutto
nelle scuole a raccontare la propria disavventura vissuta a Cefalonia.
Lo
ricordiamo ancora vispo e lucido sul palco di Verona per la
commemorazione del 70° anniversario dell'Eccidio. Abbiamo
ritrovato
fra le innumerevoli interviste che ha rilasciato una frase molto bella:
"
[...]Ricordo con dolore tutte le lettere e le foto dei famigliari dei
soldati che gettammo in mare, in quanto quei ricordi rappresentavano
l'anima del soldato, morta con loro [...]. a nome di tutta
l'Associazione Nazionale Divisione Acqui porgiamo ai suoi
cari le
più sentite condoglianze. (la redazione)
Gabriele Annoni
Ecco, ora
siete di nuovo tutti assieme.
Tra
quelle
rocce bianche, sotto agli ulivi insanguinati, il 33°
ARTIGLIERIA
della Divisione ACQUI è al completo. Tanti ti aspettavano
là (non erano mai tornati da Cefalonia), altri rientrati con
te,
erano già andati avanti. Siete partiti di diciotto anni,
siete
tornati di ventitrè, e a chi non hanno tolto la vita hanno
rubato comunque tutta la giovinezza.
Forse
non siete mai tornati del tutto, un pezzo di voi è rimasto
sempre là.
Volevate
la
pace e avete dovuto fare la guerra, avete scelto di non arrendervi,
rischiando tutto. Chiedevate, via radio, munizioni e medicine: un
silenzio vigliacco è stata l’unica risposta e
novemila
ragazzi sono morti. Dopo i massacri, per giorni e giorni, nuvole scure
hanno coperto il cielo sopra l’isola: era il gasolio usato
dai
tedeschi per bruciare i cumuli di cadaveri e le case dei contadini che
vi avevano aiutato.
Prontezza
di
spirito e un coraggio disperato ti hanno salvato, ma poi hai
ringraziato la buona sorte aiutando e salvando tanti altri. Poi le
ferite, la cattura, la prigionia, le botte, la fuga, i partigiani
greci, l’arrivo degli inglesi, e finalmente, il rientro in
Italia.
Tanti,
tornati prima, erano passati da Diolo per parlare con tua mamma e
dirgli che ti avevano visto morto: ma la nonna non ci ha creduto, ti
conosceva più di tutti, dentro di sè sapeva che
eri vivo.
Erano lunghe le notti, affacciata alla finestra a guardare sullo
stradone, ma lei ti aspettava e da lì sei arrivato.
Vi
hanno
guardato con sospetto, davate fastidio: stava calando una cappa di
piombo, un silenzio pesante, una censura di Stato, per nascondere una
vergogna ancor più grande dei massacri:
l’abbandono.
La
miseria e
le fatiche del dopoguerra sono state rese più pesanti da
amarezza e delusione, dal timore di aver lottato per niente.
Ma
non ti sei mai scoraggiato, dovevi solo trovare la direzione.
Così
su quella littorina per Fornovo l’incontro della vita: la
mamma
era bella e tu non eri certo timido. Un amore durato oltre
sessant’anni: i primi anni sono stati duri, c’era
ancora
miseria ma voi, in due, avevate forza per dieci e una grande
dignità. Poi sono arrivato io, quante speranze e quanto
amore:
quello che vi ho restituito è solo una piccola parte di
quello
che ho ricevuto.
Una
vita
piena, il lavoro, la famiglia, una politica fatta di ideali (cosa oggi
sempre più rara), e tanti, tantissimi rapporti umani,
profondi,
coltivati con calore e sincerità.
A
livello
nazionale, sulle vicende di Cefalonia si sgretolava il muro di silenzio
e tu qui in zona hai fatto la tua parte, con una testimonianza attiva.
Decide e decine di scuole, centinaia di classi, ragazzi e ragazze hanno
ascoltato un pezzo di storia che sui libri non
c’è, hanno
capito e in tanti hanno ringraziato.
Poi
sono
arrivati Filippo e Tommaso ed è stata una dolce vecchiaia.
Hanno
avuto tanto da voi, e il loro affetto vi ha sostenuto.
Il
viaggio sull’isola col Presidente Ciampi, una grande
irripetibile emozione .
Due
anni fa l’ultimo dolore, il più terribile, la
mamma che se
ne va per prima: un dolore non esibito ma mai superato:
adesso
siete di nuovo insieme, questa volta per sempre.
Ciao babbo. |
Giuseppe Maltese
E'
morto ad Arezzo il carissimo amico Giuseppe Maltese. Figlio del Tenente
Colonnello Giovanni Maltese che, a Cefalonia comandava il III
battaglione del 17° fanteria. Protagonista di episodi eroici
durante la battaglia contro i Tedeschi fu poi catturato e fucilato nel
Vallone di Santa Barbara. Giovanni Maltese fu poi insignito
della
Medaglia d'Oro al Valor Militare. Il caro Giuseppe purtroppo
ci
ha lasciati e noi abbiamo perso oltre che un amico, un uomo che ha
vissuto per il mantenimento della memoria del padre arrivando
a
far erigere un cippo che ne esaltasse la figura e dedicandosi al
ricordo
di tutta la Divisione Acqui.
In questa foto lo vediamo al
centro, accanto alla presidente nazionale
Graziella Bettini, il giorno dell'inaugurazione, ad Arezzo, del viale
intitolato ai Caduti della Divisione Acqui. Ti ringraziamo, Giuseppe,
per ciò che hai fatto e salutandoti con affetto, porgiamo le
più sentite condoglianze alla tua famiglia.( La
Redazione)
|
Francesco Antonio Ortu
Gentile Orazio, dimenticavo
di informarti, ma forse lo sai già, che il caporal maggiore
Francesco Antonio
Ortu, classe 1919, soldato di Balotana
(Sardegna) della divisione
Acqui è morto ieri a 94 anni. Se n'è andato
serenamente, circondato dai 5
figli, all'ospedale di Nuoro. Oggi i funerali.
|
Francesco Antonio Bello
Informiamo
che il 21 luglio è deceduto un nostro reduce
Francesco Antonio Bello di Salerno. Apparteneva al
18° fanteria Acqui di stanza a Corfù, ed avrebbe
compiuto 90 anni il 4 agosto.
|
S.
Tenente Nicola Ruscigno
Si
è spento a Taranto uno degli ultimi ufficiali della
Divisione
Acqui che si salvarono dalla fucilazione avvenuta il 24 settembre 1943
in quella famosa "Casetta Rossa" i cui abitanti lo ospitarono
prima dell'8 settembre.
S.Tenente del 317° fanteria era fra gli ultimi a dover essere
fucilato ma, quando lo chiamarono insieme ad altri sette compagni per
essere condotto nei pressi della fossa, corse a dare i suoi effetti
personali a Don Formato perchè egli potesse riportarli alla
famiglia. Quando, dopo aver consegnato gli effetti al cappellano, si
accorse che il gruppo a cui doveva appartenere per essere fucilato era
già partito per la triste destinazione. Poi i tedeschi
concessero la grazia a quanti erano rim as ti in qu el
cortile ad attendere il loro triste destino. Lo vogliamo ricordare con
le poche par ole
del figlio Costantino : " Dopo
70 anni mio padre ha raggiunto il suop amico alla "Casetta Rossa"
Michele Spadaro.
E' capitato tutto molto velocemente ........... ma fortunatamente molto
serenamente......". Ci
piace ricordarlo nella foto quale giovane S. Tenente a Cefalonia, ma
anche in tempi più recenti con il suo sorriso gentile e
cordiale. L'Associazione Nazionale Divisione Acqui attraverso i
componenti della Giunta si stringe idealmente vicino alla Famiglia ed
ai figli porgendo loro le più sentite condoglianze.
IN RICORDO DI
NICOLA RUSCIGNO
Si
è spento serenamente, a
Taranto il 14.08. u.s., all’età di 91 anni e
circondato dell’affetto di tutti suoi
cari, Nicola Ruscigno, all’epoca dei tragici fatti di
Cefalonia e Corfù, S.Ten
della Divisione Acqui sopravvissuto alle fucilazioni della Casetta
Rossa il 24
settembre 1943.
Iscritto da lunghi decenni all’Associazione
Nazionale Divisione Acqui aveva costantemente svolto la sua azione di
testimonianza nei confronti dei giovani, come tutti gli altri nostri
cari
reduci.
Aveva, tra l’altro,
inaugurato, trovandosi del tutto casualmente sull’isola di
Cefalonia il 1
luglio del 2001, il Museo di Argostoli organizzato in loco
dall’Associazione
Mediterraneo, con un taglio di nastro effettuato tra la commozione in
nome di
tutti i suoi Compagni d’armi del 1943.
Come aveva avuto occasione di
ripetere negli ultimi incontri pubblici cui aveva presenziato, Nicola
è stato
ben felice, nel momento dell’estremo saluto, di potersi
riunire ai suoi commilitoni
di allora, con tutti i capelli bianchi, con l’esperienza di
una vita vissuta
pienamente nel lavoro e nell’affetto della sua famiglia, ma
soprattutto con le
stesse convinzioni di un tempo.
La PATRIA era il valore più
importante che Nicola e tutti gli altri Acquini Caduti a Cefalonia e
Corfù avevano
nel cuore in quel lontano 1943 quando fecero la scelta più
difficile della loro
vita, quella di non cedere le armi.
Quella stessa PATRIA, insieme
all’unità della sua famiglia, ha rappresentato per
Nicola un riferimento fermo
e un approdo sicuro, fino all’ultimo istante.
Non a caso la volontà espressa
in vita dal caro Nicola è stata proprio quella di
sensibilizzare le nuove
generazioni affinchè anche loro possano imparare a nutrire,
nel presente e nel
futuro, lo stesso sentimento di intenso amore e doveroso rispetto nei
confronti
della PATRIA, sia essa l’antica Patria-Italia ed anche la
nuova e più grande
Patria-Europa che si va faticosamente costruendo.
Per realizzare questa sua speranza
ci attende, a partire dal 70° Anniversario
dell’Eccidio che ricorre proprio
quest’anno, un lavoro molto impegnativo che comunque
servirà a rendere omaggio
al ricordo di tutti i nostri Acquini, ma soprattutto ad onorare il
coraggio esemplare
dimostrato con quella drammatica scelta compiuta, consapevolmente e
liberamente,
dalla Divisione Acqui nel settembre 1943.
Al duro lavoro per l’affermazione
di un supremo valore, si accompagni sempre un sorriso.
Chi lo ha conosciuto, sa bene
che così ha vissuto Nicola Ruscigno e, quindi,
così è giusto ricordarlo…
Costantino
Ruscigno
|
Giordani Ferdinando
Addio a Ferdinando Giordani uno
degli ultimi sopravvissuti di Cefalonia.
Si
è
spento a 91 anni
Ferdinando Giordani, uno degli ultimi sopravvissuti dell'eccidio di
Cefalonia (oggi alle 17 il fune
rale a
Molveno). Così lo ricorda
Silvio Girardi. «Siamo nei primi giorni dopo il fatidico 8
settembre 1943, le truppe del Reich vogliono vendicarsi del tradimento
dell'alleato, la ricerca è puntuale e fredda, non
c'è
pietà per i "traditori". alla Cà Rossa lo
sterminio degli
odiati ex alleati continua. Fra i molti condannati inconsapevoli
vì è il tante Giordani Ferdi-nando di Molveno.
All'inizio
si salva, ma poi «viene trascinato fino al luogo
dell'esecuzione
dietro la Cà Rossa, già i mitra sono pronti a far
fuoco,
Ferdinando in ginocchio sussurra: "Ma che ghe en podente noi" la frase
viene percepita da un soldato del Wer-macht; è un pusterese.
A
questo punto l'appartenenza alla nostra terra ha il sopravvento e lui
dice: "Nein, nein ist un-ser!" No, è uno dei nostri!
Così
Ferdinando
Giordani Nanuz è salvo e rientrerà in Italia dopo
infinite peripezie nei Balcani. Oggi dopo quasi 60 an-ni di matrimonio
con Teresa Bonetti, dopo tanto lavorare è tornato nella Casa
della Pace, con il Dio dei suoi padri. Onore ai nostri militi
eroi!». (da l'Adige - Trento
del 02/08/13)
|
Paolo
Salvaterra
Salvaterra
Paolo nacque a Lipsia nella Germania Est, dove i suoi genitori erano
emigrati
in cerca di lavoro, il 4 febbraio 1920; dopo pochi anni la famiglia
ritornò in
Italia, a Tione di Trento dove aprirono un negozio di alimentari in cui
Paolo
cominciò a lavorare e collaborare fin da piccolo ( come si
usava fare allora)Durante la
seconda guerra mondiale fu arruolato con il numero di matricola 11831
nel
17°reggimento fanteria ACQUI, compagnia mortai da 81 in cui
svolse il compito
di furiere. Partecipò alle operazioni di
guerra svoltesi sulla frontiera alpina occidentale, poi dal dicembre
1940 sul
fronte greco albanese , a Cefalonia e Corfù.Tornato in
patria riprese la sua attività di commerciante che svolse
fino all’età della
pensione ingrandendo più volte il proprio negozio e
trasformandolo nel 1966 in
supermercato (uno dei primi del Trentino). Nel 1950 si
sposò con Pia Bonomi (morta nel 2002) che gli diede 4 figli:
Walter (deceduto
nel 2003), Patrizia, Costanza e Marzia. Partecipò
attivamente anche alla vita del paese coprendo la carica di presidente
della
locale Pro Loco, fu consigliere comunale, vice presidente della locale
Cassa
Rurale, fu tra i promotori e i firmatari dell’atto
costitutivo della Cassa
Centrale delle Casse Rurali Trentine, suonò il clarino nella
Banda Sociale di
Tione di cui era Socio Benemerito.Era un
appassionato filatelico ed aveva una bella raccolta di francobolli;
ascoltava
volentieri la musica, sia classica che moderna; amava ascoltare e
commentare le
notizie politiche e leggere i giornali; gli piaceva viaggiare,
soprattutto in
Italia e particolarmente in Toscana dove si recava ogni anno dal 1950
per
seguire le cure termali a Montecatini.E’ spirato
serenamente a Pinzolo, dove era ricoverato in casa di riposo da poco
più di un
anno, il 18 aprile 2013. A cura della
figlia Patrizia.
|
CASTELLO
MOLINA DI FIEMME - Si è spento a Castello di Fiemme, Angelo
March. Aveva 93 anni e nella sua lunga vita era stato sindaco del paese
e Scario della Magnifica Comunità. Imprenditore, aveva
portato
avanti la sua segheria per oltre 40 anni fino al 1988.
Negli anni difficili della
guerra, indossata la divisa e spedito al
fronte, si era salvato per puro caso dall'eccidio di Cefalonia del
settembre del 1943: in quei giorni terribili in cui i nazisti
massacrarono migliaia di soldati italiani, lui era in licenza. Da
Merano, quando la guerra stava per finire, era poi riuscito a
raggiungere in maniera
avventurosa la sua valle, dove era stato catturato dai
soldati
tedeschi che volevano impiccarlo. E ancora una volta si era
miracolosa-mente salvato. Nel Dopoguerra il matrimonio con Herta March
(dalla quale ha avuto tre
figli: Alfredo, Norberto e Cristina) e l'inizio della carriera
politica: sindaco di Castello una prima volta dal 1953 al 1956, una
se-conda dal 1968 al 1969 e poi commissario straordinario fino al 1970.
"Ma
dal 1956 al 1960 era stato Scario della Magnifica
Comunità
di Fiemme. Un uomo che ha dato molto al paese e alla
comunità)),
ricorda l'attuale Scario, Raffaele Zancanella. il contributo di Angelo
March ha segnato vari settori: fu uno dei promotori dell'Unione
Sportiva San Giorgio, presidente della Commissione di valle incaricata
di studiare nuove prospettive turistiche legate alla stagione
invernale, promotore della realizzazione dell'acquedotto di Pampeago,
membro del Collegio sindacale dell'allora Cassa Rurale di Castello.
li
22 dicembre 2007 questa incredibile vita di passione e dedizione per
la sua terra è stata premiata con la nomina a Cavaliere
della
Repubblica, onorificenza di cui andava molto fiero. I funerali di
An-gelo March si svolgeranno oggi alle 14 nella chiesa parrocchiale di
Castello di Fiemme. (Da l’Adige del 3 maggio 13)
Breve ricordo di un reduce di
Cefalonia del 33°
artiglieria
Rino Mellarini, classe 1920, amico di Angelo March. Mellarini classe
1920, giovane sotto-ufficiale del 33° artiglieria a Cefalonia,
“aiutavo il Capitano Postal di Trento - aiutante Maggiore del
33° artiglieria - a distribuire gli ordini, settimalmente a
Cefalonia. Il March era motociclista, il quale mi aiutava a fare questi
servizi. Poi, dopo l'8 settembre ci siamo persi di vista, io in
Polonia, Angelo March in Germania”.
|
Faustino
Dilda
Si
è spento a Cremona il 26 aprile scorso il reduce
ultracentenario
Faustino Dilda. Era nato il 6 luglio 1911 a Cella Dati (CR), dove
svolgeva il lavoro di contadino quando fu richiamato alle armi nel
1940, nel 17° Reggimento Fanteria Acqui, per partecipare alla
campagna di guerra sul fronte greco-albanese. Dopo la resa della
Grecia fu trasferito nel maggio 1941 a Corfù. Qui lo
raggiunse
la notizia della morte della giovane moglie. Successivamente fu
spostato prima a Zante, poi a Cefalonia dove era addetto ad una
postazione di cannone nella zona di Capo Munta. Con l'armistizio dell'8
settembre '43, e la conseguente decisione della Divisione Acqui di non
arrendersi in modo disonorevole ai tedeschi, ma di combattere, si
salvò casualmente dalla fucilazione. "I tedeschi ci
catturarono
e ci fecero salire su una autocarretta; ma per me non c'era posto,
così fui costetto a seguire a piedi. Fu la mia fortuna:
quando
giunsi a destinazione, i miei compagni che erano saliti sul camion
erano già tutti per terra fucilati",
raccontò
in una lunga intervista del 2010 piena di rimpianti, commozione,
invettive, ironia, che l'Associazione di Cremona ha intenzione di
pubblicare.
Deportato in terraferma, dopo un
mese di viaggio in carro bestiame,
giunse in Bielorussia, prima a Brest Litovsk poi a Pinsk, dove fu
costretto ai lavori forzati per costruire casematte per l'esercito
tedesco. Mentre questo retrocedeva, incalzato dall'armata rossa, anche
Faustino arretrava sempre al servizio della linea del fronte tedesco,
prima in Polonia poi in Germania. La cattura da parte dei russi nel
febbraio del '45, però, per Dilda non rappresentò
la
libertà. Infatti i sovietici lo riportarono al punto di
partenza, in Bielorussia a Borisov, a costruire ferrovie per il loro
esercito. Solo nell'estate '45 fu trasferito a Budapest in mano agli
americani, che finalmente lo rimpatriarono, e potè
riabbracciare il piccolo figlio Osvaldo dopo quattro anni di
lontananza. Lo scorso anno è stato insignito della Medaglia
d'Onore dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. (Giovanni Scotti)
|
Giovanni
Santaera
Ieri
sera è venuto a mancare il Cav. Giovanni Santaera, classe
1919, il maresciallo in congedo
dell’Esercito, combattente a Cefalonia, superstite della del
17° Reggimento
Fanteria Divisione “ Acqui “, e deportato in un
campo di prigionia in Russia
dopo i tragici eventi di Cefalonia e Corfù. Il maresciallo
Santaera (a
sx. nella foto a Cefalonia il 25 aprile 2007 dopo
aver
stretto la
mano
al presidente della Repubblica)è
stato insignito di alcune onorificenze
per aver combatto in Francia e in Albania e ha ricevuto dal Presidente
della
Repubblica la medaglia d’onore per gli ex deportati nei campi
di
concentramento
nazisti. Chiedo a questo Comando di valutare la possibilità
di
inviare una
rappresentanza per le esequie che si terranno oggi 22 marzo
alle
ore 17.00 nella Chiesa di Santa Maria di Portosalvo in
Pozzallo. Il corteo funebre muoverà alle ore 16,30
dall’abitazione in Via Scaro
2. (Priof. Carmelo Nolano).
|
Salvatore
Grasso
Purtroppo
lunedì 4 marzo ci
ha lasciato Salvatore Grasso, classe 1917, reduce del
317°. Le sue
vicissitudini di guerra sono rocamboleshe, fu preso prigioniero ad
Argostoli il
22 settembre, imbarcato sulla Ardena si salvò dal naufragio.
Portato con un
altra nave verso la Grecia affondò al Pireo, salvandosi di
nuovo. Fu internato
in Germania e rientrò a napoli solo a guerra
finita, impiegando ben tre
mesi da Verona (dove venivano ammassati i reduci che rimpatriavano) a
Napoli
con le tradotte militari. E' rimpatriato con gli stessi abiti che aveva
al
momento della cattura: pesava poco più di 40 kg. Lucidissimo
ed attivo fino al
momento del decesso era il decano dei pizzaioli napoletani. Ha
conservato
gelosamente (nascondendolo durante la prigionia) uno dei volantini
lanciati su
Cefalonia dai tedeschi. Nella
foto, mentre riceve la medaglia, con gli altri reduci, dal
Gen Rosario Castellano al Comando Divisione Acqui a San Giorgio a
Cremano, a
novembre 2011.
|
Vittorio
Vitali
Ci
danno purtroppo notizia della perdita di questo reduce che ci ha
lasciato il 11 agosto 2011. A Roma il 27 gennaio 2011 Vittorio
(1° a sinistra nella foto insieme a Ferretti e Villani)
ha
ricevuto, al quirinale la Medaglia d'Onore. Vittorio nacque a Roma nel
1919. La seconda guerra mondiale lo vide partecipe inizialmente sul
Fronte Occidentale e dopo mille peripezie fu inviato a Cefalonia nel
33° reggimento artiglieria nel reparto munizioni e viveri sotto
il
comando del capitano Grazioli (poi presentatosi spontaneamente di
fronte al plotone di esecuzione). Vitali fu messo al muro con altri
soldati per essere fucilato, se non fosse che all’ultimo
momento
arrivò un ufficiale tedesco, Cappellano Militare, che fece
desistere i propri connazionali dal finalizzare l’esecuzione.
Prigioniero, si fece a piedi il tragitto dalla Grecia fino alla
Yugoslavia, prima fino a Lubiana (dove giunse lo stesso giorno della
capitolazione dei Tedeschi) per poi tornare indietro fino a Spalato.
Tenuto prigioniero per moltissimo tempo tornò a casa solo
alla
fine di giugno 1946.
|
Mario
Calliari
Trento
- Mio padre era
nato 08.12.1921 - morto il 29.12.2012.
Durante la seconda guerra mondiale fu
chiamato alle armi e partì, nella fanteria con la
Divisione Acqui, alla volta
della Grecia ove vi rimase per ben 5 lunghi anni. Nei suoi
racconti
citava questo come un fronte di guerra molto impegnativo e che divenne
tragicamente famoso in occasione dell’eccidio
di Cefalonia. Lui, avendolo vissuto
in prima persona, lo ricordava in modo preciso e
con una sicurezza nella
narrazione, anche negli ultimi anni, che ti fa comprendere come
tali
episodi furono di una così terribile
efferatezza. Lui,
assieme a diversi suoi compagni, riuscì a fuggire
in
montagna dove trovarono aiuto presso i partigiani greci.
Poi il ritorno in patria. Voglio solo ricordare che Lui mi diceva che
tutto
questo non si deve mai dimenticare perché il ricordo di
quanto
accaduto doveva,
deve, dovrà essere di monito alle generazioni
affinché
non si ripetessero tali
brutalità. Reduce di Cefalonia del 17°
Reggimento. (Ricordo
del figlio Alessandro)
|
Bruno
Bertolasi
Trento
- Nato a Trento
il primo luglio 1921 - morto a Trento il 23 gennaio 2013 Reduce di
Cefalonia
del 317 Reggimento Fanteria 9a Compagnia. Per più di
trent'anni
ha gestito
assieme alla moglie Olga, il bar Ideal in pieno centro a Trento, luogo
di
ritrovo nei tempi passati, di numerosi "Acquini". Più di
sessant'anni di matrimonio, ricordava spesso le tragiche vicende ai
propri
famigliari, dove ancora traspirava il dolore di quelle lunghe e
dolorose
giornate e nel giorno delle esequie, il parroco
della
parrocchia
"Santissimo" di Trento don Fiorenzo Chiasera ha ricordato
"...quando andavo a trovarlo a casa, Bruno mi parlava sempre della
tragica
storia della Divisione Acqui, della morte, della disperazione di tanti
giovani,
partiti per la guerra e per molti di loro, la stragrande
maggioranza, non
fare più ritorno” addio caro Bruno.(Franco
Menapace)
|
Ciao grande Mario
Parma,
2 febbraio 2013: un altro importantissimo componente della nostra
Associazione ci ha lasciati. Mario Pasquali presidente Onorario
Nazionale,
presidente della sezione provinciale di Parma, morendo, ci ha sorpreso
poiché
eravamo tutti certi che fosse inaffondabile e infinito.
Mancherà a tutti questo
suo meraviglioso sorriso e la sua grande bontà.
Una
vita intera dedicata oltre che alla sua
famiglia anche ai compagni della sua Divisione Acqui: quelli vivi ma
anche
quelli che a Cefalonia ebbero meno fortuna e lì pagarono il
prezzo della vita
per difendere la loro dignità di uomini e di italiani.
Ci sarebbero infinite cose da
dire su questo
sorridente signore che tanto ha fatto per trasmettere la memoria e quei
valori
in essa contenuti a migliaia di ragazzi di tantissime scuole: non
basterebbe un
libro. Nella chiesa di San Paolo a Parma durante la funzione per
l’ultimo
saluto le parole della nostra Presidente, Graziella Bettini rendono il
grande
onore che Mario ha meritato: “A
nome di tutta l’Associazione Divisione Acqui ,di cui
è
presente il
glorioso Medagliere, ed anche a nome di
tutti coloro che non sono qui , ma
avrebbero voluto esserci, porgo io, come presidente, l’ultimo
saluto a Mario
Pasquali, Presidente della Sezione di Parma, e Presidente Onorario
dell’Associazione Divisione Acqui. A lui tutti rivolgiamo il
più riconoscente
ed affettuoso ringraziamento per essere stato tra noi e con noi. Quando
muore
un reduce della Divisione Acqui, muore una grande parte della
nostra più preziosa eredità, perché
è
anche a loro , alle loro indicibili sofferenze che dobbiamo la nostra
libertà,
il nostro vivere in democrazia. Ma Mario
Pasquali è stato un acquino che ci ha
insegnato, con la passione del
testimone, a ricordare l’eroismo dei caduti
e dei reduci dell’Acqui. Attivo sempre nella sua sezione,
l’ho
conosciuto con sempre maggiore continuità dal 2002, quando,
in
occasione del
Convegno ad Arezzo destinato a tutte le ultime classi degli Istituti
della
città, venni qui a Parma perché
intervenisse
tra i testimoni. Rifiutò l’invito
perché, disse, il
suo livello di
istruzione non gli permetteva di affrontare gli studenti: temeva poi
che non
lo avrebbero compreso poiché si
esprimeva, qua e
là, in dialetto ..A distanza di pochissimo
tempo invece, ,come per un’improvvisa impennata,
dedicò tutta la sua attività
alle scuole, di ogni ordine e grado.,
Con orgoglio mi diceva, ogni volta che ci incontravamo, il numero ed il
nome
degli istituti ove si recava: ed io stessa, nel grande ed articolato
Convegno
di Parma del 2007, potei costatare con quanto caldo affetto era
circondato
dagli studenti( più di 1.000) che avevano ascoltato la sua
testimonianza,
assetati di vicende vissute, attratti dal suo narrare semplice, privo
di
enfasi, ma capace di trasmettere emozioni e quindi di suscitare
riflessioni .Mi
diceva “Bisogna consegnare la Memoria a chi può
farla propria e viverla nel
futuro”
Però
non soltanto i
giovani…anche gli adulti erano catturati dal suo racconto,
drammatico ma capace
sempre di non scivolare,grazie ad un
moto improvviso di humour, nel sentimentalismo. E le poche parole in
dialetto?
Avvincevano tutti per la freschezza e la coloritura che
davano alle sue esperienze. Potrei citare tante
manifestazioni, a molte delle quali sono
stata presente, di questa grande considerazione ed ammirazione per lui.
Ma
credo che qui basti ricordare l’invito che ricevè
dal Consiglio comunale di Parma, riunito in
seduta, perchè intervenisse alla
celebrazione del 25 aprile ,
dimostrazione di quanto la città amasse e rispettasse questo
grande ed umile
reduce
E
così lo abbiamo amato anche
noi dell’Acqui, , e così lo ricorderemo,
ora che ha ritrovato tanti amici
morti a Cefalonia e Corfù in quei
terribili ma gloriosi anni della sua giovinezza.”.
(Graziella
Bettini)
|
Chieti
:Il 2 gennaio è scomparso il reduce Achille Umberto Di Nisio
cl.
1923 di San Giovanni
Teatino (Chieti) appartenente al 17rtg. E' il protagonista di un paio
di
documentari che ho realizzato . Lui era il soldato che aveva
accompagnato il tenente a sotterrare la bandiera di guerra a Lakitra.
Li, sierano incontrati
con un altro tenente accompgnato da un soldato. Ai due fanti fu detto
di
restare al comando e gli ufficiali si allontanarono. Attesero tutta la
notte e
la mattina i due decisero di tornare ai rispettivi reparti. Del tenente
non
ebbe più notizie ( fu fucilato probabilmente indossando
sotto la camicia la
bandiera) e lui arrivò in tempo al reparto per partecipare
agli scontri di
Razata. Al momento, la sua testimonianza è forse la
più completa su quella battaglia.
(Fabrizio
Bruni)
|
Mario
Gherzi
Novara: con immenso
dolore comunico, la morte del l'ing, Mario
Gherzi
figlio del generale Edoardo, non ho parole ..era un caro amico ed
è una grave perdita per la sezione di Novara . Nonostante la
differenza di età( aveva 90) ci legava un grande affetto.
Pochi
giorni fa ci siamo sentiti telefonicamente aveva qualche problema
di salute ,ma nulla faceva prevedere il peggio ,anzi ci eravamo
ripromessi di risentirci per una partita di bridge. la sezione di
Novara senza Mario non ha quasi più ragione di esistere. (Franca Volpe)
|
Dante
Lazzari
Bologna:
il 29 novembre u.s. è purtroppo deceduto il caro amico Dante
Lazzari. Aveva 96 anni l’ex finanziere reduce di Cefalonia.
Dopo
essere stato sul fronte greco albanese e dopo la resa della Gre-cia si
fermò parecchio tempo in Croazia e aggregato alla IV
compagnia.
In quello stato si ammalò di pleurite guadagnandosi il
rientrò in Italia per la convalescenza. Nel 1943 fu
rimandato in
Grecia e precisamente a Cefalonia passando da Corfù. Nel
corso
della battaglia viene fatto prigioniero dai Tedeschi e deportato a
Patrasso dove rimane per quasi un anno riuscendo poi a fuggire dalla
pri-gionia. Una volta alla macchia apprende dai greci delle navi
inglesi che lo raccolgono e lo portano in Africa Settentrionale.
Ritornerà a casa solo nel Giugno del 1946. (OP)
|
Aldo Colombai
Napoli:
Stamattina ci ha lasciati Aldo Colombai,
reduce di Corfù. Aldo era un maestro dell’arte
fotografica e anche uno
scrittore attento, un ottimo narratore capace di raccontare le vicende
tragiche
che noi studiamo e ricordiamo con penetrante sensibilità. Io
lo ricorderò,
anche, come finissimo gentiluomo, rappresentante di
quell’intellighenzia
napoletana di arti e di mestieri che oggi si è
perlopiù persa. La presentazione
di un suo libro rappresentò, diversi anni fa, il mio
“debutto” sul palcoscenico
della storia militare. Prima della discussione pubblica mi chiese,
privatamente, un parere. Gli dissi che mi erano piaciuti molto
l’impianto
complessivo del libro, lo stile narrativo e l’idea generale,
sviluppata in
chiave comparativa, delle diverse “strade”
percorribili dopo l’8 settembre, ma
che non condividevo in pieno l’ipotesi interpretativa della
sua ricostruzione.
Con la gentilezza e l’eleganza che lo contraddistingueva, mi
ringraziò per
l’onestà intellettuale e mi pregò di
dire queste cose pubblicamente,
apprezzando, in quella che era allora davvero una
“giovanissima”, la
spontaneità dello sforzo scientifico. Capii allora che,
nella strada che avevo
scelto e che si preannunciava lunga e tortuosa, non sempre
l’altra parte
sarebbe stata rappresentata da nemici o avversari, ma che anzi avrei
potuto
imbattermi in idee diverse che, pur tenendo saldi alcuni principi
basilari,
avrebbero potuto arricchirmi e spingermi alla molteplicità
dei punti di vista.
Per tutto questo lo ringrazio e lo ricorderò. (Isabella
Insolvibile)
|
Alessio
Bianchi
Bergamo:
Bianchi Alessio era nato a Carona provincia di
Bergamo
il 20-11-1922 Chiamato alle armi il 4-05-42 nel 18° reggimento
fanteria. Dopo
l’addestramento a Merano fu imbarcato a Bari il 5-07-42,
giunse in territorio
Greco il 06-07-42. Il 03-08-42 fu assegnato al 317° reggimento
fanteria
divisione Acqui. Reduce di Cefalonia fu catturato il 22/09/1943. I
luoghi dove
fece la prigionia furono: da Cefalonia venne trasferito a Lesna Russia,
poi in
Germania Campo Konnesburg dal quale fu liberato il 20/10/1945. amava
ricordare
quando imbarcato sulla nave che affondò appena lasciato il
porto riuscì a
salvarsi a nuoto e quando raggiunse la riva fu arrestato dai
tedeschi che
(nel mare aveva perso i pochi vestiti che indossava) nel vederlo
passare le donne
del posto gli gettavano senza farsi vedere dai tedeschi gli indumenti
intimi.
Morto
a San Pellegrino Terme dove si era trasferito dopo
il matrimonio il 26/10/2012.
|
Aldo
Franchi
Parma:
il presidente di questa sezione Mario Pasquali, ci informa della
dipartita del reduce di Cefalonia Ten. Aldo Franchi, il quale faceva
parte del 17° reggimento fanteria e ricopriva la carica di
segretario della sezione stessa. (OP)
|
GRANDE
PERDITA PER L'ASSOCIAZIONE ACQUI:
è morto la Medaglia
d’Argento Cav. Luigi Zendri
Si
è
spento a Genova il 19 ottobre scorso il caro Luigi Zendri. La nostra
Associazione
perde così un altro importante testimone dei fatti che si
susseguirono a Cefalonia
nel terribile settembre 1943. Luigi apparteneva al 317°
reggimento fanteria ed
era un autiere ed era stato insignito della Medaglia
d’Argento al Valor
Militare per il comportamento tenuto sul campo di battaglia quando,
dopo la nostra
sconfitta nel feroce scontro al ponte Kimoniko dovuta soprattutto alla
spietata
azione aerea nemica, egli rimaneva sul luogo per aiutare i compagni
feriti portandoli
poi in salvo con la sua auto carretta. Catturato dai Tedeschi,
riuscì comunque
a scampare al massacro, […] “ per due giorni,
scortato da due ufficiali e da un
manipolo di soldati, fui costretto a guidare il mio camion che era
diventato l’auto
carretta della morte. Chiunque trovavamo in divisa italiana veniva
fucilato sul
posto. “ […]. Zendri rimase poi prigioniero
sull’isola di Cefalonia e collaborò
con il Capitano Apollonio nel “Raggruppamento Banditi
Acqui” e tramite il suo
lavoro in officina riuscì a sabotare diversi mezzi tedeschi.
Luigi Zendri ha dedicato
tutta la sua vita impegnandosi a mantenere vivo il ricordo del
sacrificio di
tutti i soldati caduti nell’isola greca, collaborò
con la missione militare che
riuscì, nel 1953, a portare a casa i resti di moltissimi
ragazzi fucilati a Troianata
e in altri luoghi e nascosti in molte fosse comuni. Ha partecipato con
passione
alle attività dell’Associazione Nazionale Reduci,
Superstiti e Famiglie dei
Caduti della Divisione Acqui, divenendo presidente della sezione
provinciale di
Genova, diventando poi il presidente Nazionale e dopo 30 mesi alla
dirigenza fu
comunque eletto Presidente Onorario. Un altro baluardo della nostra
organizzazione
ci lascia anche se il suo ricordo rimarrà nei nostri cuori e
per questo continuerà
a vivere attraverso le emozioni che ci ha tramandato.
L’Associazione Nazionale
Divisione Acqui si stringe attorno alla sua famiglia in segno di
sentito e rispettoso
cordoglio anche e soprattutto a nome di tutti i suoi iscritti e di quei
pochi
suoi commilitoni che ancora viventi, possono regalargli una lacrima di
tenera commozione. (op)
|
GIUSEPPE
ANSALDI
All'età
di 90 anni è mancato il novese Giuseppe
Ansaldi.
Ansaldi era scampato all'eccidio della Divisione Acqui a
Cefalonia, in
Grecia, dove, dopo l'8 settembre 1943, i tedeschi uccisero
migliaia di
soldati italiani che decisero di non combattere dalla loro parte, dopo
la firma
dell'armistizio.
Ansaldi finì in mani tedesche e fu deportato in
Germania, per
poi finire nelle mani dei russi in Turkmenistan e poi in India
prigioniero
degli inglesi. A Cefalonia si
salvò perché fu destinato dai tedeschi a
raccogliere le armi dopo i combattimenti.
Ansaldi riuscirò ad
evitare la morte anche nell'affondamento delle tre navi su cui
i
prigionieri vennero ammassati dai nazisti, e che andarono
a fondo a causa delle mine.
Ansaldi, dopo queste esperienze, è vissuto nella speranza
che venisse fatta
giustizia sulla strage di Cefalonia, ma dopo la morte del comandante
nazista Otmar Muhlhauser, unico
imputato al processo per
l'eccidio, anche questa speranza svanì. (da Alessandrianews)
Un'altra stelletta è volata
in cielo , mio papà reduce
della divisone acqui è deceduto il 14 d'agosto .Io voglio
raccogliere il suo testimo e continuare la sua
lotta .Per qualsiasi comunicazione vi prego di contattarmi non
dimenticatemi io non lo farò mai.
Ansaldi Pierangelo
|
REMO PACIFICO
GIANNESCHI
La
Sezione di Firenze e la Sezione di Pisa
della Associazione Nazionale Divisione Acqui comunicano la triste
notizia della
scomparsa del Reduce della Divisione Acqui , Artigliere Remo Pacifico
Gianneschi classe 1919. Remo apparteneva al 33° Reggimento di
Artiglieria
Sezione Munizionamento e Viveri ed era conduttore di autocarrette.
Pochi mesi
fa dopo lunga malattia era morta la moglie, oggi Remo l'ha
raggiunta in cielo. I
funerali martedi alle ore 10 dalla chiesa di Lunata (LU).
Parteciperà una
nostra delegazione con il Labaro. Recentemente aveva rilasciato una
video
intervista pubblicata su Focus Storia sui fatti di Cefalonia. Grazie
Remo
grazie per quello che hai fatto...riposa serenamente.
|
Salvatore
Di Rado
E’
morto Salvatore di Rado. Filetto, il suo paese in provincia di Chieti
gli dà addolorato l’estremo saluto. Salvatore,
classe
1916 è morto all’età di 96
anni dopo una vita
spesa nel ricordo della sua “Divisione Acqui” nella
quale
apparteneva al 17° reggimento fanteria. Lo ricordiamo in tutta
la
sua dolcezza e disponibilità nel libro in cui è
protagonista: “La collina dei fuochi Fatui” scritto
in modo
veramente appassionato dal giovane giornalista Emiliano
D’Alessandro. Ultima manifestazione a cui aveva partecipato
era
“Per non Dimenticare” organizzata dal Circolo
Filatelico e
dall’associazione Culturale Terra e mare entrambi sodalizi di
Roseto degli Abruzzi. A quella manifestazione era presente anche il
sindaco di Filetto, Sandro di Tullio e i suoi familiari, sua nuora
Jolanda, dal palco del Kursal di Giulianova ha raccontato la vicenda
vissuta a Cefalonia da Salvatore.
|
Vittorio Frigeri
Abbiamo
appreso solo negli ultimi tempi della dolorosa dipartita del reduce di
Cefalonia Vittorio Frigeri. Classe 1919 Vittorio apparteneva al
33°
reggimento Artiglieria batteria da 20mm e si è spento in
quel di
Magreta (Mo) nella sua casa all’età di anni 92 il
13
luglio 2011.
|
PISA
Si comunica che il 17 Maggio
è mancata la moglie del nostro
Reduce "Remo Pacifico Gianneschi da tempo gravemente ammalata. La
moglie di Remo aveva voluto essere al fianco del marito , anche se in
barella , durante consegna della Medaglia della FIVL effettuata il 27
dicembre scorso presso il Comune di Capannori . (Valerio Mariotti)
|
Apprendiamo purtroppo anche della
scomparsa del reduce Giovanni Olinto
Perosa. Lo abbiamo sa-puto purtroppo con molto tempo di ritardo, ed ora
volgiamo un estremo saluto ad una persona che tanto ha fatto per
l’Associazione Nazionale Divisione Acqui. Il modo migliore
per
ricordarlo è la diffusione della poesia da lui scritta e
che
ricorda al di là di ogni ricostruzione, nel modo migliore la
tragedia di Cefalonia.
Il
dì plui trist
Nus puartin
Vierz Argostoli
Incolonaz
Sote le curte cane
Del “mascin”
Un puar drapel
Batut e dezimat
Vin piardut
Guere e speranze
|
E i nestris muarz
Son lì
par tiere
Di cà di là de’ strade
Cui voi sbaraz
E il mar….lajù
Cui tant ò vin sperat
Nus vuarde
Indiferent e mut!
|
*Il giorno
più triste.
Noi partimmo
verso Argostoli, incolonnati, sotto le corte
canne
delle “Machine pistole”. Un povero drappello,
battuto e
decimato. Abbiam perduto guerra e speranze, e i nostri morti son
lì per terra di qua e di là dalle strade con gli
occhi
sbarrati. E il mare laggiù……in cui
tanto abbiam
sperato ci guarda indifferente e muto!
|
Luigi Miorelli Natale
Giovannini
Da Trentino del 4
marzo. Riva:
nella sua casa di via Rovigo a due passi dall’orto e dai
fiori
cha aveva coltivato con immensa passione, mentre gli ultimi raggi di
sole inargentavano gli olivi del suo amato Brione, se
m’è
andato Luigi Miorelli, uno dei più longevi di quella
straordinaria generazione di insegnanti elementari entrati nelle aule
del Basso Sarca all’indomani dell’ultima
guerra. Il
prossimo 19 marzo il maestro Gino come tutti lo chiamavano a
Sant’Alessandro e nella natia Grotta –
avrebbe
compiuto 92 anni. Una vita lunga: mite e avventurosa nello stesso
tempo. Era infatti uno dei sopravissuti dell’eroica
“Divisione Acqui”, il corpo di spedizione italiano
che
nell’estate del 1943, sparpagliato nelle isole di Cefalonia e
Corfù, decise di non arrendersi ai tedeschi dopo
l’armistizio, pagando di conseguenza la feroce rappresaglia
nazista. Nelle due isole greche i morti italiani furono migliaia. Tra
questi anche il tenente Livio Miorelli, fratello di Gino,
anch’egli insegnante, ucciso dal fuoco tedesco mentre
soccorreva
il suo capitano. Gino Miorelli riuscì invece a salvare
miracolosa-mente la vita. Fu imprigionato per due anni e
ritornò
nelle casa dei genitori contadini alla Grotta , in una notte del 1945.
Con altri compagni aveva risalito a piedi o con mezzi di fortuna, tutta
la Ju-goslavia. Quando rivide la sua famiglia pesava a stento 40 kg. La
sorella ricorda ancora i pantaloni corti e sbrindellati che portava. E
le parole commosse, dolorosissime, con cui confermava che il fra-tello
Livio era proprio morto in terra greca. Finita la guerra il maestro
Miorelli era stato per lunghis-simi anni segretario della sezione
trentina dell’Associazione Nazionale Divisione Acqui. Aveva
raccolto una montagna di documenti e testimonianze. Era stato
protagonista di tutte le grandi com-memorazioni. L’ultima,
dieci
anni fa , nel sacrario di Cefalonia con Azeglio Ciampi, quando, sul
ter-ritorio, aveva avuto modo di illustrare al Presidente della
Repubblica le postazioni dei cannoni, le fosse dei soldati fucilati,
gli approdi delle navi tedesche prese a mitragliate.
Le
testimonianze della Acqui e il desiderio di immortalare il
sacrificio dei compagni d’arme hanno accompagnato
l’esistenza del maestro Miorelli. Sul fronte
dell’insegnamento e della quotidianità resta
invece4 il
ricordo dolcissimo di un maestro buono e generoso, di un uomo che amava
la natura, orgoglioso delle sue origini contadine come dei libri e
delle letture. Perché non c’è cultura
vera se non
ci sono le radici , la famiglia, la coscienza di portare avanti e
migliorare il bagaglio ricevuto dai (nella foto Natale Giovannini)
genitori.(SM)
In
questa sezione dobbiamo purtroppo annotare la scomparsa di un altro
superstite: si tratta di Natale Giovannini. Nato il 17 dicembre 1920
all’età di anni 91 si è spento il 20
febbraio u.s..
Giovannini faceva parte del 17° reggimento Fanteria di stanza a
Cefalonia. Il suo reggimento fu il reparto maggiormente coinvolto
nell’episodio successo nelle isole di Cefalonia e
Corfù in
quel terribile set-tembre 1943, e pagò il prezzo del
maggiore
numero di morti rispetto agli altri reparti che comunque versarono il
loro tributo di sangue.
Il caro Natale fortunatamente riuscì a salvarsi dal
terribile eccidio ed a far ritorno a casa.(OP)
|
Riccardo
Mengoli
BOLOGNA,
FE, MO: un
altro reduce ci ha lasciato. Riccardo
Mengoli, classe 1921, a Cefalonia, faceva parte della 26ª
compagnia del 110° battaglione mitraglieri d Corpo
d’Armata. Dopo una breve
battaglia venne catturato dai Tedeschi nei pressi di Capo San Teodoro;
portato
ad Argostoli nel cortile di una casa assieme ai suoi compagni, vide che
i pochi
Tedeschi che li avevano catturati si accingevano a fucilarli con la
mitragliatrice. Riuscì, durante la sparatoria, con un balzo,
a scavalcare un
muretto alle sue spalle e successivamente
a salire sul tetto di una piccola
casa, al momento disabitata per lo sfollamento dei suoi abitanti.
Col buio
uscì
dalla casa e tornò nel cortile della fucilazione trovandovi
un paio di compagni
ancora vivi. Li porta nella casa e colà restano nascosti per
altri tre giorni. Dopo il 22 settembre, cessate
le ostilità, lasciò l’edificio
riuscendo a rifugiarsi in un orto nei pressi della Casetta
Rossa dove Mengoli ricordava di aver visto dei pomodori in un
rifugio scavato nella terra e coperto da fascine. Durante la
permanenza in quel rifugio assistette
alla fucilazione degli ufficiali avvenuta la mattina del 24 settembre
1943.
|
Remo Bortoli
BOLOGNA,
FE, MO: Anche Remo
Bortoli ha abbandonato, in questi giorni di
fine febbraio, la sua vita terrena. Remo faceva parte del 33°
reggimento
Artiglieria ed era nella Batteria comandata dal Tenente Apolonnio, che
lui
ricordava sempre con grande stima e grande affetto. La Divisione Acqui
gli è
sempre rimasta nel cuore accompagnando la sua lunga vita e facendogli
sempre
ricordare con orgoglio e con tristezza i compagni, salvatisi o uccisi
dal fuoco
tedesco, nell’isola di Cefalonia.
|
Bruno Ramponi
BOLOGNA:
a 95 anni ci ha lasciati il buon Bruno Ramponi. Reduce del 317°
fanteria 1° battaglione IV Compagnia ha sempre partecipato a
qualsiasi manifestazione, in ricordo dei compagni caduti della
Divisione Acqui, cui fosse invitato. Lo vediamo nella foto a sinistra
mentre regge il nastro commemorativo di una mostra sulla sua amata
Divisione. L’appartenenza al 1° battaglione lo
vide protagonista nella battaglia per la riconquista del Ponte
Kimoniko. Il battaglione purtroppo fu sconfitto e disperso e lui fu
catturato e condotto alla caserma Mussolini. La sua prigionia non
finì in quel luogo ma continuò attraverso
l’Europa
avendo epilogo in un campo di lavoro in Bulgaria. La sua famiglia lo
riebbe a casa solo dopo la fine della guerra. (OP)
|
PADOVA:
all’età di anni 94 si è spento in quel
di Valdagno
in provincia di Vicenza Bruno Rasia. Al centro nella foto che lo
ritrae, sul fronte greco albanese con i commilitoni, Bruno era Tenente
del 33ª compagnia Genio TRT. Dopo aver fatto il fronte
albanese
passò per l’isola di Corfù e quindi fu
trasferito a
Cefalonia dove fu sorpreso dalle vicende successive all’ 8
settembre 1943. Fortuna volle che quando cominciarono gli eccidi egli
si trovava lontano dai campi di battaglia in quanto impegnato a
ripristinare delle linee telefoniche. Aiutato dalla popolazione di
Cefalonia, riparò sulla costa occidentale greca nella
regione
Etolia – Acarnania nel paese di Katoki dove fu accolto in
casa
della famiglia Bacopanos che lo ospitò e protesse dai
Tedeschi
fino al suo rientro in Italia.
|
PARMA:
Questo simpatico signore che porta con orgoglio, attaccato al bavero
della giacca, la coccarda con i colori della Divisione
“Acqui” si chiamava Giovannino Alba e apparteneva
al
17° reggimento Fanteria. Purtroppo quella coccarda che sempre
ha
indossato nelle molteplici commemorazioni dell’Eccidio di
Cefalonia, non lo ha salvato da quello che si definisce
l’ultimo
passo della sua vita. E così un altro reduce ci ha
lasciato
nel mese di novembre 2011 contribuendo ad assottigliare ulteriormente
la già scarna lista dei nostri eroi che riuscirono a tornare
a
casa dall’inferno di Cefalonia.
|
PARMA:
nato il 1° ottobre 1920 a Fidenza. Si è spento
all’età di 92 anni un altro reduce della Divisione
“Acqui”. Giuseppe Fagnoni: questo il nome di quel
ragazzo
che lavorava nei campi quando fu arruolato e mandato a far parte della
44ª sezione di Sanità. A differenza di molti suoi
compagni
che furono fucilati a Cefalonia nel villaggio di Valsamata, lui
riuscì a fuggire per poi essere di nuovo catturato
dai
Tedeschi e mandato in prigionia nella Prussia Orientale, per essere
fatto prigioniero anche dai Russi che lo rinchiusero in una cella in
Ucraina. Giovanni era orgoglioso di aver fatto parte della Divisione
“Acqui”e raccontava spesso quei momenti e le
sofferenze
pagate per amor di patria.
|
PARMA:
“Era fiero di avere indossato una gloriosa uniforme, quella
della
Divisione Acqui, una delle grandi unità di punta del Regio
Esercito durante la seconda guerra mondiale, annientata dai tedeschi
nell’isola di Cefalonia”.
Così
la Gazzetta di Parma del 27 agosto 2011 ricorda la
scomparsa del reduce Achille Spotti alla veneranda età di 91
anni. Per aver partecipato alle vicende della Divisione Acqui,
l’Associazione Nazionale Reduci e Combattenti e Reduci gli
conferì una medaglia d’argento accompagnata da un
attestato per aver resistito, con i commilitoni alla prepotenza tedesca.
|
AREZZO:
nato ad Arezzo il 24 agosto 1924 e morto in Arezzo il 4 gennaio
2012. Partito per Merano il 16 agosto 1943, doveva essere
inviato
a Corfù, per far parte del 18° Reggimento Divisione
Acqui-3° compagnia, Mortai 81. Fu fatto prigioniero il 13
settembre
'43, e mandato in campo di concen-tramento nella stessa giornata. Il
suo viaggio di ritorno verso casa cominciò il 1°
ottobre '45
e riabbracciò la mamma il 19 dello stesso mese. Della sua
esperienza nei campi di concentramento ha dato testimonianza nel libro
"Semi di lino cotti". regalato o dato su richiesta con una piccola
offerta: il ricavato fu interamente donato all'Associazione
Italiana ricerca contro il cancro, nella speranza che la ricerca e la
sua testimonianza crescano e germoglino insieme. Ha sempre parlato con
commozione dei giorni trascorsi in prigionia ed ha cercato di
trasmettere i valori in cui credeva e ciò che la guerra gli
aveva insegnato, a dure spese.
|
MILANO:
è morto il reduce di Cefalonia GIULIO CRESPI.
Apparteneva
al
317° Reggimento Fanteria "Acqui" . E' volato nel paradiso degli
Eroi il
nostro caro Giulio, uno delle cinque colonne della nostra sezione
provinciale di Milano: CIAO GIULIO!!! Nella fotografia qui a
sinistra
vediamo Giulio che, a Verona, riceve la medaglia d'Argento dal
rappresentante della provincia veronrese.
Ci pare
giusto pubblicare
le lettera di Luciana, figlia di Giulio, scritta alla sezione milanese
della nostra Associazione e al presidente Costantino Ruscigno. [...]
Grazie a Voi, per tutto l'impegno volto a ottenere finalmente
il
riconoscimento della verità di queste pagine di storia della
nostra Italia; grazie al Presidente Nazionale prof.ssa Graziella
Bettini. per tutto il grande lavoro svolto fin qui e che auguriamo
possa procedere ancora proficuo e fecondo per il futuro. Grazie per
aver sottolineato durante l'accorato saluto al mio papà, il
rispetto ed il riconoscimento di quei valori così importanti
allora e che ora lo sono più che mai per i giovani che
costituiranno il nostro futuro, valori di cui mio padre fu
assolutamente portavoce e testimone.
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Gaetano
Vaccari
Con
questa mail volevo informarVi che in data 12
dicembre
2011 è deceduto un Reduce della Acqui. Si tratta del soldato
VACCARO
GAETANO, nato a Francavilla di Sicilia il 21 marzo 1921, matricola
17834, che
nel settembre del 1943 era in forza al 33° battaglione mortai
da 81, allora di
stanza a Corfù, successivamente catturato dai tedeschi. (Antonino
Vaccaro)
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Addio
Romano Frosi reduce di Cefalonia e musicista
All'età
di 96 anni a
Robecco è venuto a mancare il reduce di Cefalonia Romano
Frosi.
Appartenente al 17° reggimento fanteria della Divisione Acqui,
ricopriva il grado di sergente ed era capo furiere.
Riuscì a sottrarsi al massacro della Acqui e
riuscì
perfino a sottrarsi all'internamento nei campi di concentramento
tedeschi e fu talmente colpito da quella immane tragedia che in tutta
la sua vita rifiutò tutto quanto appartenesse alla cultura
tedesca. Nato il 5 luglio del 1915 ci ha lasciato il 4 settembre u.s.
Esprimendo il proprio cordoglio l'Associazione si stringe idealmente
attorno ai suoi familiari.
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Artigliere Luigi Baldessarri
Il
giorno 26 agosto nel pomeriggio è deceduto il reduce Luigi
Baldessari (classe 1916). I funerali si sono tenuti domenica 28 agosto
alle ore 18.00 nella Chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Roncegno Terme
(Tn). La salma verrà tumulata nella tomba di famiglia presso
ilcimitero parrocchiale di Roncegno Terme. Questa triste notizia ci
è stata trasmessa dalle nipoti Romana e Marta, che
ringraziamo e
con le quali ci scusiamo per non aver potuto pubblicarla in tempo per
il funerale.
Vorremmo
ricordare a quanti non lo sapessero che l'artigliere Luigi
Baldessarri, fuggiasco dall'isola di Santa Maura, sbarcò
a Cefalonia portando la notizia che i tedeschi non rimpatriavano
nessuno, come avevano promesso durantte le trattative, ma fucilavano
gli ufficiali e inviavano nei campi di concentramento. L'Associazione
si unisce al cordoglio dei familiari per la perdita di uin uomo che ha
dedicato la sua vita anche e fortemente al ricordo della tragedia della
Divisione Acqui.
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Artigliere
Domenico Gagliardi
Il
15.07.2011 in Longobucco (CS) è morto
Gagliardi Domenico classe 1917. combattente della
II° guerra Mondiale. aveva fatto parte del XVII Battaglione di
Artiglieria leggera della Divisione Acqui in
Cefalonia. Ho sempre sperato, perchè so
che ci teneva, in un plauso , un cenno delle istituzioni al
suo dovere. (il figlio Enzo Gagliardi)
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Fante
Schio Remo
Ci
ha purtroppo lasciati il fante del 317° Reggimento Fanteria
Schio
Remo, ce lo comunica la figlia Mara. Remo era l'ultimo feltrino
superstite di Cefalonia. salvatosi miracolosamente dal massacro dei
nostri soldati ad opera dei tedeschi fu catturato e condotto alla
caserma Mussolini. Imbarcato fu poi condotto a Patrasso e da
lì
a Corinto. In quest'ultimo posto rimase prigioniero per un anno, ma poi
trovò l'occasione di fuggire durante un trasferimento che lo
avrebbe portato nei campi di concentramento est europei. Recuperato
dagli Inglesi finisce il suo percorso nei campi di concenttramento
inglesi in Egitto e Palestina. L'Associazione Nazionale Divisione Acqui
esprimendo le più sentite condoglianze ai famigliari
sì
unisce al loro cordoglio. Nella foto lo vediamo quando ancora
era
negli avieri per il serviuzio di leva prima di essere richiamato per
essere assegnato alla Divisione Acqui. (OP)
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Soldato
Aldo Zenorini
Il 19 giugno
u.s. a
Pescantina ha intrapreso il suo ultimo viaggio a 88 anni il reduce di
Cefalonia, Aldo Zenorini.
Essendo
capoposto in montagna ebbe la fortuna di evitare di subire la
sorte dei tanti commilitoni uccisi dai Tedeschi. Si
prodigò, in prigionia, per aiutare i tanti feriti e
fortunatamente si salvò quando la nave che lo avrebbe
portato in
Polonia, saltò in Aria e si inabisso. Fu a Fianco di Don
Luigi
Ghilardini nella pietosa missione di riesumazione delle salme
dei
nostri soldati in territorio greco. al suo funerale era presente con il
labaro della sezione Veronese il presidente Claudio Toninel
nonchè vice presidente Nazionale. L'Associazione Nazionale
Divisione Acqui si unisce al dolore della sua famiglia per la perdita
di un importante testimone di quella vicenda. (OP)
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